quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 02 NOVEMBRE 2020
Quei 18 euro a tampone che sviliscono la nostra professione



Gentile Direttore,
in Veneto, dove notoriamente non si perde tempo, è appena uscita l’ordinanza del presidente Zaia che oltre a stabilire l’obbligo per i medici di famiglia di eseguire i test rapidi ai propri assistiti, ha di fatto decretato la nostra trasformazione in ufficiali di sanità pubblica con il potere di:
• decidere la quarantena,
• fare il tracciamento,
• registrare “tempestivamente” sul portale della regione il provvedimento contumaciale e le informazioni relative al contact tracing”,
• rilasciare le certificazioni previste per legge per l’assenza dal lavoro in caso di necessità ai fini INPS.
 
Tali compiti costituiscono condizione per “l’accesso e il mantenimento della convenzione”.
 
Questa ordinanza è una declinazione locale di un accordo nazionale inserito in Convenzione, voluto soprattutto dalla Fimmg cioè dal sindacato maggioritario della categoria, che su questa trasformazione e reinterpretazione sul campo della nostra tormentata professione, non ha nemmeno sentito il bisogno di informarci e di consultarci. Meno che mai di aprire un confronto.
 
L’accordo nazionale, che ha ricevuto il sì della conferenza Stato-Regioni, ha aperto la strada agli accordi regionali di cui il Veneto è apripista.
L’accordo nazionale prevede che l’ esecuzione dei tamponi rapidi negli studi dei medici di famiglia rientri tra i nostri compiti convenzionali. A breve quindi nei nostri studi dovremmo attrezzarci anche per questo compito a cui non ci si potrà più sottrarre.
 
E’ previsto un unico caso in cui ci si può rifiutare e cioè se non vengono forniti i necessari dispositivi di Protezione Individuale.
Cosa riceveremo in cambio per questo ulteriore aggravio? 18 euro a tampone se eseguito nel proprio studio con totale assunzione di oneri e responsabilità , 12 euro se l’ASL fornisce suoi locali di appoggio. Ma non solo…avremmo “finalmente” la possibilità di avere quelle “apparecchiature sanitarie finalizzate a garantire l’espletamento delle prestazioni di competenza dei medici di medicina generale”.
 
E’ bastato definire in maniera chiara un “do ut des” e come di incanto si sono risolti tutti i problemi:
- Esiste la possibilità di percorsi differenziati Covid/non covid nello studio del medico di famiglia?
- Se il paziente “sospetto” risulta positivo come si deve procedere? Chiusura dello studio, sanificazione dell’ambiente? Smaltimento DPI?
- In quale tempo dell’orami affollatissima giornata del medico di famiglia sarà possibile collocare questa attività?
- Quali tutele sono previste per il medico di famiglia in caso di contagio?
 
Poco importa se la risposta a queste domande al momento non c’è, intanto fatto l’accordo, è stato annunciato ai cittadini che ora i tamponi se li possono fare nello studio del medico di famiglia. Così alle centinaia di telefonate che ogni giorno riceviamo si aggiungono ora quelle di chi vuole sapere come si può fare un tampone rapido.

Le categorie che possono essere sottoposte a tampone sono:
- Casi sospetti
- Contatti stretti asintomatici
- Contatti stretti asintomatici al termine dell’isolamento (su indicazione del dipartimento di igiene)
 
Avete idea di quanti veri o presunti contatti stretti o no, si possono riversare nei nostri studi? E’ stato quantificato il tempo necessario per svolgere questa attività? Il tempo per la vestizione, l’esecuzione (15-30 minuti per la lettura), svestizione e sanificazione?
 
La realtà della medicina del territorio è molto diversa da regione a regione e spesso anche all’interno della stessa regione. Si va dal medico che lavora solo nel suo studio senza personale, alle forme di associazione semplice, alle medicine di gruppo integrate fino alle case della salute: fare un accordo che obblighi tutti senza tenere conto delle diverse situazioni di lavoro crea grandi disparità, alimenta diseguaglianze e squilibri che certamente non giovano a nessuno mettendo noi medici ancora di più in difficoltà.
 
Come si può chiedere a un medico che lavora da solo magari in una grande città con studio collocato in un condominio di fare i tamponi ai sospetti? Che percorso di sicurezza potrà effettuare? Che tempo potrà dedicare a questa ulteriore incombenza? Diversa è la situazione di chi per esempio operi in una medicina di gruppo con personale di infermeria e segreteria , magari con spazi dove è possibile costruire un percorso “covid” e destinare personale dedicato ai tamponi.
 
Pensare poi che la cifra di 18 euro possa rendere allettante farsi carico di un’altra incombenza è svilente, soprattutto se viene recepito che l’accordo è stato possibile grazie all’incentivo economico.
Se siamo chiamati a dare una mano perché c’è una emergenza e la pandemia lo è, lo possiamo fare anche senza incentivo economico, l’importante è la sicurezza del percorso per operatori e pazienti e la sua fattibilità.
 
Ma è davvero indispensabile che i tamponi rapidi li facciano i medici di famiglia? E’ uno di quei compiti che rendono infungibile la nostra professione? Ancora una volta sembra che il medico di famiglia sia una sorta di contenitore su cui riversare oneri e incombenze di ogni genere, spesso per coprire inadempienze di altri, senza avere un progetto, una visione complessiva di dove vogliamo arrivare.
 
L’ordinanza del presidente del Veneto, che trasforma anche giuridicamente e non in modo marginale la nostra figura professionale, evidenzia proprio questo: i medici di famiglia vengono chiamati a supplire carenze di altri settori, senza che si tenga conto di quanto questo possa incidere sulla nostra attività professionale.
 
Se dobbiamo fare i tracciamenti, le segnalazioni, i tamponi, quanto tempo ci resterà per curare i malati? La disinvoltura con la quale la Fimmg in modo verticistico ci impone nuove condizioni di lavoro è davvero impressionante come se chi ci deve rappresentare non conosca per niente le nostre vere condizioni di lavoro .
 
Ancora una volta siamo stati trattati da sudditi o meglio come delle pecore da portare al pascolo; chi ha trattato e ha avvallato questi accordi lo ha fatto convinto di avere una “investitura divina” e quindi senza alcun obbligo di coinvolgere la base che li sostiene.
Staremo a vedere se ancora una volta la categoria subirà o avrà la forza di ribellarsi.
 
Ornella Mancin
Medico di famiglia
  

© RIPRODUZIONE RISERVATA