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Giovedì 21 MAGGIO 2020
Internisti e diabetologi: “Un paziente Covid su 4 è diabetico”. Le raccomandazioni per cure appropriate in ospedale

Le indicazione messe a punto da Fadoi e da un Gruppo di studio dell'Easd: “Le persone con diabete manifestano inoltre una prognosi peggiore se colpite da Coronavirus, soprattutto se sono presenti un’alterazione del controllo glicemico e concomitanti disturbi cardiovascolari. Questi pazienti devono essere trattati con attenzione e in modo diverso da quelli senza fattori di rischio cardio-metabolico".

Almeno il 25% dei pazienti con COVID-19   ricoverati nei reparti di Medicina Interna è affetto da diabete, e gran parte di loro presenta concomitanti patologie cardiovascolari.  A rilevarlo è un’indagine condotta a livello nazionale dalla FADOI, la Federazione dei medici internisti ospedalieri.
 
Le persone con diabete manifestano inoltre una prognosi peggiore se colpite da COVID-19, soprattutto se sono presenti un’alterazione del controllo glicemico e concomitanti disturbi cardiovascolari. Questi pazienti devono essere trattati con attenzione e in modo diverso da quelli senza fattori di rischio cardio-metabolico.
 
È quanto emerge dal lavoro del Gruppo di Studio sul Diabete e le Malattie Cardiovascolari (D & CVD) dell'European Association for the Study of Diabetes (EASD), coordinato dal Prof. Antonio Ceriello, dell’IRCCS MultiMedica di Milano e componente del panel di esperti sul diabete della Società Scientifica di Medicina Interna FADOI.
 
“Il diabete – afferma Dario Manfellotto, Presidente Fadoi - è accompagnato da un'alta incidenza di malattie cardiovascolari e la missione del Gruppo di Studio, condivisa dal panel di esperti FADOI, è promuovere, a livello europeo, il progresso delle conoscenze su tutti gli aspetti delle complicanze cardiovascolari nel diabete attraverso una cooperazione attiva tra diabetologi e altri specialisti, in particolare gli internisti”.
 
Le raccomandazioni. Gli esperti hanno esaminato i recenti dati relativi al trattamento di COVID-19 nelle persone con diabete, con o senza malattie cardiovascolari preesistenti, sia durante il ricovero in area medica sia durante l’eventuale degenza in Terapia Intensiva, e hanno elaborato alcune raccomandazioni cliniche che sono state pubblicate nella prestigiosa rivista scientifica Diabetes Care.
 
Queste raccomandazioni si concretizzano in una Flow-Chart (vedi figura), uno schema pratico per la gestione dei diabetici ricoverati in ospedale per COVID-19.
 
“Questa Flow-Chart – afferma Andrea Fontanella presidente di Fondazione FADOI, indica in estrema sintesi come, al momento del ricovero ospedaliero per COVID-19 del paziente diabetico, vada innanzitutto stratificato il rischio cardiovascolare. Quindi cosa è indispensabile verificare nei pazienti diabetici ad alto rischio e in questi ultimi determinare gli indicatori del rischio”.
 
Oltre il 97% dei pazienti ricoverati in Medicina Interna - rivela sempre l’indagine Fadoi - erano in trattamento con insulina. Ma sono stati utilizzati anche i farmaci più moderni, in grado di prevenire le più gravi complicanze renali e cardiovascolari del diabete. In particolare DPP-4 e GLP-1 sono utilizzati rispettivamente nel 20% e nel 14,3% dei pazienti.
 
Nell'approccio al paziente è indispensabile conoscere e valutare la terapia seguita prima del ricovero in ospedale. Non è necessario modificarla, ma le controindicazioni di ciascun farmaco devono essere attentamente prese in considerazione durante l'evoluzione della malattia.
Peraltro i diabetici sono più a rischio di trombosi e poiché è ormai noto che in COVID-19 esiste un alto rischio di eventi trombotici, va presa in considerazione una terapia anticoagulante appropriata.
 
Anche il rischio di infezioni del diabetico è molto elevato. Pertanto, alcune delle raccomandazioni di EASD e del panel di esperti FADOI riguardano le azioni da intraprendere per prevenire l’infezione da SARS-CoV-2 e quelle sovrapposte.
 
“Le indicazioni fornite attraverso queste raccomandazioni “, concludono Ceriello e Manfellotto, “sono certamente un utile riferimento per i clinici, impattando su una porzione rilevante dei pazienti che gli ospedali del nostro Paese hanno assistito in questi mesi. La loro applicazione su larga scala potrà contribuire a migliorare la prognosi di questa pericolosa associazione fra COVID e diabete“.  

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