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Martedì 08 MAGGIO 2012
European Diabetes Leadership Forum. Anteprima a Milano delle nuove linee guida   

Lo slogan è una frase semplice, ma d’impatto: “Agire oggi, per cambiare il domani”. Le priorità: la ridotta tolleranza al glucosio, l’obesità infantile, la prevenzione, la diagnosi, la cura e l’assistenza. Il documento, frutto del summit di aprile dei Paesi dell'Ocse, sarà pubblicato a giugno.

L’European Diabetes Leadership Forum si è concluso poco più di 10 giorni fa, ma la Copenhagen Roadmap, il documento finale dell’evento che verrà presentato il 4 giugno, sta già prendendo forma. Tanto che le linee principali sono state anticipate già oggi a Milano, nel corso di un incontro organizzato dall’Italian Diabetes Barometer  Observatory. Se si potesse riassumere il messaggio che ne emerge, sarebbe probabilmente con il semplice slogan “Agire oggi, per cambiare il domani”. Il Forum internazionale era stato promosso dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) e dall’Associazione Danese per il Diabete, con il Patronato della Presidenza Danese del Consiglio dell’Unione Europea  e il contributo non condizionato di Novo Nordisk.
 
Le preoccupazioni per il futuro
Secondo l’International Diabetes Federation (IDF) sono 35 milioni le persone con diabete in Europa (oltre 3 milioni in Italia) oggi. È colpito dalla malattia il 5,8% della popolazione continentale. Un problema da non sottovalutare, che qualcuno – compresa l’Oms – già definisce epidemia e che potrebbe raddoppiare se non triplicare il suo impatto nei prossimi quaranta anni.
Ma non è solo la patologia in età adulta a preoccupare: un altro dato su cui fare attenzione per il futuro è quello relativo ai più giovani. Per l’International Association for the Study of Obesity (IASO), 1 bambino su 5 oggi è sovrappeso od obeso, in Europa: vuol dire 15 milioni di bambini. Sempre per IASO, ogni anno si riscontrano 400.000 nuovi bimbi sovrappeso od obesi. “E’ dimostrato come l’obesità infantile possa portare al diabete di tipo 2; per esempio, uno studio pubblicato la settimana scorsa sulla più autorevole rivista medica, il New England Journal of Medicine, riporta che negli USA i nuovi casi di diabete di tipo 2 tra i bambini sono 3.600 ogni anno e sono molto più difficili da curare rispetto all’adulto”, ha spiegato Antonio Nicolucci, Coordinatore Data Analysis Board dell’Italian Barometer Diabetes Observatory.
Ecco perché “prevenzione, diagnosi precoce e miglioramento delle cure e dell’assistenza sono i tre capisaldi sui quali si basa la strategia individuata dai partecipanti - medici, rappresentanti delle associazioni pazienti, politici, Istituzioni europee e dei Paesi membri della UE”, ha infatti spiegato Marco Comaschi, diabetologo, membro della  Commissione ministeriale per il piano nazionale diabete. 
 
“Uno dei dati più preoccupanti, poi, è il numero di persone che si trovano in condizione di ridotta tolleranza al glucosio (IGT, impaired glucose tolerance)”, ha aggiunto Nicolucci. “La ridotta tolleranza al glucosio è una sorta di stato di pre-diabete,  un importante fattore di rischio che presuppone un’evoluzione verso la malattia, ma che fortunatamente è ancora reversibile; è possibile tornare indietro modificando il proprio stile di vita”, ha ripreso Comaschi.
“Sempre secondo l’IDF – ha proseguito Nicolucci – 42 milioni di persone, la popolazione di uno stato come la Polonia, soffrono di IGT e questo numero cresce di circa 350.000 unità l’anno. Inoltre, l’Europa invecchia: nel 2002 i maschi europei avevano un’aspettativa di vita di 80,9 anni e le donne di 84,5, nel 2008 questi valori sono saliti rispettivamente a 82,2 e 85,7 e crescono costantemente. Ciò significa che il diabete peserà sempre di più sui sistemi sanitari.”
Che cosa sia possibile e si dovrebbe fare, gli esperti riuniti a Copenhagen lo hanno detto chiaramente: bisogna puntare e investire, in primo luogo, sulla prevenzione. “Il diabete di tipo 2 è ampiamente prevenibile agendo sui fattori di rischio, che soprattutto per le nuove generazioni sono l’alimentazione sbagliata e la pigrizia, la scarsa attività fisica”, ha detto Comaschi.
 
Cosa dobbiamo fare?
Il problema, sicuramente, va affrontato anche a livello politico. “La promozione di comportamenti responsabili e la creazione di un ambiente che possa favorire lo stile di vita sano sono un obbligo sempre più stringente per un Paese che voglia garantire ai propri cittadini un futuro sano e sostenibile”, ha commentato il senatore Antonio Tomassini, Presidente Commissione Igiene e sanità, Senato della Repubblica. “A Copenhagen si è discusso dell’incremento, nelle aree urbane, delle piste ciclabili e delle infrastrutture che permettano ai cittadini di fare esercizio fisico; si è dibattuto molto circa l’importanza di adottare nelle scuole progetti di educazione alimentare, ma anche di specifici programmi dedicati alle comunità straniere, che in molti Paesi come il nostro stanno non solo crescendo, ma modificando le proprie abitudini di vita nel senso deteriore del termine”.
Ma non solo. Oltre alla prevenzione, la diagnosi precoce è altrettanto fondamentale. “La diagnosi tempestiva e l’intervento rapido con le cure più adeguate evitano l’insorgere di gravi complicazioni collegate al diabete, innanzitutto quelle cardiovascolari. La Copenhagen Roadmap sollecita un chiaro orientamento delle cure primarie verso una medicina di iniziativa, che permetta attraverso lo screening delle categorie a rischio l’identificazione precoce delle persone con diabete”, ha concluso Comaschi.
Infine, la cura e l’assistenza: “Le persone con diabete meglio controllate vivono meglio e consumano meno risorse del sistema sanitario”, ha spiegato ancora Nicolucci.
 
“Lo sviluppo di un sistema che veda la persona con diabete al centro, e che proveda a creare un modello di cura che integri e metta in rete le diverse figure del medico specialista e di famiglia, che identifichi indicatori di processo e di risultato e che misuri e valuti le performance e la qualità dell’assistenza prestata, è stato fortemente sollecitato e rappresenta una forte raccomandazione della Copenhagen Roadmap”, sottolinea la senatrice Emanuela Baio, Presidente comitato nazionale per la difesa dei diritti della persona con diabete. “Devo confessare che sentire descrivere come aspirazione europea un modello che in Italia è già largamente applicato mi ha fatto abbastanza piacere”.

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