quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 10 FEBBRAIO 2021
Per l’affermazione delle donne, anche in sanità, sì alle quote rosa



Gentile Direttore,
le donne continuano ad avere nella nostra società un ruolo molto marginale. Questo,  pur essendo vero in generale, assume degli aspetti particolarmente rilevanti in Italia dove è decisamente raro trovare una donna ai vertici delle Istituzioni: è di questi giorni la nomina di un premier donna in Estonia, che fa seguito alla nomina di molte altre donne premier in Europa: Lituania, Norvegia, Danimarca, Finlandia (dove è stata eletta la più giovane premier donna), senza contare la Germania dove la Merkel è in carica da molti anni e la stessa Unione Europea che è attualmente in mano a delle donne.
 
L’Italia sembra essere indietro di secoli rispetto agli altri paesi europei. E’ urgente quindi porre dei rimedi che sblocchino questa situazione sempre più insostenibile che fa della differenza di genere una causa di diseguaglianze: di trattamento economico, di possibilità di carriera, di libertà di espressione…
 
Le ripercussioni di questo sono visibili in tutti i settori e in sanità sembrano particolarmente accentuate.
L’equilibrio di genere nei ruoli in sanità è un tema che sta assumendo sempre una maggiore attenzione a livello globale, fino a diventare questione di health policy, come dimostra lo studio pubblicato su The Lancet finalizzato ad identificare possibili azioni volte a ridurre il gender gap nei ruoli di leadership nel settore della salute (Mathad et al, 2019)
 
Un’analisi condotta dall’ANAAO (2016) sul diversity management ha messo a fuoco alcune delle difficoltà di carriera più frequenti per le donne medico intervistate: per il 56% l’avere figli ha reso necessario ridimensionare il proprio percorso di carriera, a fronte del 16% tra i medici uomini., inoltre l’80% dei medici donna ritiene di essere stata svantaggiata rispetto ai colleghi di sesso maschile nell’accesso ai ruoli apicali.
 
La cura dei figli è in massima parte ancora lasciata primariamente alle donne e chi governa la sanità, sia a livello nazionale che regionale ,appare molto poco interessato a venire loro incontro e ad offrire servizi congrui come asili nidi ed orari di lavoro flessibili.
 
Nonostante oggi vi sia una femminilizzazione della professione medica (in Italia le donne medico sono ben oltre il 60%), gli organi istituzionali non ne tengono conto e il lavoro continua ad essere ancorato a vecchi schemi organizzativi e di gestione del personale.
 
Ma è anche e primariamente un problema culturale che investe la donna lungo tutto il ciclo di vita professionale. La nostra società è condizionata da stereotipi che relegano le donne alla cura e gli uomini al potere.
 
Siamo cresciuti per lo più con modelli familiari in cui il padre portava a casa i soldi e la mamma ci accompagnava a scuola e ci aiutava nei compiti.
I nostri figli .solo ora e almeno in parte, stanno cominciando a vedere questo modello cambiare anche se ancora adesso ci congratuliamo con un uomo se sa stirare una camicia o cambiare un pannolino mentre è impensabile che non lo sappia fare una donna.
 
Dobbiamo cambiare una cultura che a tutt’oggi è ostile per le donne.
Per far questo ci vogliono uomini nuovi che sappiano riconoscere il valore delle donne, che non ne siano intimoriti o preoccupati di perdere parte del loro potere, che non abbiano pregiudizi (le donne sono isteriche, piagnucolone..).
 
Questo tipo di cambiamento però in Italia sta richiedendo tempi molto lunghi e perché le donne comincino ad avere la stessa opportunità di carriera dei colleghi maschi in tutti i settori della sanità è necessaria l’ introduzione di politiche sociali ed aziendali che incentivino le donne interessate e competenti ad essere presenti nei tavoli decisionali, protagoniste di una nuova leadership.
 
Credo fermamente nella meritocrazia come valore fondamentale ma sono altresì convinta che le donne da sole non ce la possono fare.
 
Ecco perchè sono d’accordo con quanto ipotizzato dalle colleghe Donatella Noventa e Ornella Mancin in Quotidiano Sanità (11 e 19 gennaio scorsi)
Per far si che le donne possano arrivare ad occupare i tavoli decisionali, oltre alla loro competenza professionale ci sarà bisogno di avere ed utilizzare strumenti come quello delle quote rosa che potranno accelerare il processo di cambiamento auspicato.
 
Franca Turatello
Specialista ambulatoriale
Padova

© RIPRODUZIONE RISERVATA