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Lunedì 13 LUGLIO 2020
Il rischio Covid per gli educatori professionali



Gentile Direttore,
seppur in assenza di un censimento ufficiale, gli educatori professionali in Italia sono circa 93.000, distribuiti tra Servizi pubblici come AUSL, Comuni, ASP/ASC, Istituti penitenziari, ecc. e Servizi accreditati o convenzionati del Terzo settore come Cooperative, Fondazioni, Enti religiosi, ecc (fonte http://www.educatoreprofessionale.it). Rappresentano lo 0,43% del totale degli occupati nel Paese (che sono 21 mln circa).
 
E’ utile analizzare, attraverso una recente pubblicazione a cura della Fondazione Consulenti del lavoro, possibili scenari del medio periodo su esposizione e fattori di rischio da contagio Covid-19 che sono insiti alla nostra attività di lavoro (Indagine campionaria sulle professioni realizzata da INAPP e ISTAT su incarico del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso 16 mila interviste svolte sul territorio nazionale).
 
La presentazione del Rapporto, riporta che“Sono soprattutto donne, professionisti a elevata istruzione e giovani a essere maggiormente esposti a rischio contagio da malattie infettive respiratorie come il Coronavirus che, nonostante il rallentamento della presa epidemica nel nostro Paese, continua a rappresentare una minaccia. Sono i luoghi di lavoro, del resto, gli ambiti più rischiosi: non solo perché frequentati da una quota importante di popolazione ma, soprattutto, per il tempo che vi si trascorre. L’esposizione al contagio risulta poi differente in funzione dell’attività professionale svolta. È quanto emerge dal report della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro (Luglio ’20 ndr) “Lavorare ai tempi del Covid-19: il rischio contagio tra gli occupati italiani”, elaborato sulla base di 5 fattori di rischio a cui sono esposti i lavoratori (frequenza dei contatti con altre persone; interazione con pubblico; lavoro al chiuso; vicinanza fisica ad altre persone; frequenza esposizione a malattie e infezioni)”.
 
Analizzando alcuni dati del Rapporto, emerge come gli operatori tecnici della salute (in cui rientrano da classificazione ISTAT, gli EP-socio sanitario) con Indice di Rischio (IdR) 88, subito dopo quello dei Medici con IdR 90 e le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali (EP-socio sanitario e socio pedagogico) facciano parte di quel “gruppo professionale sottoposto al maggior rischio di contrarre il virus” con le dovute differenze tra professioni. Seguono gli operatori della scuola primaria (I.d.R. 73-76) e i tecnici dei servizi sociali con indice di rischio minore (<70).
 
In effetti, a riflettere sulla quotidianità del nostro lavoro, l’incontro con le persone (minori o adulti in difficoltà, anziani non autosufficienti, persone con disabilità, con disagio psichico o con dipendenze patologiche – categorie target spesso sovrapposte tra loro) nei Servizi socio sanitari rivolti alla popolazione, è l’elemento “core” della professione e nel contempo è divenuto fonte primaria di esposizione al contagio.
 
Il secondo elemento da rilevare del Rapporto è la maggiore esposizione del genere femminile nella fascia del rischio molto alto e alto di contagio, rispetto a quello maschile. Sempre in assenza di un censimento ufficiale di EP, assumendo come statistica che il 77% circa del personale del terzo Settore (oltre il 90% del totale degli occupati EP) sia di genere femminile (Fonte: Professioni e servizi sociali nel welfare in mutamento. La prospettiva del terzo settore, INAPP 2019), il nostro gruppo professionale deve considerare questo dato come fattore di allerta da tenere in alta considerazione.
 
Sui fattori di rischio, il Rapporto tiene in considerazione i seguenti elementi:
- numero medio di contatti con altre persone richiesti nello svolgimento dell’attività lavorativa;
- l’importanza che in questa riveste, l’interazione con clienti esterni o con il pubblico;
- la frequenza del lavoro al chiuso, in un luogo controllato da un punto di vista ambientale;
- la vicinanza fisica ad altre persone nello svolgimento del lavoro;
- frequenza di esposizione a malattie e infezioni, che deriva dalla natura del lavoro svolto.
Due fattori, più degli altri, pesano sul rischio contagio: la vicinanza fisica ad altre persone e la possibilità quindi di essere esposti a malattie e infezioni.
 
Dario Fortin e Nicola Titta hanno ben spiegato come questi elementi incidano profondamente sulla nostra attività professionale: Fortin con un articolo su “Avvenire” sottolinea che “il distanziamento non è sociale ma solo fisico” ricordando che un errore semantico e scientifico rischia di depauperare il valore dell’inclusione sociale per le persone vulnerabili; Titta, con una sua intervista, ci ricorda che “spiegare e far rispettare il distanziamento è la parte più difficile del nostro lavoro” a contatto con utenza svantaggiata e con difficoltà di comprensione delle prescrizioni di prevenzione.
Parola d’ordine “Vicini alle persone seppur alla giusta distanza”: questa potrebbe essere una sintesi possibile da praticare.
 
Come tenere quindi nella giusta considerazione gli input sollevati dal Rapporto? L’informazione è alla base del “pensiero critico” e del “ragionamento clinico”, ossia l’approccio cognitivo e metodologico che usa il professionista per far fronte alle situazioni complesse che deve affrontare nel proprio lavoro. Quindi: leggere, informarsi, tenersi aggiornati è il primo elemento professionale da mettere in campo.
 
L’adesione, il rispetto, la diffusione, delle prescrizioni impartite da parte degli organi istituzionali in tema di prevenzione del contagio da Coronavirus, deve essere deontologicamente assunta come guida indiscutibile da parte dei professionisti EP.
 
La formazione continua è il terzo fattore imprescindibile: alla ripresa delle attività in autunno, sia da parte degli Enti pubblici che di quelli del Terzo settore, deve essere messo in campo un programma di formazione volto all’assunzione di comportamenti per la prevenzione della diffusione del virus, per salvaguardare gli operatori e gli utenti.
 
Senza enfatizzare o drammatizzare, ma nemmeno sottovalutare, lo scenario di esposizione al contagio da Covid-19, per il gruppo professionale degli Educatori professionali, merita da parte dei professionisti una corretta valutazione per poter regolare i propri comportamenti. Questo è il contributo che la nostra forza lavoro può dare ai Servizi alla persona del nostro Paese.
 
Francesco Crisafulli
Educatore professionale e MD

 

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