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Mercoledì 28 OTTOBRE 2020
Qualcuno sta pensando al disagio psicologico dei malati Covid in ospedale o in solamento domiciliare?



Gentile Direttore,
c'è qualcuno che si sta chiedendo in quale stato d'animo ed in quale situazione di stress sono gli oltre 14.000 ricoverati per COVID negli ospedali? C'è qualcuno che sta facendo qualcosa per questi pazienti? Evidentemente non stiamo parlando dei ricoverati in terapia intensiva o sub intensiva. E dei 20.000 che quotidianamente scoprono di essere positivi e che restano al loro domicilio.? Proviamo solo ad immaginare come vive un "positivo" al COVID chiuso in casa. Ansia, angoscia, in qualche caso terrore, sono gli unici compagni della solitudine, forzata, che sono costretti a vivere. Di giorno come di notte.
 
Ed i familiari? Quelli che vivono in casa con il “contagiato”. I figli, i bambini, le persone anziane e quelle fragili perché portatori di altre patologie? Ma anche i familiari che vivono lontani.
Chi si sta facendo carico della loro sofferenza? Chi si sta chiedendo quali i possibili effetti e per quanto tempo questi effetti sulla psicologia delle persone produrranno dolore e sofferenza psicologica?
 
A marzo era tutto diverso. Dal punto di vista psicologico la situazione, paradossalmente era migliore.
Eravamo tutti in una bolla, potenzialmente sicura. Oggi non è così. Non ci possiamo permettere di chiuderci di nuovo. Non economicamente, perché il Paese non reggerebbe. Tutti ci hanno detto che con il COVID, per un bel po’, dobbiamo conviverci.
 
Ma nessuno ci sta indicando in che modo. Ma soprattutto nessuno sta aiutando chi è positivo a convivere con il COVID. Asintomatici, pauci sintomatici o sintomatici lievi, non fa differenza. I 20.000 che quotidianamente scoprono di essere stati contagiati hanno bisogno di una rete di sostegno e assistenza psicologica che li supporti in questa fase delicatissima.
 
L’intervento ed il sostegno psicologico non li farà certamente guarire. Ma li aiuterà a sostenere il peso di un’ansia e di un dolore psicologico che può diventare insopportabile. Per questi motivi nelle USCA, al fianco del medico di medicina generale e dell’infermiere, è previsto lo psicologo.
 
Purtroppo i servizi di psicologia pubblici non hanno le risorse professionali adeguate perché il numero di psicologi è assolutamente inadeguato.
Bisogna intervenire immediatamente. Chiediamo che qualcuno si ricordi dei 20.000 nostri concittadini i quali, quotidianamente, scoprono di essere contagiati e, in assoluta solitudine, devono far fronte a questa sconosciuta nuova condizione esistenziale oltre che sanitaria.
 
Solo un intervento psicologico qualificato può sostenere questi pazienti che non hanno una patologia organica, gli asintomatici, ma che rischiano di vivere questa condizione di “non malattia fisica” come una patologia potenzialmente esiziale. È un “vissuto” psicologico, ma non per questo meno doloroso o meritevole di un supporto concreto.
 
Mario Sellini
Segretario Generale AUPI
 

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