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Martedì 08 MAGGIO 2012
Lupus. Colpisce 48 mila giovani in Italia. Allarme diagnosi tardive

Questa malattia cronica autoimmune, che aggredisce in particolare la cute, le articolazioni, il sangue ed i reni, colpisce 8 volte su 10 donne nella fascia di età 15-45 anni. Compromettendo in maniera importante la vita personale, lavorativa e di relazione. Come emerge da un’indagine di Onda.

Succede che improvvisamente il tuo corpo non è più quello di prima. Senti che non stai bene, che qualcosa non va: all’inizio è solo stanchezza, dolori strani, ti affatichi con niente, non riesci a dormire. E nessuno ti sa dire il motivo. O quantomeno non il vero motivo. In base al vissuto dei pazienti passano mediamente tre anni prima della diagnosi. Un tempo enorme, perché nel frattempo il lupus eritematoso sistemico (LES) va a minare il fisico e la qualità della tua vita di donna.

Il rapporto tra donne e uomini colpiti dalla malattia è infatti di 9 a 1. Parliamo di donne giovani, peraltro, perché a soffrire, 8 volte su 10, sono donne nella fascia 15-45 anni, condizionando pesantemente le scelte e il futuro. Il Lupus (il 10 maggio si celebra la Giornato Mondiale) obbliga per esempio a ridisegnare la vita professionale e affettiva. A mettere nel cassetto il desiderio di maternità, perché la malattia non sempre è compatibile con una gravidanza. Secondo un’indagine svolta dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna su oltre 300 pazienti, rappresentative dei circa 48.000 presenti in Italia, circa il 20% ha dovuto accettare lavori part-time o abbandonare posizioni di responsabilità, mentre il 19% ha cambiato occupazione e il 35% ha rinunciato al lavoro a causa dell’impossibilità fisica a mantenere a lungo impegni, o per troppi giorni di malattia (57%) o a causa di ferie e permessi (42%) per sottoporsi a continui controlli.

Difficile la gestione emotiva e psicologica di gravidanze sotto strettissimo controllo medico, tanto che il 37% delle donne non ha portato avanti una gravidanza a causa del LES e il 25% ha rinunciato o si sente limitata ad avere un figlio. Complici di queste difficili condizioni è innanzitutto la scarsa informazione su questa malattia infiammatoria cronica di origine autoimmune, che ha in Europa un’incidenza dello 0,04%.

Non a caso 250 medici di medicina generale coinvolti nell’indagine, attestano di avere avuto in una carriera media di circa 26 anni appena 4-5 pazienti affetti da LES (su una media di 1.039 assistiti) e, fra questi, solo 1 su 5 ha effettato personalmente la diagnosi. Preoccupa il fatto che solo 1 su 4 si dichiara in grado di riconoscerne i sintomi. I medici di famiglia chiedono dunque maggiore informazione sui sintomi e criteri diagnostici (68%), di conoscere le terapie (67%) ed i centri di riferimento (38%) per garantire una più adeguata assistenza al malato. I dati sono stati presentati oggi a Milano, in occasione della prossima Giornata Mondiale contro il Lupus, che si terrà il 10 maggio, dai maggiori esperti in materia e dai rappresentanti delle Associazioni di pazienti, alla cui azione di sensibilizzazione Onda si unisce attivando sulla homepage del sito: www.ondaosservatorio.it una sezione appositamente dedicata al LES .

“In occasione della Giornata Mondiale – ha dichiarato Francesca Merzagora, presidente di Onda, lanciando l’iniziativa – Onda ha voluto porre l’attenzione su questa malattia tutta al femminile.  Uno degli aspetti più drammatici, ed il motivo che ci ha spinto all’indagine, è il fatto che colpisce donne giovani, in età fertile, nel momento di massima produttività sia personale sia lavorativa, con gravi ripercussioni sulla qualità della vita. Ad essere minati sono infatti i tre aspetti che più coincidono con la femminilità: l’estetica, che può essere compromessa dagli effetti collaterali delle cure e dalla malattia stessa (lesioni cutanee, perdita di capelli, etc.); il desiderio di maternità che impone gravidanze programmate per non aggravare l’andamento della malattia o causare la perdita del bambino; il lavoro sia in casa che fuori che limita la donna nella sua progettualità. Esiste ancora una poca conoscenza di questa malattia anche dal medico di famiglia. L’indagine – ha proseguito Merzagora -, la prima nel suo genere, conferma tutti i nostri timori. Il medico fatica ad individuare la malattia, non si sente sicuro nella gestione del paziente. Per questo nell’83% dei casi decide di inviarlo al reumatologo. Manca ancora una completa informazione ed è questa la ragione per cui Onda ha investito sforzi ed impegni in una azione di sensibilizzazione, concretizzatasi nell’istituzione sul nostro portale internet di una sezione appositamente dedicata in cui porre domande agli specialisti, trovare i centri di riferimento più all’avanguardia e materiale divulgativo rivolto a medici e alla popolazione”.
 

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