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Mercoledì 27 GENNAIO 2021
Tamponi rapidi: grande difformità nei risultati e otto Regioni non forniscono i dati dei referti 

Questo quanto risulta dalla lettura dei bollettini quotidiani sull'andamento della pandemia che dal 15 gennaio contengono anche i dati sul numero dei tamponi antigenici rapidi e dei relativi casi di positività riscontrati. L'assenza dei dati di 8 Regioni (il Veneto li ha inseriti solo oggi) e l'estrema variabilità del tasso di positività tra una regione e l'altra di questo esame (si passa dall’11% di Trento allo 0,02 della Sardegna), potrebbero influenzare in negativo il rapporto positivi/tamponi complessivo nazionale

Da quando il 15 gennaio scorso nel bollettino Covid giornaliero hanno fatto il loro ingresso i test rapidi antigenici la percentuale di positivi/tamponi complessiva (molecolari più antigenici rapidi) è scesa di molto e questo proprio al computo di ulteriori 1.355.264 tamponi rapidi (dato aggiornato al 27 gennaio) da cui sono emerse solo 12.634 positività, appena lo 0,9% rispetto all'8,2% di positività riscontrabile ad oggi sul totale dei 30.255.759 test molecolari effettuati sempre fino ad oggi.
 
Il basso tasso medio nazionale di positività con gli antigenici è però anche dovuto al fatto che ben 8 Regioni non hanno reso noti i loro dati sui risultati di questi test e in fatti dal 15 gennaio la loro colonnina corrispondente indica un bel "0".
 
Fino a ieri, tra queste regioni, c'era anche il Veneto (dal 15 gennaio ha fatto 298.000 tamponi antigenici, il numero più alto in Italia) che invece oggi ha inserito, tutti insieme, un totale di 1.498 casi positivi, pari allo 0,5% del totale dei tamponi refertati con l'antigenico e relativi al periodo 16/27 gennaio.
 
Le Regioni che continuano a non segnalare i loro positivi tracciati con l'antigenico sono la Sicilia che ne ha fatti dal 15 gennaio ben 209.469, la Liguria con 29.483 test rapidi, le Marche (20.357 test), l'Abruzzo (53.009 test), l'Umbria (22.583 test), la Basilicata (1.542 test), il Molise (198) e la Valle d’Aosta (589).
 
Un altro aspetto da valutare è anche quello dell'estrema variabilità nei tassi di positività degli antigenici. Nelle Regioni che indicano il dato si passa infatti da un tasso di positività dell'11% nella pa di Trento allo 0,02% della Sardegna. E in mezzo valori molto diversi tra una Regione e l'altra: Friuli Venezia Giulia, 6,9%; Bolzano 5,5%; Campania 5,4%; Puglia, 2; Piemonte e Lombardia 1%; Veneto 0,5%; Lazio 0,4%; Calabria 0,2%; Toscana 0,1% ed Emilia Romagna 0,05%.
 
Insomma è del tutto evidente che, se è indubbio il fatto che l’ingresso dei test rapidi abbia contribuito ad abbassare di molto la percentuale di positivi/tamponi, uno degli indicatori su cui tra l’altro si basa il monitoraggio settimanale attraverso il quale si stabiliscono gli indici secondo cui una Regione viene collocata nelle zone bianca, gialla, arancione o rossa, restano dubbi legittimi su questi dati sia per la mancanza di quelli relativi a 8 Regioni sia per la variabilità dei tassi di positività.
 
Due elementi che a questo punto non possiamo dire quanto incidano ai fini del calcolo medio nazionale del tasso di positività complessivo che ogni giorno viene messo in risalto da tutti i media, noi compresi.
 
Insomma dovremmo andarci più cauti con questi dati considerando anche il fatto che molti dei test rapidi effettuati sono di screening e di più facile accesso e quindi è molto probabile che il rapporto test/positivi risulti molto basso in alcuni casi perché le persone che si testano non sono per forza soggetti a rischio. E c'è anche il fattore che riguarda la qualità dei test rapidi. I migliori sono quelli di ultima generazione ma le Regioni non comunicano la tipologia precisa.
 
E poi c'è anche il problema di aggiornare i sistemi informativi in virtù della nuova possibilità di usare i test rapidi per la definizione dei casi com’è successo col Veneto oggi che dopo 10 giorni ha finalmente introdotto nel bollettino i casi identificati col test rapido.

Luciano Fassari

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