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Martedì 17 NOVEMBRE 2020
Si continua ad umiliare la dirigenza delle professioni sanitarie



Gentile Direttore,
la nuova  Legge di Bilancio 2021 incrementa del 27% l’indennità di esclusività della “dirigenza medica, veterinaria e sanitaria presso le strutture del Servizio sanitario nazionale a decorrere dal 1° gennaio 2021”. Di questa dirigenza fanno parte tutti i dirigenti del ruolo unico sanitario, ma il CCNL della sanità pubblica, contro l’evidenza della legge, ha emarginato la Dirigenza delle Professioni Sanitarie, con il risultato che è l’unica dirigenza sanitaria a cui non spetta l’indennità di esclusività.
 
A quasi 20 anni dall’approvazione della legge 251/2000, il cui articolo 6 definiva in modo univoco che la Dirigenza delle Professioni Sanitarie era una “nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario”, questa viene ancora trattata come la cenerentola delle dirigenze.
 
I Dirigenti delle Professioni Sanitarie sono quelli che in questa e nella passata emergenza, insieme ai Coordinatori ed ai titolari di Incarico di Organizzazione, la vera spina dorsale delle strutture ospedaliere, hanno cambiato la fisionomia degli ospedali, hanno costruito rianimazioni nei sottoscala, hanno formato all’uso corretto dei DPI, hanno costruito letteralmente muri per distinguere i percorsi puliti da quelli sporchi trasformando in reparti di malattie infettive spazi che fino al giorno prima erano altro (dalle chiese alle palestre) lavorando in alcuni casi fino a due mesi ininterrottamente per dare risposte organizzative all’emergenza in atto.
 
I Dirigenti delle Professioni Sanitarie sono per legge componenti del Collegio di Direzione, partecipano alle Unità di Crisi, sono quotidianamente chiamati a risolvere i problemi di natura organizzativa dell’azienda, gestiscono il 60-70% delle risorse umane di una azienda sanitaria ma guadagnano meno di un fisico, un chimico o un farmacista.
 
Ciò in palese contrasto con il principio giuridico che prevede a parità di lavoro (dirigenti sanitari) parità di retribuzione. È giunto il momento di riconoscere alla Dirigenza delle Professioni Sanitarie la stessa dignità riconosciuta alle altre dirigenze del ruolo sanitario.
 
Nelle dichiarazioni congiunte del CCNL in vigore ce ne sono ben due che riguardano la Dirigenza delle Professioni Sanitarie, la 6 e la 7:
• la 6 dove si auspica un intervento legislativo per definire criteri e requisiti per il conferimento di incarichi di struttura complessa. Il primo atto di indirizzo all’Aran del luglio 2017 per il rinnovo del contratto dava questo incarico proprio alle parti negoziali. Era troppo difficile scrivere che si applicava la Balduzzi? Paradossalmente era la stessa posizione del sindacato dei dirigenti…
 
• la 7 dove si rimanda ad un atto legislativo la possibilità di opzione sull’esclusività, dimenticando che la legge 251/00 è stata scritta e discussa in parlamento nello stesso periodo dell’articolo art. 28 della legge 488/99 che ha introdotto l’esclusività per la dirigenza del ruolo sanitario, non solo per quella medica. Erano dissociati i parlamentari che da una parte scrivevano che alla dirigenza sanitaria spettava l’indennità di esclusività e dall’altra scrivevano che la dirigenza delle professioni sanitarie era una dirigenza del ruolo unico sanitario?
 
Che il Governo di faccia chiarezza e ribadisca nell’articolo 65 della Legge di Bilancio, ancora una volta dopo 20 anni, che la Dirigenza delle Professioni sanitarie è una dirigenza sanitaria come tutte le altre, con gli stessi diritti e gli stessi doveri, e soprattutto la stessa dignità.
 
E se vuole veramente riconoscere il ruolo svolto dalle professioni sanitarie scriva il Governo che in ogni azienda ci deve essere almeno un Dirigente delle Professioni Sanitarie per ogni dipartimento, anche con clausola di invarianza dei costi, convertendo posti di incaricati organizzativi dal comparto, costruendo quel percorso di carriera promesso e mai realizzato.
 
La Dirigenza delle Professioni Sanitarie, nata negli anni dell’emergenza infermieristica, doveva rappresentare il termine di un percorso compiuto dalle professioni sanitarie, partito dalla formazione universitaria e passato per l’abrogazione del mansionario ed il riconoscimento di professione sanitaria non più ausiliaria.
 
Evidentemente c’è chi, dopo 20 anni, l’ausiliarietà vuole mantenere, almeno nel rapporto di lavoro. Così non si umiliano solo 350 dirigenti ma gli esercenti di 22 professioni sanitarie. 
 
Dario Laquintana
Dirigente Professioni Sanitarie - Milano


 

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