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Mercoledì 02 SETTEMBRE 2020
Con le nuove indicazioni sulla RU486, nessuna “banalizzazione” dell’aborto

Le nuove Linee guida del ministro Speranza non fanno altro che riconoscere che la RU486 allarga la tutela della riservatezza della donna, e valorizzano quest'aspetto, ben sapendo che la donna è persona avveduta e responsabile che sceglie sulla scorta di propri piani di vita meritevoli di rispetto

Giovanna Pasqualin Traversa su Agensir ha intervistato l'attrice Beatrice Fazi, che è scesa in campo contro la RU 486. Quand'aveva vent'anni, Fazi decise di abortire ma, ora che è "moglie felice, mamma di quattro figli, attrice di successo", dice un secco no alle nuove Linee guida sulla Ru486 perché quella scelta l'ha segnata nel profondo: sconsiglia l'aborto perché "nessuno ti avverte che se lo fai, uccidi anche una parte di te e quella morte te la porti dentro tutta la vita", e critica le Linee guida che "rischiano di lasciare la donna ancora più sola e di ridurre l'aborto solo ad un affare privato".
 
Le scelte personali singole di ciascuno appartengono alla sfera privata individuale e sono al di là del giudizio altrui, ma visto che Fazi fa leva sul proprio vissuto per dare consigli generali e pubblici, si può rilevare che dal punto di vista logico qualcosa non torna nel suo discorso. L'incongruenza sembra analoga a quella insita nella lamentela della colomba di Kant che, erroneamente, pensa di volare più veloce se non ci fosse l'attrito del vento, senza il quale, invece, non volerebbe affatto. Fuor di metafora, Fazi rimpiange di aver abortito, dimenticando che proprio in quella scelta dolorosa e sofferta può darsi stia la molla che ha portato alla riuscita della sua esistenza. Non è escluso che quella nascita le avrebbe impedito di rispondere alle richieste professionali e familiari, portando a un deragliamento parziale o totale della sua vita.
 
In ambito esistenziale, diversamente da quel che accade con la colomba di Kant, è impossibile stabilire con certezza come sarebbe andata a finire la sua vita: non possiamo saperlo (tantomeno in anticipo) e per questo che riteniamo sia da sospendere il giudizio circa la sfera privata. Qui sta la forza della 194/78, legge che si limita a tutelare la salute riproduttiva lasciando alla donna la scelta sul fa farsi: scelta che può essere più o meno sofferta a seconda dei diversi vissuti, ma che va garantita nel pieno rispetto della privacy di ciascuna.
 
Le nuove Linee guida del ministro Speranza non fanno altro che riconoscere che la RU486 allarga la tutela della riservatezza della donna, e valorizzano quest'aspetto, ben sapendo che la donna è persona avveduta e responsabile che sceglie sulla scorta di propri piani di vita meritevoli di rispetto. La lotta all'aborto si fa non attraverso la limitazione coattiva della libertà della donna, ma implementando politiche sociali adeguate così che lo "allargare le possibilità di scelta" non equivalga necessariamente al "ti lascio sola: arrangiati come puoi!". Anzi, continuare a credere che il ricorso alla sala operatoria sia efficace antidoto per prevenire la cosiddetta banalizzazione dell'aborto, o che l'aumento di riservatezza garantito dalla RU486 equivalga al "lasciarla sola" è frutto di un pregiudizio ideologico poco rispettoso delle scelte della donna stessa.
 
Al di là delle dichiarazioni di principio sull'embrione, anche nel mondo cattolico ormai è ampliamente riconosciuto che nel nostro mondo pluralista la tutela della vita del nascituro non passa più attraverso leggi penali restrittive, ma deve tener conto delle complessità delle vicende esistenziali nelle quali avvengono le scelte singole. E' sulla scorta di questa consapevolezza che bisogna muoversi, per evitare di tornare alle barricate e per trovare invece un terreno comune sulla scorta del quale la previsione del ricorso alla RU486 nell'ambito della 194/78 non equivalga alla "banalizzazione dell'aborto", ma a un'assunzione di consapevolezza circa i diritti riproduttivi.
 
Maurizio Mori
Presidente della Consulta di Bioetica Onlus, professore ordinario di bioetica, Università di Torino, componente del Comitato Nazionale per la Bioetica

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