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Lunedì 02 NOVEMBRE 2020
Condannato a 14 anni e 4 mesi l’infermiere di Carmagnola che uccise un paziente con un farmaco perché gli rendeva il lavoro faticoso

La Corte d’ssise d’appello di Torino ha ritenuto l’infermiere  responsabile del reato di omicidio. L’uomo aveva provocato la morte di un paziente somministrandogli arbitrariamente un medicinale a base di midazolam per via endovenosa solo allo scopo di sederlo in quanto “per le particolari condizioni di salute legate all’età e al comportamento emotivo richiedeva un continuo monitoraggio ed attenzione da parte del personale del reparto ospedaliero”.

All’esito delle fasi processuali, presso la Corte d’Assise d’Appello di Torino, presieduta dal giudice Fabrizio Pasi, un infermiere dell’ospedale di Carmagnola è stato ritenuto responsabile del reato di omicidio con condanna alla pena di 14 anni e quattro mesi di reclusione (con rito abbreviato) per avere provocato la morte di un paziente somministrandogli arbitrariamente un medicinale a base di midazolam per via endovenosa solo allo scopo di sederlo perché gli rendeva il lavoro difficile. A darne notizia una nota diffusa negli scorsi giorni dai Nas di Torino.

L’indagine era scaturita dal sospetto decesso di un paziente presso l’ospedale di Carmagnol,a avvenuto in data 27.10.2015, la cui morte, a seguito di specifici accertamenti peritali, risultava essere stata provocata da un principio farmacologicamente attivo, il “midazolam”.

“Le attività investigative - spiegano i Nas -, che hanno richiesto anche la riesumazione della salma, hanno consentito di accertare la responsabilità nei confronti di un infermiere del nosocomio per aver arbitrariamente somministrato il medicinale per via endovenosa, senza alcuna prescrizione medica, per motivi futili ed abbietti, dettati dall’esigenza di sedazione del paziente, il quale per le particolari condizioni di salute legate all’età e al comportamento emotivo richiedeva un continuo monitoraggio ed attenzione da parte del personale del reparto ospedaliero”.

La condotta illecita risultava aggravata dal fatto che, “alla crisi respiratoria dell’anziano paziente causata dall’uso volontario e spregiudicato di eccessivo dosaggio di sostanze sedative, l’infermiere ometteva di riferirne la somministrazione al personale medico dell’ospedale intervenuto in soccorso, impedendo così la possibilità di somministrazione di un antidoto presente nel reparto e di pronto utilizzo”.

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