quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 16 LUGLIO 2020
Il flop delle Case della Salute. Orari di apertura limitati e domenica quasi sempre chiuse. Servizi differenti tra Regioni e scarsa integrazione socio-sanitaria. Crea-Fp Cgil: “Modello poco innovativo e poco attento ai bisogni reali”

Presentato oggi uno studio su 121 Case della Salute di 10 Regioni (Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria). Il quadro che ne emerge a più di 10 anni dalla loro istituzione è che “non sembra si stia sviluppando un modello di offerta davvero innovativo e alternativo all’ospedale: le logiche prevalenti sembrano rimanere quelle classiche, orientate a logiche di programmazione dell’offerta, e meno attente all’individuazione dei bisogni emergenti sul lato della domanda”. LA RICERCA

Orari di apertura limitati e con la domenica dove sono quasi tutte chiuse. Estrema variabilità tra le diverse regioni per quanto riguarda la tipologia di servizi offerti il personale presente e il tipo di strutture. È questo il quadro che emerge da una ricerca del Crea Sanità per la Fp Cgil sulle ‘Case della Salute’ in Italia.  
 
La ricerca ha permesso di raccogliere informazioni dai responsabili di 121 strutture assimilabili a CdS, appartenenti a 10 diverse Regioni (Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria) collocate in tutte le ripartizioni geografiche.
 
“Quello che sembra stentare a realizzarsi - si legge nella ricerca - è la costituzione di un vero polo di riferimento per la popolazione, davvero alternativo all’ospedale. O, meglio, che possa raccoglierne il testimone diventando il vero riferimento del cittadino nei rapporti con il sistema sanitario. Supporta questa affermazione, in primo luogo l’osservazione della scarsa apertura dei servizi durante i prefestivi (che diventa praticamente nulla la domenica); come anche la quasi assenza di servizi in orari serali”.
 
“In altri termini – rileva lo studio - , il ventaglio di soluzioni offerte è ampio (si veda a tal proposito la lunga lista di servizi ambulatoriali che è stato possibile rilevare) ma continua a seguire le logiche standard dell’offerta dei servizi pubblici, tutta concentrata nei classici orari lavorativi infrasettimanali. In secondo luogo, sono ancora rare le strutture che garantiscono una apertura H24, offrendo anche un punto di ricevimento per l’emergenza/urgenza. In terzo luogo, pur registrandosi una diffusa presenza di ambulatori infermieristici e di medicina generale (e pediatria di libera scelta), in quote rilevanti di strutture gli orari di apertura sono limitati e spesso anche il personale presente; la correlazione della dimensione degli ambulatori con i bacini di utenza è bassa e lascia intravedere una insufficiente programmazione della integrazione multi-professionale. In quarto luogo, anche il principio basilare dell’”integrazione tra sociale e sanitario”, sembra ancora lungi da essere realizzata”.
 
In conclusione, “anche se in alcune realtà regionali assistiamo ad uno sviluppo sul lato dei servizi garantiti sul territorio, dalle informazioni raccolte emerge, per quanto indirettamente, il fatto che non sembra si stia sviluppando un modello di offerta davvero innovativo e alternativo all’ospedale: le logiche prevalenti sembrano rimanere quelle classiche, orientate a logiche di programmazione dell’offerta, e meno attente all’individuazione dei bisogni emergenti sul lato della domanda”.
 
La sintesi della ricerca:
 
Bacino d’utenza.
Per quanto riguarda il bacino di utenza a cui si riferiscono le CdS, fatta eccezione per l’area Abruzzo/Molise, nella quale il bacino di utenza è mediamente inferiore alle 10.000 unità, e del Lazio, che presenta al contrario una quota del 64% di strutture con bacino di utenza che supera le 50.000 unità (evidentemente collocate nella città di Roma), in tutti gli altri contesti le strutture si distribuiscono in maniera abbastanza equilibrata su bacini di utenza compresi tra le 10.000 e le 50.000 unità
 
Orari.
L’indagine ha permesso di apprezzare come risulti una prevalenza di strutture che hanno adottato la formula dell’orario continuato, con un numero di ore di apertura giornaliere più frequentemente comprese tra le 6 e le 14 ore. Solo nelle Marche prevale la formula dell’H24, che invece rimane residuale nelle altre Regioni considerate. Si segnala anche che in Puglia le strutture (denominate PTA) sono per lo più aperte con la formula dell’orario spezzato.
 
La maggior parte delle strutture (il 41%) è aperta 6 giorni a settimana. Circa il 36% è aperta 5 giorni a settimana: solo il 22% delle strutture rimane aperta 7/7 giorni. Questa formula è percentualmente più adottata in Veneto e nell’area Basilicata/Calabria.
 
Sabato e domenica aperture col contagocce
Il 62,8% delle strutture è aperto di sabato: l’apertura prefestiva è più presente nelle Marche (al 100%), nel Lazio (71,4%) e in Basilicata/Calabria (75%) Sono aperte anche la domenica il 40% delle CdS in Veneto, l’83,3% nelle Marche, il 75% in Basilicata/Calabria; sono invece una minoranza in Emilia Romagna, Toscana e Lazio
 
Personale.
Nella maggioranza dei casi (86%), all’interno della struttura sono presenti gli studi dei MMG; rimangono sotto o al livello del 50% le strutture del Veneto (40%) e della Basilicata/Calabria
Tipicamente risultano esserci tra 5 e 10 MMG per struttura: solo nelle Marche è più frequente siano meno di 5: nel Lazio sono quasi lo stesso numero quelle con 10 MMG e oltre
 
Per quanto riguarda gli ambulatori infermieristici questi sono presenti nel 95% dei casi, con una incidenza leggermente inferiore in Veneto (80%) ed Abruzzo/Molise L’apertura degli ambulatori infermieristici è molto variabile regionalmente; nel complesso sono aperti per oltre 50 ore settimanali nel 16,5% dei casi; per 25-48 ore settimanali nel 32,1% dei casi; per 13-24 ore settimanali nel 29,4% dei casi; e fino a 12 ore settimanali nel 22,0%. Il 40% delle strutture ha un organico di infermieri superiore alle 15 unità, ma un terzo si ferma a 3-4
 
I servizi specialistici. Per quanto riguarda i servizi specialistici, dalla rilevazione risulta che la figura del cardiologo è presente nel 77% dei casi, il dermatologo è presente nel 66,1% dei casi; il diabetologo/endocrinologo nel 50,4% (20% in Veneto); l’oculista nel 69,4% (40% in Veneto); l’ostetrico nel 38,8%; lo pneumologo nel 43,8%; in generale si osserva un gradiente crescente (maggior presenza di servizi specialistici) scendendo verso meridione
 
Nella stragrande maggioranza dei casi l’accessibilità ai servizi specialistici non è assicurata di sabato: parziale eccezione è rappresentata dalla cardiologia, accessibile di sabato nel 15% delle strutture, con un massimo del 50% dei casi in Basilicata/Calabria (Tabella 4.16). Nessun servizio specialistico è assicurato di domenica. Del tutto marginale è anche la apertura serale, prevista nel 2,5% dei casi, ed il dato si riferisce alle sole Emilia-Romagna e Puglia.
 
Diagnostica
Per quanto riguarda la diagnostica, si registra la disponibilità dell’ecocardiografia nel 35,5% delle strutture; dell’ecografia nel 55,4%; dell’ECG nel 56,2%; della radiologia nel 49,6%; della spirometria nel 34,7%. Le ore di accesso settimanale ai servizi diagnostici sono molto variabili: praticamente la distribuzione delle strutture è sostanzialmente equi-ripartita fra le classi considerate: da meno di una ora giornaliera a oltre 25 settimanali. Di sabato la possibilità di accesso è molto rara, con il massimo del 12,4% per l’ECG, ed il 30% in Puglia
La domenica si evidenzia la possibilità di accesso all’ecocardiografia del 25% in Toscana e del 21,4% in Lazio. Nessuna presenza risulta nelle ore serali.
 
Sono stati rilevati ambulatori prelievi nel 90,9% delle strutture; l’ambulatorio o centro diurno salute mentale nel 38,8%; gli ambulatori screening nel 43,0%; gli ambulatori vaccinazioni nel 59,5%; i servizi per l’assistenza domiciliare nel 52,9%; l’assistenza riabilitativa nel 45,5%; la distribuzione protesi nel 28,1%; il centro dialisi nel 19,8%; il centro diurno disabilità nel 14,0%; il consultorio familiare nel 57,9%; centro assistenza donne nel 30,6%; la chirurgia ambulatoriale nel 45,5%; il punto emergenza/urgenza nel 53,7% (Tabella 4.22). L’attività di questi servizi, come la loro presenza, è molto variabile, sia infra che intra-regioni; generalmente, ove attivi, gli orari di attività si concentrano attorno alle 13-24 ore settimanali, con esclusione dei punti di emergenza/urgenza. L’apertura di sabato, e ancor più di domenica e negli orari serali, sempre con l’esclusione ovviamente dei punti di emergenza/urgenza dove previsti, rimane del tutto residuale.
 
L.F.

© RIPRODUZIONE RISERVATA