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Venerdì 13 NOVEMBRE 2020
Ao di Padova. Tamponi antigenici rapidi ai sanitari invece dei molecolari. L’Anaao: “Troppi rischi di falsi negativi”

Per il sindacato, se è l’uso dei tamponi antigenici rapidi appare “appropriata in uno scenario di screening di popolazione”, la scelta potrebbe non essere altrettanto giusta per la sorveglianza dei sanitari, in quanto i test antigenici rapidi “espongono ad un rischio maggiore di risultati falsi negativi” rispetto al molecolare. Il timore dell'Anaao è di lasciare “subdolamente aperte le porte degli ospedali al SARS-CoV-2, con il rischio di focolai infettivi, mettendo in pericolo gli operatori sanitari, le loro famiglie, i cittadini”.

“La recente decisione dell’Azienda Ospedaliera di Padova di programmare i prossimi controlli di sorveglianza da infezione da SARS-CoV-2 sul personale sanitario con tampone antigenico rapido  e non più con tampone molecolare desta un certo allarme”. Così l’Anaao Assomed di Padova e Veneto commenta la DGR 1422 del 21.10.20, il nuovo Piano di Sanità Pubblica della Regione Veneto prevede come “test di riferimento” per la sorveglianza nel personale sanitario “il test rapido per la ricerca dell’antigene di SARS-CoV-2”, con screening ogni 8 giorni per Operatori Sanitari ospedalieri e territoriali coinvolti principalmente nell’assistenza di pazienti Covid 19 ( Mal. infettive, Ter. Intensiva, USCA, PS, etc.), richiamando comunque in merito la Circolare del Ministero della Salute n° 31400 del 29.9.20 e la Nota tecnica ad interim del Ministero della Salute ed Istituto Superiore di Sanità “ Test di laboratorio per SARS-CoV-2 e loro uso in sanità pubblica ” aggiornata al 16.10.2020. “Dai documenti ministeriali - evidenzia l'Anaao - tuttavia si evince un atteggiamento di cautela," poiché si esprimono solo “proposte di indicazioni a supporto della strategia d’uso”, “l’uso nei diversi contesti organizzativi”, “l’uso dei test indicati come alternativa deve essere considerato in base alla situazione epidemiologica e alla organizzazione sanitaria regionale”.
 
La questione è semplice: “Sebbene sia accettabile che l’uso dei tamponi  antigenici rapidi (diagnosi in 15 minuti) sia una scelta appropriata in uno scenario di screening di popolazione, offrendo su grandi numeri risposte tempestive, e riservando la conferma dei risultati positivi al tampone molecolare (alcune ore)”, per l’Anaao “si evidenzia che le caratteristiche di sensibilità  e specificità del tampone antigenico rapido espongono ad un rischio maggiore di risultati falsi negativi, in particolare questo si può verificare ‘in presenza di bassa carica virale', ‘o se il campione è stato prelevato, trasportato o conservato impropriamente', oltre a 'considerare il ‘periodo finestra’ fra il momento dell’esposizione a rischio e la comparsa della positività', tampone quest’ultimo quindi utile solo “'n determinati contesti'. Pertanto, secondo il Ministero della Salute e l’ISS 'i produttori di tali kit evidenziano che un risultato negativo non esclude la possibilità di un’infezione da SARS-CoV-2 e la negatività del campione, a fronte di forte sospetto di COVID-19, dovrebbe essere confermata mediante tampone molecolare'”.
 
Insomma, chiarisce ancora l'Anaao, “non esiste evidenza scientifica a sostegno di una superiorità dei tamponi antigenici rapidi, a maggior ragione se si considera che tutte le linee guida internazionali affermano che la negatività di un tampone, anche molecolare, non deve mai essere considerata come prova definitiva di assenza di infezione. Le decisioni sulla sorveglianza dei sanitari e sulla tutela della salute collettiva non devono infatti basarsi su scelte politiche o economiche (il tampone antigenico rapido costa molto meno del molecolare), scelte che sembrano invece allinearsi anche con la crescente e tendenziosa derubricazione dei contagi fra i sanitari come contagi di comunità escludendoli dall’ambiente lavorativo ospedaliero”.

“È invece stato dimostrato - prosegue l’Anaao –, nonostante le rassicurazioni di rito delle Direzioni Generali sulla sicurezza negli ospedali, che la contagiosità nella prima ondata è stata 4 volte superiore per il personale sanitario rispetto alla popolazione residente in Veneto (addirittura 19 volte superiore in Lombardia), come affermato in un recente  studio pubblicato firmato anche dalla dott.ssa Francesca Russo, responsabile del Dipartimento di Prevenzione della Regione Veneto. Un’evidenza che impone di ridurre ogni possibile errore sul campo".
 
Per il sindacato risulta "veramente difficile comprendere la linea che intende seguire questa Direzione Generale, visto che la Circolare del Ministero della Salute del 3.02.2020 aveva già ribadito che ‘Con riguardo, specificatamente, agli operatori di cui all’oggetto si rappresenta preliminarmente che, ai sensi della normativa vigente (d. lgs. 81/2008), la responsabilità di tutelarli dal rischio biologico è in capo al datore di lavoro, con la collaborazione del medico competente’”. Per Anaao “tali misure di responsabilità e garanzia non devono infatti essere mai sottostimate né demandate o derogate a mere procedure burocratiche o di convenienza, ma devono attenersi allo spirito di cautela richiesto al Datore di Lavoro nei confronti della sicurezza e salute dei propri dipendenti, anche ai sensi dell'art. 2087 del CC".
 
“Proprio in nome di tale cautela e ai fini della massima prudenza - prosegue l’Anaao -, con normative che prevedono per i sanitari ancora l’obbligo di lavorare anche se esposti a caso positivo, vista anche la rapidità e la grande quantità con cui possono essere processati i tamponi molecolari dai laboratori dell’Azienda ospedaliera e considerando che secondo le ultime disposizioni regionali proprio i centri Hub conservano il più possibile fino all’ultimo le attività ordinarie, deve essere garantito, a nostro giudizio, in Azienda Ospedale-Università lo screening con tampone molecolare a TUTTI gli operatori sanitari, a cominciare dal personale più esposto al rischio biologico (Terapie intensive e subintensive, Pronto Soccorso, 118, Malattie Infettive, Aree COVID, Pneumologie, Microbiologie, etc)”.
 
“Non si giochi tuttavia su parole come ‘screening’ o ‘diagnosi’”, è l'appello del sindacato che mette in chiaro: “Nel personale sanitario il rischio di falsi negativi deve essere minimizzato al massimo, da chi di competenza in ambito aziendale, con tendenza allo zero. Risparmiare sugli “eroi“ della prima ondata è un scelta sbagliata, che rischia di lasciare subdolamente aperte le porte degli ospedali al SARS-CoV-2, con il pericolo di insorgenza di possibili focolai infettivi,  mettendo in pericolo gli operatori sanitari, le loro famiglie, i cittadini”.

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