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Giovedì 24 MAGGIO 2012
Farmacie. "Due" mosse per evitare il fallimento

Primo, una diagnosi tempestiva del problema. Secondo, capacità dei titolari di resistere ai canti delle sirene. E poi c'è da combattere la discriminazione dei decreti del Governo per il pagamento dei debiti delle PA che penalizzano il Sud

Ho letto una recente affermazione di Claudio Ciampi, amministratore delegato della Credifarma Spa, con la quale ha esortato i farmacisti a non “più confondere quello che entra nel registratore di cassa con l’utile e gravare di debiti le loro imprese”. Un invito condivisibile e provvidenziale, attesa la brutta abitudine di molti titolari di farmacie di non tutelare il loro patrimonio aziendale, spesso indebolito da prelevamenti in conto utili effettuati oltre ogni misura.

Una tale consuetudine sta determinando non poche difficoltà a stare sul mercato a quanti si sono resi, negli anni, responsabili di siffatti assurdi comportamenti. Finalmente, nel sistema farmacia appaiono le prime e autorevoli luci di orientamento sulle cose da farsi, che invero sollecito da tempo e a più livelli di confronto.
Sono anni che sta accadendo quanto sottolineato. Dunque, sono stati tantissimi i farmacisti rei di siffatti comportamenti, così come sono stati segnatamente distratti i consulenti nei loro confronti. Questi ultimi, spesso impegnati in un lavoro troppo seriale, hanno continuato a non rappresentare ai loro clienti la triste “diagnosi” economico-patrimoniale che competeva loro riferire con tempestività. Non sono state attente le banche e i finanziatori di ogni specie che, nonostante i terribili netti patrimoniali negativi constatati annualmente nella loro clientela, hanno continuato a credere in una miracolosa ripresa delle aziende-farmacie super-indebitate, a volte inconcepibilmente, concedendo loro un credito immeritato. Vittime di tutto questo sono divenute le aziende di distribuzione all’ingrosso, impegnate, come sono, a conquistare quote di mercato a prescindere. 

Tutto questo ha prodotto un indebitamento generale non facilmente sopportabile con modalità ordinarie. Un problema al quale porre rimedio, pena la estinzione di numerose aziende e la conseguente decimazione occupazionale!
Insomma, da un po’ di tempo si è riscoperto che anche le farmacie falliscono! E’ quanto sta accadendo su tutto il territorio nazionale, con pesanti ricadute per tutta la filiera dei creditori e sulla occupazione che le farmacie garantiscono. Allo stesso modo, sono tantissimi i farmacisti titolari già impegnati o che si impegneranno prossimamente a sostenere procedure concorsuali, intese a salvare le loro aziende-farmacie. Tantissime le proposte di ristrutturazione dei debiti, ex art. 182 bis della legge fallimentare, e i ricorsi per ammissione al concordato preventivo. Entrambi finalizzati a rimediare il rimediabile, a non fallire, con buona pace (si fa per dire!) per i creditori, costretti a perdite su crediti abbastanza pesanti. Queste ultime, spesso, più sopportabili di quanto potrebbero, comunque, determinare gli esiti fallimentari.

Certo è che una tale situazione non è affatto facile per tutto il sistema farmacia, che registrerà tanti morti, ma anche (si spera) tantissime riprese. Il tutto a condizione che si agisca presto e bene, specie nel sud del Paese, tenendo nel dovuto conto delle misure discriminanti che sono previste nei decreti in itinere riguardanti la certificazione dei debiti della Pubblica Amministrazione. Tali provvedimenti impediranno, infatti, nelle otto regioni sottoposte ai piani di rientro sanitari (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) ogni certificazione dei crediti relativi e, quindi, ogni migliore contrattualità riferita alla cessione pro soluto degli stessi, utile ad assicurare una pronta e meno onerosa liquidità alle aziende-farmacie in crisi. 
Il migliore esito per le farmacie che vedono compromesso il loro patrimonio è, comunque, condizionato al verificarsi di due eventi comportamentali.  Il primo è rappresentato da una diagnosi tempestiva del problema e, di conseguenza, alla corretta percorrenza delle procedure. Il secondo sta nella capacità dei titolari di farmacia “inguaiati” sotto il profilo economico-finanziario di resistere ai canti delle sirene, in tantissime in (troppo) “libera” circolazione. Occorre, insomma, che essi sappiano dire no, opportunamente assistiti al riguardo, alle proposte dei tanti faccendieri che ci sono in giro.
 
Questi ultimi sempre più specializzati nel proporre dismissioni aziendali a prezzi convenienti, sia per acquirenti che per venditori, ma poco esperti nel sottacere i pericoli che ci stanno dietro, da quello fiscale all’escussione delle garanzie prestate da terzi, spesso ignari.
In definitiva, le alternative alle espulsioni dal mercato ci sono. Occorre rinsavire, per quelli che sono ancora in tempo. Gli altri dovranno ben attrezzarsi dell’indispensabile coraggio e delle necessarie professionalità. 

avv. Federico Jorio
dottorato in “Impresa, Stato e mercato”
senior partner “Studio associato Jorio”










 

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