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Martedì 05 GIUGNO 2012
Linfomi non-Hodgkin. Bendamustina e rituximab meglio dello standard di cura

Uno studio presentato al congresso dell’ASCO. Con l’associazione di bendamustina e rituximab la sopravvivenza libera da progressione è più che raddoppiata per questa neoplasia che è la quinta più diffusa in Europa e la quinta causa di morte per cancro. Il trattamento potrebbe diventare il nuovo standard.

“L’attuale trattamento standard con CHOP-R (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone e rituximab) è frequentemente associato a gravi eventi avversi e maggiori effetti collaterali rispetto a bendamustina associata a rituximab (B-R). Ecco perché questa associazione potrebbe diventare diventare il nuovo trattamento standard in prima linea per i pazienti con linfomi non-Hodgkin indolenti”. Parole di Mathias J. Rummel, direttore del Dipartimento di Ematologia presso l’Ospedale Universitario di Giessen in Germania che nel corso dell’ultimo congresso annuale della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) ha così presentato i dati aggiornati dello studio StiL NHL1, che metteva a confronto le due terapie nei pazienti con linfomi indolenti e mantellari di nuova diagnosi, precedentemente non sottoposti ad alcun trattamento. In particolare la terapia con B-R sarebbe più efficace e meglio tollerata dell’attuale standard di trattamento CHOP-R, e la sopravvivenza libera da progressione di malattia più che doppia (69,5 verso 31,2 mesi) nel primo caso rispetto al secondo.
 
Lo studio StiL NHL1 è un trial randomizzato, multicentrico, di fase III, che valutava nello specifico il trattamento di prima linea dei linfomi non-Hodgkin indolenti e mantellari. Lo studio ha coinvolto numerosi centri del gruppo tedesco StiL (Study Group Indolent Lymphomas) e, come obiettivo primario, prevedeva il miglioramento della sopravvivenza libera da progressione di malattia (progression free survival o PFS). Questi tipi di linfoma rappresentano i tumori ematologici più frequenti e il non-Hodgkin è la quinta neoplasia più diffusa in Europa, con un picco di incidenza sopra i 70 anni di età, nonché anche la quinta causa di morte per cancro.
Si presenta tipicamente con un ingrossamento, non doloroso, delle ghiandole linfatiche. Dal punto di vista clinico-patologico, i Linfomi non-Hodgkin si dividono in aggressivi e indolenti. I primi si caratterizzano per un esordio brusco e, se non adeguatamente trattati, hanno un decorso rapidamente fatale; se curati, hanno maggiori possibilità terapeutiche. I Linfomi non-Hodgkin indolenti, invece, presentano un decorso clinico lento e di solito asintomatico, con un andamento cronico-recidivante e poche possibilità di guarigione.
In particolare, il vantaggio significativo in termini di sopravvivenza libera da progressione di malattia osservato con B-R riguardava tutti i gruppi, indipendentemente dall’età dei pazienti e dal profilo prognostico. Dunque si riscontrava sia nei pazienti con linfomi follicolari (FL) – le forme più comuni di linfomi non Hodgkin indolenti – e tutti gli altri sottotipi istologici (tessuto linfoide associato alla mucosa, linfoma mantellare e piccolo linfoma linfocitico). Inoltre, il tasso di risposte complete era significativamente più elevato nel gruppo trattato con bendamustina-rituximab (39,8%) rispetto a CHOP-R (30%)
Per quanto riguarda il profilo di tollerabilità, nei pazienti trattati con la prima terapia rispetto a quelli che ricevevano il trattamento standard è stata riportata una minore frequenza di gravi effetti collaterali. Tra questi sono stati registrati neutropenia (29% vs 69%) e leucocitopenia (37% vs 72%). Il regime B-R era complessivamente meglio tollerato, riportando una minore incidenza di infezioni (96 vs 127 pazienti), di danni nervosi (18 vs 73 pazienti) e di stomatiti (16 vs 47 pazienti). Il solo effetto collaterale rilevato più frequentemente con la terapia B-R rispetto a CHOP-R è stato un rash cutaneo associato al farmaco (82 vs 38 pazienti).
 
“Qualora questo regime di trattamento dovesse essere approvato, è chiaro che la semplice associazione bendamustina-rituximab potrà offrire un’importante opzione di trattamento di prima linea per tutti i pazienti con linfomi indolenti”, ha commentato John Gribben del Barts Cancer Institute di Londra. “Bendamustina diventerà dunque con buona probabilità il farmaco di scelta da impiegare in associazione, nel trattamento di queste malattie”.

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