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Giovedì 21 GENNAIO 2021
Contenzioso legale nel post Covid: la legge Gelli-Bianco non basta più



Gentile Direttore,
il contenzioso medico legale per presunti casi di malasanità, in Italia, raggiunge da anni numeri importanti ed è contemplato anche nell’ambito del Risk Management delle professioni sanitarie come un rischio correlato alla maggiore litigiosità medico-legale indotta, con la prospettiva di rimborsi significativi.
 
I dati dell’ ANIA relativi all’anno 2019 confermano questo rischio:
- 40% di richieste non supportate da evidenze clinico-procedurali;
- 10% di richieste sulla base di dichiarazioni artefatte o false;
- 3% di richieste basate su errori procedurali del personale.
 
A questi dati vanno aggiunti i seguenti due elementi prepandemia:
- nel 20% dei casi in cui viene accertata la responsabilità del medico, il paziente viene liquidato con un risarcimento di 2/3 inferiore rispetto alla cifra inizialmente richiesta;
- le assicurazioni immobilizzano il capitale richiesto nel bilancio, anche se non lo utilizzano. In seguito a ciò, dopo due o tre procedimenti legali, anche non conclusi con sentenze passate in giudicato, si prevede per il medico un contratto più oneroso, anche se egli è ancora formalmente non colpevole.
 
Nel 2020 (periodo 1 gennaio-19 novembre) le spese legali per contenziosi prepandemia, a seguito di sentenze sfavorevoli per gli esercenti le professioni sanitarie, sostenute dal comparto ammontano a oltre 166 milioni di euro, pari a circa 513 mila euro al giorno, con un esborso medio annuo per la struttura sanitaria pari a oltre 831 mila euro.
 
Alla luce di questi dati, nell’ attuale fase Covid questa problematica, se non affrontata in modalità proattiva, si trasformerà in numerosi contenziosi medico-legali tra esercenti le professioni sanitarie e strutture sanitarie e socio-sanitarie da una parte e pazienti o loro parenti dall’ altra, con un enorme aggravio per i tribunali e un’ ulteriore grande falla del debito pubblico nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale, già così duramente colpiti.
 
L’analisi di tale situazione indica che la pandemia da Covid-19 ha aumentato in maniera esponenziale le richieste di risarcimento, soprattutto nella seconda ondata, che saranno ulteriormente implementate dalla messa in discussione da parte dei no vax delle terapie mediche anticovid 19 messe in atto e e in particolare nei confronti delle vaccinazioni e della Scienza e Ricerca Medica in generale.
 
Il problema della responsabilità dei medici e delle strutture sanitarie durante il Covid 19 è stato affrontato in numerose conferenze online, anche in questi giorni, ma purtroppo non ha ancora visto soluzioni. I prossimi procedimenti giudiziari vedranno come protagonisti gli esercenti le professioni sanitarie, impegnati a difendersi da accuse di malpractice legate alla novità della patologia, alle poche - spesso confuse e contraddittorie - conoscenze scientifiche disponibili, alla mancanza di dispositivi di protezione adeguati, all’assenza di una preventiva formazione, ma soprattutto alle manifeste carenze organizzative. Bisogna a questo punto chiedersi se la Legge Gelli-Bianco sia adeguata all’emergenza pandemica che stiamo vivendo.
 
Riteniamo che - condividendo il punto di vista di alcuni illustri giuristi – tale normativa abbia avuto il grande pregio di riordinare la materia sotto il profilo dell’ obbligo assicurativo per le strutture e dell’ importanza delle linee guida, ma pensiamo altresì che, soprattutto dal punto di vista penale, la norma cardine, l’ art. 590 sexies c.p., si sia rivelata inappropriata allo stress test del Covid-19.
 
Infatti con riferimento all’emergenza la norma è inadeguata sotto l’ aspetto della eventuale responsabilità del medico; nel caso del Covid non esistono attualmente linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali consolidate, avvalorate da dati certi e inequivocabili e da evidenze scientifiche incontrovertibili. I sanitari non possono diventare da eroi a capri espiatori; pertanto è arrivato il momento di correggere la parte penalistica della Legge Gelli-Bianco.
 
Limitare la causa di non punibilità solo all’ imperizia è sbagliato; è necessario comprendere tutte e tre le forme della colpa, imperizia, imprudenza e negligenza, e parlare di punibilità solo nel caso di colpa grave. Corre l’ obbligo di rammentare che il tema della responsabilità degli operatori sanitari nella fase del Covid 19, che avrebbe dovuto essere inserito nel D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”) - analogamente a quanto tempestivamente fatto negli U.S.A. - è stato abbandonato per l’ introduzione di un discutibile emendamento che tentava di estendere l’ esclusione della punibilità anche alle strutture sanitarie e socio sanitarie, pubbliche e private, ed alle figure professionali tecnico-amministrative del Servizio Sanitario. E’ assolutamente necessario, pertanto, intervenire con urgenza per non implementare il contenzioso e proteggere i sanitari che hanno operato con spirito di abnegazione in prima linea, approvando la norma di protezione inizialmente prevista nel D.L. 17 marzo 2020.
 
Prof. dott. Pietro Pugliese
Medico specialista in Anestesia e Rianimazione e terapia del dolore
Medicina Aeronautica e Spaziale
vis. Prof.docente Gestione del Rischio clinico
Scuola di Specializzazione Anestesia e Rianimazione Università Campus Biomedico Roma
Consunte tecnico di ufficio e perito Anestesia e Rianimazione
Tribunale di Treviso
Mediatore professionista per responsabilità medica e sanitaria

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