quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 11 NOVEMBRE 2020
Le morti nelle case di riposo sono evitabili, basta volerlo



Gentile Direttore,
credo sia rilevante diffondere con urgenza le conclusioni di un articolo pubblicato su JAMA nei giorni scorsi sui rischi collegati al sovraffollamento degli ospiti nelle stanze delle case di riposo. Lo studio riguarda circa 600 nursing home dell’Ontario. Per comparazione, segnalo che oggi in Italia ci sono 300mila persone ospitate in oltre 2mila strutture residenziali per anziani. Solamente nella mia Regione (Friuli Venezia Giulia), 11mila grandi anziani vivono long-term in 200 strutture.
 
Questi i risultati pubblicati, di grande rigore scientifico e che quindi devono indurci a serie riflessioni ed urgenti provvedimenti: “Su 623 case di riposo in Ontario, abbiamo ottenuto informazioni complete su 618 case (99%) con 78 607 residenti (donne, 54 160 [68,9%]; ultra85enni, 42 919 [54,6%]). In totale, 5.218 residenti (6,6%) hanno sviluppato un'infezione da COVID-19 e 1.452 (1,8%) sono morti di COVID-19 al 20 maggio 2020. L'infezione da COVID-19 si è distribuita in modo non uniforme tra le strutture; 4496 infezioni (86%) si sono verificate in 63 case (10%). L'indice di affollamento variava nelle abitazioni da 1.3 (principalmente con camere singole) a 4.0 (esclusivamente con stanze quadruple); 308 strutture (50%) avevano un alto indice di affollamento (>2). L’Incidenza di COVID-19 nelle case ad alto indice di affollamento è stata del 9,7% contro il 4,5% nelle case a basso indice di affollamento (P <0,001), mentre la mortalità per COVID-19 è stata rispettivamente del 2,7% contro l'1,3% (P <0,001). La probabilità di introduzione del COVID-19 non differiva (alta = 31,3% vs bassa = 30,2%; P = 0,79). Dopo aggiustamento statistico (covariate) l'indice di affollamento è rimasto associato con una maggiore incidenza di infezione (rischio relativo [RR] = 1,73, 95% CI, 1,10-2,72) e mortalità (RR, 1,69; 95% CI, 0,99-2,87). Un'analisi (propensity score analysis) ha prodotto risultati simili per infezione (RR, 2,09; 95% CI, 1,30-3,38) e mortalità (RR, 1,83; 95% CI,1.09-3.08). Le simulazioni suggeriscono che convertendo tutte le camere a 4 letti in camere a 2 letti si sarebbero evitati 998 casi di COVID-19 (19,1%) e 263 decessi (18,1%)”.

In conclusione, le evidenze statistiche confermano ciò che il buon senso aveva già ampiamente suggerito: rendere affollate le stanze e le strutture residenziali costituisce un gravissimo rischio per gli ospiti.
Temo quindi che in Italia ci siano stati centinaia di morti e gravi feriti, evitabili.
 
È noto che l’attuale trend gestionale delle case di riposo va esattamente in questa direzione malvagia: collocare molti anziani in una stessa stanza, per - si dice - ottenere economie di scala, ottimizzazione delle spese (si tacciono gli aumento dei profitti), e per rendere le rette sopportabili (anche se ormai sono divenute insostenibili per sempre più famiglie; nella mia città, a Trieste, le presenze di sono ridotte del 30%, forse anche a causa della paura e della maggiore presenza a casa dei care giver, ma certamente la capacità di spesa è determinante).
 
I risultati di questo studio a mio parere devono far adottare misure urgenti, innanzitutto rifuggendo dalla tentazione di collocare posti letto aggiuntivi nelle stanze esistenti. All’opposto, credo sia indispensabile procedere, subito, al de-affollamento delle attuali stanze quadruple e triple. Un tanto potrebbe essere propedeutico alle fasi post COVID, alle programmazioni future, quando saranno auspicabili rigidi vincoli nei criteri-requisiti di autorizzazione ed accreditamento delle residenze: andranno ammesse esclusivamente stanze singole o doppie.
 
È ovvio che di conseguenza occorrerà intervenire con maggiori contributi pubblici per rendere sostenibili i costi incrementali per le famiglie degli ospiti. Infine, data questa previsione di aumenti di spesa pubblica e privata per l’assistenza residenziale (non scordiamoci però che è un Lea) appare sempre più razionale, etico, vantaggioso per tutti intraprendere con grande decisione la via alternativa del potenziamento delle cure domiciliari, sostitutive di molte forme dell’attuale residenzialità. Infine, se proprio inevitabili, facciamo in modo che l’assistenza residenziale avvenga in tutto il Paese con forme di residenzialità innovative, de-istituzionalizzanti, che possono essere meno costose e ben più rispettose della qualità, dignità e libertà degli assistiti.
È possibile, dobbiamo solo volerlo.
 
Paolo Da Col
Direttore sanitario Rsa Igea Trieste
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA