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Mercoledì 11 NOVEMBRE 2020
Carcinoma ovarico avanzato. Ok da Commissione UE a olaparib in combinazione con bevacizumab per pazienti Hrd-positive

Olaparib in associazione a bevacizumab aumenta il tempo liber da progressione di 37,2 mesi contro i 17,7 mesi di bevacizumab in monoterapia. Una donna su due con carcinoma ovarico avanzato ha un tumore Hrd positivo.

AstraZeneca e MSD annunciano che olaparib ha ricevuto l’approvazione europea per il trattamento di mantenimento in prima linea del carcinoma ovarico avanzato che presenta un difetto di ricombinazione omologa (HRD). Il cancro ovarico è l'ottava causa più comune di morte per cancro nelle donne in tutto il mondo, con 185.000 decessi a livello globale. In Italia, nel 2020, si sono stimati oltre 5.200 nuovi casi di tumore ovarico.
 
L'approvazione da parte della Commissione Europea (CE) è basata sui dati dello studio di fase III PAOLA-1 che ha dimostrato come olaparib, in combinazione con bevacizumab, porti un sostanziale miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto al bevacizumab da solo per le pazienti con carcinoma ovarico avanzato HRD-positivo.
 
Sandro Pignata, Direttore del reparto di Oncologia Medica Uro-Ginecologica dell’Istituto dei Tumori Pascale di Napoli e PI italiano dello studio PAOLA-1, ha commentato: “Per le donne che hanno ricevuto una diagnosi di carcinoma ovarico avanzato, l'obiettivo del trattamento di prima linea è di ritardare la progressione della malattia il più a lungo possibile con l'intento di ottenere una remissione a lungo termine. Olaparib, in combinazione con bevacizumab, ha dimostrato un vantaggio mediano di sopravvivenza libera da progressione di oltre tre anni confermando l’efficacia di questo PARP inibitore anche nelle pazienti HRD-positive”.
 
Domenica Lorusso, Professore Associato di Ostetricia e Ginecologia presso Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile unità operativa di programmazione ricerca clinica presso Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, ha aggiunto: “I test molecolari volti a studiare le caratteristiche genetiche dei tumori hanno grandemente migliorato la nostra comprensione di come l'inibizione di PARP possa aiutare a combattere il carcinoma ovarico permettendoci, ad esempio, di adottare un approccio terapeutico mirato in presenza della mutazione BRCA. Oggi che la conoscenza è andata ulteriormente avanti, conoscere lo status di HRD può aiutare noi clinici a estendere un regime di trattamento di prima linea personalizzato con PARPi in combinazione ad antiangiogenetici alle pazienti HRD, che dai dati dello studio PAOLA-1 rappresentano circa il 50% delle donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore ovarico, per ritardare significativamente la ricaduta in questa malattia.”
 
Lo studio di Fase III PAOLA-1 ha mostrato che olaparib, in trattamento di mantenimento in combinazione con bevacizumab, ha ridotto il rischio di progressione della malattia o morte del 67% (sulla base di un rapporto di rischio di 0,33; intervallo di confidenza al 95% 0,25-0,45). L'aggiunta di olaparib ha portato la PFS a una mediana di 37,2 mesi rispetto a 17,7 con bevacizumab da solo nelle pazienti con carcinoma ovarico avanzato HRD-positivo. I dati dello studio PAOLA-1 sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine nel 2019.
 
Ulteriori dati presentati nell’ambito dell’ultimo Congresso della Società Europea di Oncologia Medica hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo del trattamento con olaparib in combinazione con bevacizumab nell'endpoint secondario chiave del tempo a seconda progressione della malattia (PFS2), con una PFS2 mediana di 50,3 mesi rispetto a 35,3 mesi con bevacizumab da solo.
 
L'indicazione UE completa di olaparib in combinazione con bevacizumab prevede il trattamento di mantenimento di pazienti con carcinoma ovarico epiteliale avanzato (stadio FIGO III e IV) di alto grado, del tumore alla tuba di Falloppio o del carcinoma peritoneale primario che sono in risposta (completa o parziale) dopo il completamento di chemioterapia di prima linea a base di platino in combinazione con bevacizumab e il cui tumore sia associato a uno stato di positività alla HRD definito da una mutazione del gene di suscettibilità al cancro al seno 1/2 (BRCA1 / 2) e / o da instabilità genomica. 

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