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Mercoledì 22 LUGLIO 2020
Corte costituzionale: “Per garantire i Lea legittimo usare tutte le risorse disponibili, di parte corrente e in conto capitale”

Lo sancisce una sentenza appena depositata della Consulta che ha confermato la legittimità dell’articolo 29 del dlgs 118/2011 che regolamenta alcuni aspetti della disciplina contabile degli enti del Ssn. LA SENTENZA

Con un’interessante sentenza appena pubblicata, la n. 157/2020, la Corte Costituzionale si è espressa in relazione al giudizio di legittimità sollevato, in via incidentale, dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Campania nel corso del procedimento relativo ai controlli effettuati alla Asl di Caserta, relativamente all’art. 29, comma 1, lett. c), del d. lgs. 118/2011 e in riferimento agli art.li 3, 81 e 97, commi 1 e 2, della Costituzione, anche in combinato disposto con gli artt. 1, 2 e 32 della Carta.
 
Più esattamente, il magistrato contabile campano fondava il proprio dubbio di costituzionalità sulla disciplina specifica recata dal d.lgs. 118/2011 ritenuta responsabile di alterare gli equilibri di bilancio dinamici tra fonti e impieghi nella continuità degli esercizi e, in particolare, la determinazione del valore finale del patrimonio netto.
 
Ciò in relazione alla rappresentazione in bilancio dei contributi in conto capitale, erogati da enti (Stato, Regioni, ma anche da terzi per donazione), ivi rilevati sulla base del relativo provvedimento di assegnazione e, in quanto tali, facenti parte del patrimonio netto con contestuale appostazione del corrispondente credito verso il soggetto erogatore.
 
Una modalità che comporta, in caso di impiego del contributo per acquisto o realizzazione di un cespite ammortizzabile, lo storno sistematico della «liberalità» - nel senso di somma di denaro non soggetta a restituzione - a proventi attraverso la quota di ammortamento annua relativa, determinandone così la progressiva sterilizzazione. Un principio contabile non condiviso dalla Sezione di controllo rimettente che ha avuto modo di ricondurre in essa una duplice valutazione dei contributi in conto capitale erogati in favore della aziende del Ssn, in aperta violazione degli artt. 3, 81 e 97, primo e secondo comma della Costituzione.
 
Una eccezione, questa, ovviamente non condivisa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri che ha ben articolato sia le metodologie di finanziamento del servizio sanitario nazionale che il sistema sancito dall'opposto art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. 118, che assume carattere derogatorio ai principi e criteri fissati dal codice civile. Nel particolare, dell'art. 2424 C.C., considerato dalla Sezione napoletana come norma interposta degli articoli della Costituzione ritenuti violati (81 e 92, primo comma.
 
Una contesa avanti la Consulta che si è conclusa con la dichiarazione di infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice rimettente ma che ha prodotto, con la sentenza, l'affermazione di importanti principi a sostegno dell'ineludibilità e dell'uniformità  dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
 
Al riguardo, nel sostenere la specialità della disciplina contabile sottoposta al suo esame, ne ha ribadito l'applicabilità alle aziende facenti parte del sistema della salute in quanto - attesa la peculiarità del Ssn, funzionale a perseguire un importante servizio pubblico - non comparabile con la disciplina che regola il bilancio delle attività commerciali, aventi scopo lucrativo e di individuazione del sistema fiscale più confacente all'interesse dell'imprenditore.
 
Un assunto che stressa la finalità prevalente delle aziende sanitarie e ospedaliere tenute ad «assicurare le prestazioni indefettibili e le ulteriori prestazioni (nei limiti della sostenibilità) alle migliori condizioni qualitative e quantitative».
 
Di conseguenza, il Giudice delle leggi - partendo dalla duplicità delle modalità di finanziamento della salute (in conto esercizio e in conto capitale) «non dissimile da quella che avviene negli enti locali relativamente al rapporto tra entrate correnti e spese correnti» - ribadisce: a) l'obbligo delle aziende del Ssn ad assicurare, sempre e comunque, alla popolazione l'esigibilità dei Lea attraverso l'integrale utilizzo delle spese correnti; b) il dovere di allestire una programmazione multilivello nella quale individuare i progetti di investimento funzionali ad una più corretta erogazione dei livelli di assistenza sociosanitaria, consentendo peraltro a partire dal 2016 l'ammortamento intero degli stessi nell'esercizio di acquisizione e/o realizzazione.
 
Tutto questo allo scopo di garantire, a fronte di un regime di favore deciso dal legislatore, l'integrale utilizzazione del fondo sanitario nazionale (domani del fabbisogno standard nazionale) e «ove risulti (ogni) altra disponibilità» alla produzione dei Lea e degli altri servizi socio sanitari occorrenti ad assicurare la tutela uniforme della salute su tutto il territorio nazionale.
 
Attribuendo, al contrario, esclusivamente alla programmazione nazionale e regionale il compito di prevedere finanziamenti a fondo perduto per investimenti durevoli, rintracciandoli ovviamente in disponibilità diverse da quelle previste per coprire le spese correnti - oggi dal fondo sanitario nazionale e successivamente dai rispettivi fabbisogni standard (legge 42/09 e d.lgs. 68/2011) - prime fra tutte rifinanziando l'art. 20 della legge 67/88.
 
Una distinzione, questa, che lascia tuttavia alla Corte costituzionale di definire, per esempio, il previsto intero ammortamento in un esercizio «un disincentivo piuttosto che una preclusione indefettibile, tanto da non essere sanzionato l'utilizzo dei contributi in conto esercizio per l'acquisto di beni durevoli.
 
Ciò se giustificato dalle ricorrenti situazioni imprevedibili e/o di emergenza che richiedono per il completamento degli investimenti il ricorso ai contributi in conto esercizio.
 
In buona sostanza, per conseguire le finalità del sistema della salute, sia da perseguire in sede ordinaria che in occasioni di carattere eccezionale/emergenziale (nell'epidemia Covid 19 ci sta tutto!), possono essere utilizzati «sia beni di consumo corrente, sia beni durevoli», purché il loro impiego risulti equilibrato nel senso che «deve essere caratterizzato dalla leale cooperazione tra Stato e Regioni» con riguardo alla concreta garanzia dei Lea in favore della collettività nazionale.
 
Ettore Jorio
Università della Calabria              

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