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Lunedì 07 SETTEMBRE 2020
Donne in sanità: un pensiero che dia valore alle differenze di genere



Gentile Direttore,
qualche tempo fa ho partecipato a un Convegno sulla Femminilizzazione della professione medica e in suo intervento un direttore generale della nostra Regione (Veneto) ha raccontato di aver commissionato un sondaggio tra i dipendenti di un suo Ospedale per sapere se avrebbero gradito un nuovo parcheggio o un asilo nido. Con aria sagace, falsamente contrita, ha riportato che l’esito era stato totalmente a favore del parcheggio. Con il suo sguardo fiero veniva a dirci che lui aveva fatto tutto il possibile per venire incontro alle lavoratrici donne ma non poteva nulla dati gli esiti.
 
Questo direttore forse non ha colto che la domanda del suo sondaggio era decisamente irricevibile e che se aveva a cuore davvero le giovani professioniste del suo ospedale a ben altri dati avrebbe dovuto ricorrere.
 
Ma purtroppo questo è il risultato di una gestione della governance della professione sanitaria ancora saldamente nelle mani degli uomini, come ben denunciano Donatella Noventa e Isa Maggi nel loro bell'articolo pubblicato su QS (2 settembre) dove spiegano come “la mancanza e/o forte carenza di donne ai vertici delle varie istituzioni ed Organismi rappresentativi del mondo sanitario produca, a cascata, la loro assenza ai tavoli decisionali”, comportando “una non vera presa in carico dei problemi del mondo sanitario femminile e della collettività in genere.”
 
L’esempio che vi ho riportato è la chiara espressione di questa incapacità di farsi carico dei problemi del mondo femminile. Della femminilizzazione della professione medica e della sua mancata rappresentanza si sta parlando ormai da diverso tempo.
 
Nel 2018, appena insediatosi il comitato centrale della Fnomceo (notoriamente costituito da soli maschi), ne ho scritto nelle pagine di questo giornale (QS 29 gennaio) auspicando un ripensamento o “una riparazione” da parte del Presidente Anelli, persona di innegabile intelligenza e competenza che in questo triennio ha dimostrato grandi capacità politiche a favore della professione.
 
I cambiamenti si sa sono cosa difficile specie se si lavora con Presidenti di Ordine di vecchia e lunga data e nella quasi totalità maschi.
 
Tuttavia una riflessione è iniziata grazie anche agli Stati generali della professione voluti dallo stesso Presidente Anelli e questo ha sicuramente rappresentato una speranza per molte di noi.
 
Nelle 100 Tesi (documento di lavoro per gli Stati Generali scritto dal prof. Cavicchi) si riconosce che “la femminilizzazione della professione equivale ad un cambiamento dell’ambito soggettivo della professione, per cui non può essere ignorata” e nella Tesi n°25 ( pag 109) si legge che : “ le donne debbono essere adeguatamente rappresentate negli organismi dirigenti della professione per garantire alla rappresentanza un grado di adeguatezza maggiore”.
 
La mancata presenza delle donne causa “l’esclusione dell’esperienza e della conoscenza del mondo sanitario che le donne hanno maturato negli anni” come ben dicono Noventa e Maggi nel loro articolo e determina “una grave perdita che influisce nella programmazione ed organizzazione dei servizi sanitari che oggi non riescono a rispondere in pieno ai bisogni della cittadinanza, in termini di cura, prevenzione e riabilitazione soprattutto delle patologie croniche”.
 
Lo riconosce anche il prof. Cavicchi nelle sue Tesi: “Gli svantaggi che derivano dalla differenza di genere tra medici, non ricadono direttamente solo sulle donne medico ma, indirettamente, anche sui malati, a causa del beneficio negato che deriverebbe loro da un altro genere del lavoro e quindi da un’altra idea di medicina”.
 
E’ chiaro quindi che se vogliamo progettare una sanità che funzioni per tutti c’è bisogno anche delle donne e non solo del lavoro delle donne ma anche delle loro idee e progettualità.
 
E’ chiaro quindi che “il valore della differenza legato al genere deve farsi pensiero, cioè tradursi tanto in una nuova idea di professione che in una nuova idea di medicina ma anche di sanità quindi di organizzazione del lavoro” (Tesi 25).
 
E’ arrivato il momento per le donne di definire un pensiero che dia valore alla differenza di genere e che crei le condizioni per un vero cambiamento , perché il cambiamento temo che non potrà avvenire da queste nuove elezioni ordinistiche almeno di grosse sorprese, ma dalla nostra capacità di mettere in campo energie e idee in grado di convogliare attenzioni e consensi su una nuova idea di medicina che inglobi il femminile e lo renda parte attiva dei processi decisionali.
 
E’ la sfida a cui siamo chiamate e che spero possa trovare negli Stati generali delle donne un valido strumento.
 
Ornella Mancin
Medico di famiglia

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