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Lunedì 14 DICEMBRE 2020
Covid. “Un anno vissuto pericolosamente”. Un primo bilancio dei provvedimenti adottati: dai primi Decreti emergenziali al Recovery Fund

Luci e ombre su un anno di decreti-legge e di dpcm, ordinanze e circolari. Torniamo al “fare presto, fare bene” aggiungiamo “fare il necessario”. Un complesso mosaico nel quale confluiscono e si confondono più direttrici. Il complesso quadro epidemiologico e l’impegno assistenziale COVID. E sullo sfondo il monito della Corte dei conti sui fabbisogni aggiuntivi attesi per il prossimo anno

Filippo Palumbo, già Direttore Generale e Capo Dipartimento del Ministero della salute, e Maria Giuseppina La Falce, già Dirigente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno operato una riflessione su questo straordinario e doloroso 2020 in sanità.
Gli Autori ne anticipano di seguito alcuni contenuti. Scarica qui il testo integrale.
 
In un articolo pubblicato su Quotidiano Sanità del 28 giugno 2020 avevamo richiamato l’attenzione sull’importanza del fatto che nell’intervallo tra la prima ondata epidemica  e quella successiva, attesa per l’autunno, in ogni regione fosse condotta, con celerità e completezza,  una  concreta attività di preparazione  (il “fare presto, fare bene” richiesto anche  in un altro contributo qui pubblicato qualche tempo prima).
 
Questa esigenza si poneva e si pone) per l’ampiezza dei temi da affrontare, per la cospicuità delle risorse mobilitate, ma soprattutto per il timore che il complesso quadro epidemiologico e l’impegno assistenziale determinati dalla diffusione delle infezioni da SARS-CoV- 2 potessero assumere un carattere fortemente destruente, per il nostro SSN (ciò che sta accadendo).
Nelle riflessioni che troverete qui allegate abbiamo affrontato solo alcuni aspetti del tema COVID e Servizio Sanitario nazionale, per dare un contributo al dibattito che certamente si aprirà su un anno di COVID.
 
Due le tematiche centrali da noi affrontate.

 
La prima tematica è relativa alla decretazione di urgenza cui massicciamente si è fatto ricorso quest’anno. Un tema su cui sarebbe sbagliato lasciar aperta la discussione solo in ambienti specialistici che si occupano degli aspetti giuridico costituzionali. Viceversa, noi abbiamo proposto di valutare nel loro insieme queste disposizioni che si sono succedute a cascata, al fine di raccordarne le indicazioni relative ad attività preventive e assistenziali urgenti con quelle relative a riorganizzazioni e riprogrammazioni strutturali, enfatizzando le possibili sinergie e limitando gli effetti di incoerenze e insufficienze eventualmente riscontrabili nel quadro delle disposizioni e in quello delle modalità attuative.
 
Questa valutazione viene fatta sotto un duplice aspetto.
 
L’aspetto giuridico normativo che è trattato nel capitolo 2 e l’aspetto tecnico operativo o programmatico che è trattato nel capitolo 3.        
 
La seconda tematica, relativa al tema delle risorse finanziarie, è trattata nel capitolo 4 con un richiamo al tema “adeguatezza” del finanziamento del SSN, proprio in questo momento di eccezionale impegno operativo e, conseguentemente, di stress sotto il profilo economico finanziario ed organizzativo.
 
L’anno 2020: l’anno dei decreti-legge.
A partire dalla dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della sanità del 30 gennaio 2020, che ha dichiarato l'epidemia da COVID-19 un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale a carattere pandemico, il Governo haassunto iniziative per dichiarare lo stato di emergenza nazionale per sei mesi con una prima delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, poi prorogata con successivi provvedimenti fino al 31 gennaio 2021.
 
Con il loro susseguirsi i decreti-legge hanno costituito la "base" legislativa per l'emanazione dei diversi D.P.C.M. che hanno disciplinato le diverse misure di contenimento dell’epidemia, quelle dirette a fronteggiare e gestire l’emergenza sanitaria, nonché le conseguenze economiche e sociali derivanti dall'adozione delle diverse misure restrittive.
 
Ai decreti-legge si sono affiancati, oltre i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, le ordinanze di protezione civile, le circolari e le ordinanze del Ministro della salute e i provvedimenti adottati dai Presidenti delle regioni e dai Sindaci.
 
Su tutto questo si è operata una riflessione, sotto il profilo giuridico, sui confini tra i diversi provvedimenti senza avere la pretesa di uno studio specifico, con un focus sull’assetto del territorio che ne scaturisce quando si procede a una lettura coordinata dei vari provvedimenti assunti in tale ambito.
 
Resta l’interrogativo del perché non si sia operato in funzione di una competenza esclusiva dello Stato prevista dall’articolo 117, secondo comma, lettera q) della Costituzione in materia di profilassi internazionale, che avrebbe consentito conseguentemente di adottare, con la potestà regolamentare esclusiva, decreti del Presidente del Consiglio dei ministri aventi efficacia vincolante sull’intero territorio nazionale.
 
Si sarebbero potute evitare le numerose disposizioni, che con un balletto di avanti e indietro hanno via via consentito e vietato agli amministratori locali di adottare ordinanze difformi o più restrittive di quelle nazionali.
 
Si sarebbe potuto garantire a livello uniforme sul territorio nazionale con una disposizione vincolante, coordinata con il D.P.C.M. dei Lea vigente, che in tutto il territorio nazionale fossero garantite le medesime modalità di assistenza in considerazione dell’evidente stato di gravità dovuto alla pandemia. Questi interrogativi restano, anche in considerazione del fatto che la pandemia è stata considerata come” un evento calamitoso dovuto a cause naturali” in funzione del dettato del codice di protezione civile, ma è tuttora solo un evento calamitoso, che senz’altro richiede il supporto di mezzi straordinari, ma la cui incertezza nella durata, porterebbe a riflettere sull’uso della decretazione d’urgenza al di là del suo stesso significato.
 
Effetti strutturali della decretazione d’urgenza.
Con la serie di decreti-legge approvati in materia di emergenza sanitaria COVID sono state adottate una serie di misure che nel loro insieme configurano un complesso mosaico nel quale confluiscono e si confondono almeno cinque linee dispositive che sono finalizzate a:
1) Supportare con disposizioni legislative le necessarie misure di sanità pubblica che hanno assunto una rilevanza straordinaria come straordinaria è stata la contagiosità e la patogenicità della malattia CoViD-19 provocata SARS-CoV-2
 
2) Dare indicazioni in materia di regolamentazione delle procedure di diagnosi e cura per il CoViD 19, che fossero rapide e vincolanti per le strutture e le varie figure professionali coinvolte
 
3) Introdurre con rapidità modifiche su singoli aspetti del quadro normativo e regolamentare vigente in materia di servizi e prestazioni sanitarie
 
4) Disporre adeguati e straordinari finanziamenti
 
5) In connessione con il punto 3 introdurre innovazioni in grado di facilitare l’azione di contrasto al CoViD 19
 
Nel nostro Approfondimento, il nostro scopo era quello di esaminare gli effetti delle disposizioni legislative urgenti con effetti sulla organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale o di alcuni rilevanti singoli setting assistenziali. Per fare questa descrizione abbiamo fatto ricorso alla predisposizione di dieci schede il cui contenuto è di tipo diversificato: un settore assistenziale ovvero una tipologia di servizio, ovvero figure professionali ovvero ulteriori aspetti.
 
Le tematiche affrontate sono state le seguenti:
1. Potenziamento dell’Assistenza territoriale
2. Salute mentale
3. Distretti
4. Il Privato accreditato
5. I Medici di famiglia e le Unità speciali di continuità assistenziale
6. Liste di attesa 
7. Laboratori di microbiologia
8. Le strutture residenziali
9. Il Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, le strutture residenziali, le liste da attesa
10. Agenas
 
Ospedale e territorio
Il quadro delle disposizioni normative a partire da maggio 2020 ha confermato la linea, già adottata dal Governo del potenziamento dell’assistenza territoriale, attraverso la prevista adozione da parte delle Regioni di specifici Piani e Programmi operativi.
 
I Piani di assistenza territorialedevono contenere specifiche misure di identificazione e gestione dei contatti, di organizzazione  dell’attività di sorveglianza attiva, effettuata a cura dei Dipartimenti di Prevenzione in collaborazione con i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale, nonché con le Unità speciali di continuità assistenziale, al fine di  un monitoraggio costante e di un tracciamento precoce dei casi e dei contatti, della relativa identificazione, dell'isolamento e del trattamento.
 
Gli interventi successivi confermano la linea prevedendo che a questi si affiancano Piani di riorganizzazione dei distretti e della rete assistenziale territoriale e della salute mentale.
 
È stata prevista la costruzione di una rete di servizi e di strutture di prossimità, che costituiscono una sperimentazione innovativa dotata di uno specifico budget, ma con una diretta applicazione nel campo dei servizi per la salute mentale,  con un’ottica che sembra disegnare una integrazione degli interventi sul territorio con il coinvolgimento del terzo settore, del volontariato e delle associazioni di utenti fino al sostegno all'inclusione socio-lavorativa e alla condizione abitativa. mediante il ricorso a strumenti innovativi quale il budget di salute individuale e di comunità
 
Questi interventi di contesto vanno analizzati nella loro interrelazione normativa, organizzativa e di coerenza degli interventi, salvo una valutazione sul reale stato di attuazione delle disposizioni adottate in tutte le regioni a garanzia dell’uniformità dell’erogazione dei Lea.
 
L’analisi condotta nell’Approfondimento si estende alle attuali funzioni dei Distretti sanitari e alle modifiche che sono state apportate al Dlgs n.502/1992, agli interventi disposti per il privato accreditato per fare fronte alla situazione di emergenza ospedaliera e alle diverse modalità di remunerazione delle funzioni assistenziali, fino alla possibilità di costituire aree sanitarie temporanee.
 
Un ruolo rilevante è quello assegnato ai medici di famiglia e pediatri di libera scelta in relazione con le USCAUnità speciali di continuità assistenziale.
 
Sulla base di quanto rilevato nelle singole schede e degli elementi di carattere giuridico normativo su cui è stata costruita la risposta del SSN all’impatto della pandemia di CoViD-19, si è valutato l’impatto operativo e/o assistenziale di carattere sistemico. In particolare, abbiamo valutato la risposta in ambito ospedaliero e quella in ambito territoriale. Il che ha significato porre attenzione alle indicazioni fornite per i piani di riorganizzazione della rete ospedaliera e della rete territoriale, che sono un adempimento cui le regioni devono provvedere.
 
Per quanto riguarda l’ambito ospedaliero, la risposta di medio e lungo periodo è stata diretta verso un principale obiettivo: incrementare del 70% i posti letto di terapia intensiva con uno standard di 0,14 posti letto/mille ab. con la riqualificazione di 4.225 p.l. di area semintensiva dotandoli di impianto idoneo a supportare la ventilazione assistita, con una quota parte (50%) convertibile in area intensiva. Ulteriori interventi prevedono la disponibilità a livello nazionale di 4 strutture movimentabili ciascuna con 75 p.l., la ristrutturazione dei Pronto soccorso, i mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari e per i trasporti interospedalieri.
 
Le criticità che abbiamo rilevato riguardano i seguenti elementi: 1. a parte la rituale dichiarazione che ogni regione deve aver fatto sul rispetto delle indicazioni fornite dal Ministero con un’apposita circolare, non sono noti i criteri che il Ministero della salute ha seguito per procedere all’approvazione delle proposte regionali; 2. non sono chiari i rapporti tra questa programmazione e la programmazione che ogni singola regione ha operato o sta operando in applicazione del DM 70/2015. Un elemento di disorientamento deriva dal fatto che nella apposita circolare del Ministero della salute per dare indirizzi alle regioni sul tema della organizzazione ospedaliera non vi è alcun posizionamento rispetto allo stesso DM 70.
 
Per quanto riguarda l’ambito territoriale,abbiamo ricapitolato icontenuti tecnico organizzativi che sono richiamati da una o più disposizioni emergenziali. In base ad essi andava formulato il Piano di potenziamento delle reti territoriali. Qui ne riportiamo solo l’elencazione ma nell’Approfondimento tali contenuti sono accompagnati da una serie di notazioni tecniche per la relativa programmazione e gestione.
 
- Implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata – ADI
- Acquisizioni di immobili tramite Requisizioni
- L’infermiere di quartiere
- USCA
- Servizio sociale
- Centrali operative regionali
- Strutture di prossimità
- Residenze Sanitarie Assistenziali
- Reti di microbiologia
- Incremento dell’assistenza specialistica 
- Attivazione di aree sanitarie temporanee 
- Riduzione delle liste di attesa   e il relativo Piano Operativo Regionale per il recupero delle liste di attesa, da inserire nel Programma Operativo per la gestione dell'emergenza da COVID-19.
 
Abbiamo provato a raggruppare in una riflessione unitaria i vari” pezzi” del variegato assetto della rete assistenziale territoriale, al fine di sollecitare una progettualità più articolata. Abbiamo perciò prodotto uno schema nel quale esponiamo una visione di come un piano di potenziamento della rete territoriale potrebbe essere formulato.
 

 
Il significato che potrebbe assumere il Piano per il potenziamento della rete territoriale
Il tema generale è quello del ruolo che tutta la filiera dei servizi territoriali è chiamata a svolgere nel contrastare la pandemia e della opportunità che questa mobilitazione oggi utilizzata per il COVID sia poi mantenuta non solo per recuperare i ritardi assistenziali accumulatosi sul versante dell’assistenza ordinaria ma anche per migliorare a regime i processi di presa in carico delle fasce di popolazione a rischio.
 
Il punto di partenza non può che essere la previsione dell’articolo 1, comma 1 della legge 77/2020 e il ruolo peculiare giocato dalle cure primarie (termine che si stenta a trovare nelle proposte del Governo).
 
Intorno a questo va costruita quella integrazione forte che a partire dai medici di famiglia sia il fondamento cui ancorare gli interventi ambulatoriali, quelli domiciliari. quelli semiresidenziali e quelli residenziali. Fino a comprendere l’assistenza in strutture intermedie o presso strutture cosiddette di prossimità
 
I problemi di finanziamento del SSN connessi al COVID
Schematizzando si possono individuare tre fasi:
- la fase che ha preceduto l’impatto COVID, nella quale la sottrazione di risorse a danno del SSN, negli ultimi sei/sette anni, ha contribuito a determinare un deficit di resilienza della Sanità italiana rispetto alla pandemia
 
- la fase attuale di gestione dell’emergenza, in cui un rilevante apporto di risorse è avvenuto
 
- la fase che verrà, rispetto alla quale non si hanno elementi di certezza circa la priorità (effettiva e non conclamata) che verrà data al finanziamento degli interventi di promozione della salute, di riqualificazione della rete assistenziale e di investimento nella filiera italiana connessa alla ricerca, produzione e qualificazione degli interventi in campo sanitario
 
Il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale che si sta consolidando per il 2020 e si va delineando per il 2021 riflette due scelte che sono state operate.
 
La prima si riferisce alla decisione di:
- confermare quanto previsto dall'art. 1, co. 514-516 della legge n. 145 del 2018 e reso operativo con la sottoscrizione del Patto per la salute 2019-2021. Ciò ha significato nel triennio incrementare l’importo di 114.439 milioni di euro del 2019, di 2.000 milioni per il 2020 e di ulteriori 1.500 milioni per il 2021.
 
- mettere a disposizione un’ulteriore quota pari a 10 milioni di euro, per effetto del comma 518 del medesimo articolo della legge di bilancio 2019, finalizzata a un corrispondente aumento delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale, per l'attivazione di un maggior numero di borse di studio per la formazione specifica di medici di medicina generale.
 
La seconda scelta è stata quella di reagire all’avvenuto impatto COVID , prospettando,  già nella  definizione del Documento di economia e finanza 2020 (DEF 2020) , la messa disposizione di ulteriori risorse per il SSN.
 
Prima di ricordare l’ammontare di tali risorse aggiuntive, va evidenziato come la loro entità complessiva non è stata fissata sulla base di un’idea programmatica o progettuale organica, che poteva esser fatta coincidere con i programmi operativi di cui all’articolo 18 del decreto-legge n. 18/2020, agli articoli 1 e 2 del decreto n.34/2020 e anche agli articoli 29 della legge 126/2020.
 
In altre parole, la scelta è stata quello di procedere a “spicchi”, per cui la complessiva dotazione di risorse aggiuntive appare come una sommatoria di finalizzazioni molto specifiche rivolte a sostenere singoli fattori produttivi (le risorse umane, anzi le singole figure professionali, i dispositivi medici, i farmaci, ecc.).
 
In ogni caso, per gli anni 2020 e 2021 il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è stato rivisto in aumento, sulla base di specifiche determinazioni contenute nei provvedimenti legislativi urgenti connessi al controllo e al contrasto della pandemia Il quadro risultante è quello rappresentato in tabella 2 (la numerazione delle tabelle è quella del testo integrale dell’Approfondimento).
 
Complessivamente il livello di finanziamento del SSN ha un incremento del 3,6 per cento rispetto al 2019. Il trascinamento di tale maggior livello di finanziamento  nel 2021 sarà solo parziale.
 

 
 
La tabella che segue si riferisce ad un ulteriore aspetto: la differenza tra spesa autorizzata e corrispondente livello del finanziamento.

(milioni di euro)
 
La Corte dei conti (dalla cui  Memoria  sul bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 i dati delle tabelle 2 e 3 sono tratti con modifiche) valuta che la normativa emergenziale COVID nel corso del 2020 ha autorizzato una maggiore spesa per il 2020 e il 2021 rispettivamente per 3,7 e 1,7 miliardi. Per il 2020 vi è una corrispondenza tra aumento del finanziamento e maggior fabbisogno, tranne che per la spesa per l’esecuzione di tamponi rapidi da parte dei Medici di medicina generale e dei Pediatri di libera scelta che grava sul finanziamento già accordato. Invece per il 2021 l’adeguamento è stato solo parziale in quanto la maggior spesa autorizzata di circa 1,6 miliardi trova una corrispondenza solo parziale nel maggior finanziamento disposto che è stato pari solamente a 500 milioni. 
 
La situazione è presentata nella tabella 3 (qui sopra).
 
Nel commentare questa situazione la Corte dei conti invita a tener conto che molte delle attività e delle iniziative previste e corredate della necessaria autorizzazione alla spesa segnano un forte ritardo.
 
Questo ritardo riguarda:
- la presentazione da parte delle regioni del piano per la revisione dell’assistenza territoriale prevista dall’articolo 1 del decreto-legge 34/2020
- l’attuazione piena dei piani regionali per il recupero delle liste d’attesa
- l’attivazione piena delle Unità speciali di continuità assistenziale
- la effettiva implementazione della figura e dl ruolo dell’infermiere
 
La stessa Corte ha in astratto rilevato che, dal punto di vista meramente finanziario, la parziale scopertura delle misure, prima evidenziata, potrebbe essere compensata dalle economie di risorse derivanti dalla ritardata attuazione delle misure. Ma la Corte ha anche segnalato i problemi che si determinerebbero in termini di contabilità economica e di aumento dell’indebitamento netto per 2021. Ciò perché si tratta di economie di risorse destinate all’attuazione di disposizioni non impegnate nel 2020.
 
Infine, la Corte esprime un severo monito segnalando che sul prossimo esercizio andranno a gravare, inoltre, i costi per il recupero del forte rallentamento dell’attività registrata nel 2020. Il rinvio dell’attività ospedaliera e di quella specialistica e ambulatoriale ordinaria, evidente nei “risparmi” rilevati nei costi delle aziende sanitarie, è destinata a tradursi in fabbisogni aggiuntivi nel prossimo anno.
 
Quali conclusioni
Governo e Parlamento attraverso una serie di decreti-legge hanno approvato disposizioni urgenti per supportare il Servizio Sanitario Nazionale nella difficile situazione provocata dal diffondersi delle infezioni da SARS-CoV-2, ponendo l’attenzione sulle molteplici misure che sono state adottate.  Al riguardo è utile richiamare le osservazioni che recentemente abbiamo proposto nel volume e-book sui LEA e sull’impatto della pandemia da CoViD 19.
 
Tali osservazioni erano riassunte nello schema qui riportato. Si tratta di alcuni fattori che incideranno sul futuro del Servizio sanitario nazionale e sulla sua capacità di risposta nei nuovi scenari epidemiologici e assistenziali.
 

 
Ulteriori considerazioni che possono farsi sono le seguenti.
 
Quella in atto si è confermata come la prova più difficile che il nostro SSN ha dovuto affrontare.
 
Il variegato quadro normativo che ne sta emergendo è determinato dalla serie di decreti -legge connessi alla emergenza sanitaria COVID quale risultante delle  cinque linee dispositive già evidenziate nella prima parte d questo scritto (1. Supporto misure di sanità pubblica; 2.Regolamentazione delle procedure; 3. Straordinari finanziamenti; 4. Innovazioni utili a contrastare la pandemia; 5. Modifiche del quadro normativo del SSN).
 
 
In relazione ai punti 4 e 5 qui sopra riportati si può dire che la scelta degli attori politici sulle problematiche da affrontare in Parlamento ha in un primo momento seguito il criterio della urgenza, ma poi successivamente il criterio della urgenza è stato sempre più integrato e sostituito da un criterio misto di opportunità:
- un’opportunità virtuosa in base alla quale si è inteso approfittare di una fase di plasticità del sistema per introdurre elementi innovativi già maturi come elaborazione e come concertazione tra il livello nazionale e quello regionale;
- un’opportunità non virtuosa, in base alla quale, per una scelta politica, è parso ci si volesse avvalere dei tempi ristretti di approvazione parlamentare per introdurre nel sistema elaborazioni ed elementi innovativi non ancora maturi.
 
I redattori dei dossier parlamentari, cui abbiamo fortemente attinto per avere informazioni e documentazione, quando si sono trovati a documentare proposte riferibili a quest’ultima fattispecie (tematiche non mature) hanno fatto un generico richiamo a una volontà di accelerare alcuni impegni del Patto per la salute 2019-2021. Il problema è che una rapida lettura di tale Patto, se paragonato ad altri precedenti Patti, ne svela, in alcuni tratti, la superficialità di approccio, l’assenza di un’idea programmatica e sistemica e il suo aspetto strumentale, quasi solo finalizzato a ottenere lo subloco delle risorse aggiuntive, ottenute per innalzare il livello di finanziamento del fabbisogno del SSN.
 
Ciò senza tenere conto, che, a differenza dei Patti precedenti, quanto previsto, laddove possibile, non ha trovato seguito in formali impegni normativi proprio in alcuni punti legati alla garanzia dei LEA. In tema di sviluppo delle reti territoriali e del riordino della medicina generale si conveniva sul “completamento del processo di riordino della medicina generale e della pediatria di libera scelta, favorendo l'integrazione con la specialistica ambulatoriale convenzionata interna e con tutte le figure professionali, compresa l'assistenza infermieristica di famiglia/comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone”.
 
Purtroppo, è proprio tale sistema intorno alla Medicina generale e alla Pediatria di libera scelta, che si è rivelato uno degli anelli deboli della catena ed è proprio tale sistema invece il fulcro intorno al quale dovrebbe articolarsi la rete assistenziale primaria integrata e dovrebbero definirsi i processi di presa in carico della persona. Per processi di presa in carico intendiamo il possibile adattamento dei Livelli essenziali di assistenza alle peculiari esigenze che il singolo paziente esprime nell’avvalersi delle prestazioni (singole o aggregate) erogabili ai sensi del DPCM sui LEA.  Senza questo fondamentale tassello, che senso ha riaffrontare in termini astratti il tema del Distretto?
 
Complessivamente si sente la mancanza di una visione complessiva e sistemica che tenga conto del fatto che l’impatto della pandemia sul SSN ha sconquassato tutta la filiera di servizi, attività e interventi, bloccando l’accesso ai servizi sanitari dei pazienti portatori di cronicità, di fragilità, di precario controllo dei fattori che possono in pochi giorni far emergere scompensi acuti o aprire la strada a rapidi peggioramenti del residuo stato di salute. Sicuramente l’emergenza sanitaria che il Paese ha dovuto affrontare non poteva consentire nell’immediato di avviare processi di riordino di settori quali quello della medicina generale e della pediatria di libera scelta.
 
Tuttavia, dopo un anno di legislazione emergenziale, sarebbe utile una riflessione su come avviare questo processo. Tutti gli sforzi sinora compiuti dovrebbero confluire in una direzione che ne possa consentire il governo, soprattutto e anche in termini di finanziamento sul lungo periodo, in vista della necessità di un più stringente monitoraggio di nuovi impegni assistenziali come quello per la campagna vaccinale Covid 19.
 
Tutto ciò è, infatti, condizionato dal fatto che, appunto, il tema di un adeguato finanziamento del fabbisogno del SSN è ancora del tutto aperto, se si tiene conto che l’incremento di tale finanziamento per il 2020 si sta rivelando come non strutturale ma episodico.  Un segnale che conferma questa preoccupazione viene da Palazzo Chigi: ci riferiamo alla dimensione molto modesta che sulle risorse del Recovery Fund sembra potrà avere la presenza della sanità tra i settori che godranno di queste risorse straordinarie.
 
Un ulteriore elemento di riflessione su un aspetto istituzionale: la collaborazione tra Stato e Regioni su queste tematiche sembra aver toccato i punti più alti e al tempo stesso i punti più bassi. Il confronto è stato spesso tutto politico e poco istituzionale.
 
Si era invocato un affiancamento, fatto di un’azione certo faticosa ma molto proficua di continuo confronto sul piano tecnico istruttorio. Ma poco si è visto in questo senso. La fase di definizione dei programmi operativi e dei piani di riorganizzazione (art. 18 del decreto-legge 18/2020 e artt. 1 e 2 del decreto-legge 34/2020) è stata un’occasione mancata.
 
Per chiudere, l’analisi seppur sommaria della legislazione fin qui adottata, con tutti i risvolti sulla decretazione d’urgenza nei rapporti Stato-Regioni, lascia aperti due interrogativi: il primo sul parallelismo tra la tutela della salute cui sono chiamate le Regioni nell’organizzazione dei servizi e la potestà esclusiva dello Stato nella determinazione dei livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti in maniera uniformesull’intero territorio nazionale più che mai in una situazione di emergenza sanitaria, il secondo sul raccordo tra la normativa inerente le emergenze sanitarie nazionali e internazionali e quella sulla protezione civile che va migliorato nella definizione della catena di comando e delle relative responsabilità.
 
Filippo Palumbo e Maria Giuseppina La Falce  
 
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