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Martedì 03 NOVEMBRE 2020
Trapianto d'utero anziché gestazione per altri solidale. Ma a che prezzo?



Gentile Direttore,
in data 28 ottobre è stato pubblicato un articolo nella vostra testata online che ha affrontato il tema di come soddisfare il legittimo desiderio di maternità delle ragazze italiane affette da Sindrome di Rokitansky, una rara malformazione congenita che le vede nascere senza utero o con una ipoplasia uterina che non consente loro di condurre una gravidanza pur essendo fertili, avendo ovaie e ovociti normali. Nell'articolo si contesta l'affermazione dell'Associazione Luca Coscioni secondo la quale la gestazione per altri sarebbe l'unico metodo per avere un figlio in quanto “sarebbe già stata utilizzata anche in Italia, con esito in decine di bambini nati, la tecnica del trapianto di utero”.

Le ragazze affette da questa Sindrome seguono ovviamente con immensa attenzione e sincero apprezzamento il protocollo sperimentale in corso presso il centro trapianti del Policlinico di Catania, dove pochi mesi fa è avvenuto il primo trapianto d'utero in Italia.
 
Nello specifico il trapianto è avvenuto con utero proveniente da donatrice deceduta, ed è attualmente in corso la terapia immuno sopressiva per evitarne il rigetto, cui seguirà l'impianto di embrione ottenuto in vitro con i gameti della donna e del suo compagno.
 
Allo stato, nel mondo sono nati con questa modalità tre bambini, uno nel 2017 in Brasile e due in Stati Uniti ( 2018 e 2019). Nessuno in Italia.
 
Un numero maggiore di bambini, ma globalmente davvero esiguo, (poche decine in sei anni) è nato per trapianto d'utero di donatrice vivente, ipotesi per altro non perseguibile in Italia dove tale modalità è vietata per legge.
 
In attesa i vedere gli sviluppi di questa sperimentazione, e di analoghe in corso nel resto del mondo, si ritiene quanto meno prematuro parlarne in termini di “valida alternativa alla gestazione solidale”, modalità sperimentata da decenni negli Stati nei quali la tecnica è normata, legale e dove si è già dimostrata efficace e sicura.
 
Molte perplessità riguardo al trapianto di utero da donatore cadavere, desta inoltre il fatto di legare le speranze delle donne affette da assenza di utero, all'attesa della morte di giovani donne in età fertile.
 
Il trapianto d'utero comporta inoltre la necessità di effettuare non meno di tre interventi chirurgici per portare a termine una gravidanza: Il primo è l'impianto dell'utero, un intervento lungo e complesso, cui segue la terapia immuno soppressiva per evitare il rigetto. Questa inevitabilmente espone la donna a rischi di malattie infettive e tumorali, venendo limitato il ruolo del sistema immunitario nella sua naturale funzione di difesa e prevenzione nei confronti di tali complicanze.
 
Il secondo intervento è il parto cesareo, qualora la gravidanza prosegua con successo.
 
Il terzo è la rimozione dell'utero, necessaria ad evitare il proseguo della terapia immunosopressiva dopo l'eventuale nascita del bambino o l'aborto in caso d'insuccesso.
 
Un iter a dir poco impegnativo e non scevro di rischi per le aspiranti madri che, nel caso delle ragazze affette da Sindrome di Rokitansky, hanno già frequentemente già affrontato la chirurgia ginecologica al fine di correggere l'ipoplasia vaginale quasi sempre associata all'agenesia uterina.
 
Negli Stati nei quali la GPA è normata e legale si è oramai avuta la possibilità di seguire con opportuno follow-up lo stato di salute delle gestanti e dei bimbi nati grazie al loro impegno solidale.
 
Fortunatamente l'esperienza clinica maturata in corso di decenni e documentata con lavori scientifici pubblicati in riviste internazionali non ha dimostrato il rilievo di particolari problemi durante e dopo la gravidanza sia per le gestanti che per i bambini.
 
Riguardo all'ipotesi di sfruttamento delle donne paventato nell'articolo è evidente che nessuno in seno all'associazione Coscioni, ne tanto meno le ragazze affette da Sindrome di Rokitansky, è disposto ad assecondare una pratica nella quale una gestante per altri non sia men che meno libera di autodeterminarsi in una scelta di alto valore solidaristico ma certamente impegnativa sotto il profilo fisico e morale.
 
Da qui l'importanza di normare la pratica e renderla legale prevedendo chiarezza di informazioni, consensi e limiti, tutele sanitarie e legali di tutti gli attori in campo, come appunto intenderebbe fare la proposta dell'Associazione Coscioni che ha elaborato uno specifico disegno di legge in attesa di presentazione e discussione presso le specifiche commissioni parlamentari.
 
Questo al fine di rendere la gestazione solidale, niente di meno di quanto proposto dai ginecologi alle loro connazionali con la stessa Sindrome che interessa le nostre pazienti, ovvero una modalità terapeutica, pienamente operativa in Paesi con civiltà giuridiche non certo inferiori alle nostre quali Inghilterra, Nuova Zelanda, Canada, Grecia per citarne alcuni.
 
Una legge giusta azzererebbe spazi per abusi o fraintendimenti, dando una reale possibilità per il legittimo desiderio di maternità alle ragazze italiane affette da Sindrome di Rokitansky e più in generale ad un importante platea di donne fertili ma impossibilitate ad avere una gravidanza, al pari di quanto già avviene in molti Paesi civili nel mondo.
 
Dottor Marcello Pili 
Medico Chirurgo
Referente scientifico Associazione Luca Coscioni

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