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Venerdì 13 NOVEMBRE 2020
L’ambiguità degli specializzandi al 2° anno in corsia



Gentile direttore,
 
abbiamo appreso tramite il vostro giornale dell’avviso emanato dal Policlinico Umberto I (sulla scorta di un’ordinanza regionale) per il conferimento di incarichi libero-professionali ai medici in formazione specialistica iscritti al II (delle scuole di durata di quattro anni) e al III anno di corso (per le scuole di durata quinquennale).
 
Pur avendo ben presente la situazione di grave carenza di personale, frutto in una scellerata politica di definanziamento della sanità pubblica e non sufficientemente sopperita dalle assunzioni emergenziali fatte in questi mesi, non possiamo non rilevare e denunciare gravi criticità di quanto disposto dalla delibera.
 
In primo luogo, vi è una palese incongruenza rispetto all’impianto normativo esistente riguardante il lavoro dei medici in formazione. La delibera del Policlinico Umberto I fa infatti riferimento al DL Cura Italia, varato nel corso dell’emergenza, che tuttavia riserva solo agli specializzandi degli ultimi due anni la possibilità di assumere incarichi libero-professionali.
 
L’attribuzione di incarichi di lavoro autonomo ai medici specializzandi dal primo al secondo anno (al terzo per le scuole di durata quinquennale) è in chiaro contrasto con il dlgs 368/99 che stabilisce l’incompatibilità tra la formazione specialistica e la libera professione.
 
Il secondo punto critico riguarda la forma di collaborazione prevista. L’impegno straordinario  richiesto, che può raggiungere le 18 ore settimanali, andrebbe svolto al di fuori dell’orario di lavoro come specializzando (che ricordiamo essere a tempo pieno, quindi di 38 ore settimanali). Ciò porterebbe ad un carico di lavoro spropositato, con ovvie ripercussioni sulle ore di riposo e quindi sulla lucidità durante il lavoro.
 
Vi è inoltre l’alto rischio di generare ambiguità nella definizione delle mansioni, delle competenze e, soprattutto, delle responsabilità del medico in formazione a seconda del momento della giornata. Ad esempio, medici che sono considerati in formazione dalle 8 alle 20 diventerebbero pienamente responsabili -poniamo- dalle 20 alle 8.
 
Il tutto con una retribuzione che difficilmente sembra commisurata alle responsabilità assunte. Il compenso previsto è, infatti, di 24,51 €/h lordi, a nostro parere inadeguato al rischio e sicuramente non in linea con i benefici elargiti ai colleghi di poco più grandi.
Ma quella dell’Umberto I è solo una delle situazioni di “ambiguità” che l’affannosa ricerca di personale sta determinando ai danni dei medici in formazione. Riceviamo da giorni numerose segnalazioni da parte di colleghe e colleghi arbitrariamente e obbligatoriamente trasferiti dai propri reparti verso unità che nulla hanno a vedere con la loro specializzazione, con ovvie ripercussioni sia sul percorso formativo, sia sulla qualità dell’assistenza che un medico non formato in un determinato ambito può fornire.
 
Lungi da noi volerci esimere dagli oneri che l’essere medici a tutti gli effetti ci impone, in particolare in corso di emergenza sanitaria (riteniamo [e speriamo] sia  indubbio l’apporto fondamentale dei medici in formazione sia in situazione ordinaria che straordinaria). Inoltre abbiamo sempre sostenuto la necessità di una transizione a forme strutturate di formazione-lavoro. Tuttavia crediamo che l’impiego dei medici in formazione durante l’emergenza COVID debba essere inquadrato su base nazionale, in maniera programmatica, stabilendo termini e garanzie, ed evitando iniziative sparse, disomogenee e potenzialmente lesive dei diritti e della dignità dei medici in formazione. Proprio nell’ottica di voler offrire il nostro contributo in base alle nostre competenze, auspichiamo che le iniziative messe in atto da ministeri, regioni e aziende ospedaliere rivolte ai medici in formazione, nascano anche dall’interlocuzione con le figure professionali coinvolte.
 
Il coordinamento dei medici di “Chi si cura di te?”

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