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Mercoledì 07 APRILE 2021
“L’ospedale San Giacomo di Roma non andava chiuso”. Sentenza shock del Consiglio di Stato che riapre la questione del nosocomio romano dismesso nel 2008

Per i giudici “la regola costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione non può avallare lo smantellamento di un servizio pubblico ospedaliero senza alcuna preventiva analisi ed adeguata motivazione in relazione al superamento dell'inefficienza e in particolare alla valutazione dell'interesse pubblico e degli interessi degli assistiti nel territorio”. E sulla sentenza ha pesato anche un vincolo di destinazione d'uso mai annullato e risalente al 1593. LA SENTENZA

L’ospedale San Giacomo di Roma non andava chiuso. A dirlo una sentenza del Consiglio di Stato che ha ribaltato la sentenza del Tar e ha accolto il ricorso di Maria Oliva Salviati il cui avo, il Cardinale Antonio Maria Salviati aveva ceduto nel 1593 l’immobile vincolandone l’uso a presidio ospedaliero. Il ricorso, patrocinato dall'avvocato Isabella Maria Stoppani, si è basato sull'illegittimita` della chiusura di servizi essenziali di altissima qualita`, essendo l'Ospedale San Giacomo inserito nel Piano Emergenza Massimo Afflusso Feriti. L'ospedale era stato chiuso nel 2008.
 
"Era stato omesso – spiega l'avvocato Stoppani – il riferimento alla circostanza che sull'immobile insiste un vincolo di destinazione imposto alla fine del 1500 dal Cardinale Antonio Maria Salviati. La sentenza ha riconosciuto l'interesse morale, giuridicamente qualificato della ricorrente, a che l'Ospedale San Giacomo sia utilizzato come Ospedale, nel rispetto della volonta` del suo avo".
 
Il Collegio ha ritenuto che “secondo i canoni di ragionevolezza e buon andamento, la discrezionalità amministrativa incontra nel caso in esame il limite derivante dalla “storica” destinazione dell’immobile a tale pubblica finalità, anche a prescindere dal profilo civilistico sollevato dalla Regione concernente l’attualità giuridica del vincolo di destinazione così risalente nel tempo, in quanto, proprio in ragione dell’importanza storica e morale della donazione e della destinazione nei secoli dell’immobile, la scelta dell’Amministrazione non potrebbe prescindere da adeguata ponderazione e bilanciamento dei vari profili di interessi implicati, di rilevanza sia pubblica che privata”.

La difesa della duchessa Salviati ha messo in evidenza la "contraddittorieta` e illogicita` dei provvedimenti impugnati, dimostrata anche dagli ingentissimi investimenti, in attrezzature e personale, effettuati proprio a ridosso della chiusura, quasi a voler predisporre poi una giustificazione di eccessiva onerosita` nel rapporto personale/pazienti ed il vuoto di assistenza territoriale". La decisione rileva che, in conformita` al Piano di Rientro Commissariale, si sarebbe potuto tutt'al piu` ridurre in piccola parte i posti letto esistenti.

Riguardo alla pretesa inefficienza della gestione, la sentenza chiarisce che "la regola costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione non può avallare lo smantellamento di un servizio pubblico ospedaliero senza alcuna preventiva analisi ed adeguata motivazione in relazione al superamento dell'inefficienza e in particolare alla valutazione dell'interesse pubblico e degli interessi degli assistiti nel territorio".

"La decisione – sottolinea Stoppani – ha ritenuto viziata la discrezionalita` amministrativa laddove ha mutato la storica destinazione dell'immobile sottraendolo alla sua finalita` pubblica e cio` anche a prescindere dall'adombrato sospetto che scopo della legge regionale 14/2008 e del provvedimento commissariale fosse quello di utilizzare l'immobile come mere rendite patrimoniali. La sentenza ritiene, infine, dimostrato che l'asserita riorganizzazione della rete ospedaliera non poteva ignorare le esigenze assistenziali del territorio e che la chiusura dell'attivita` del S. Giacomo, comunque, generava un vuoto di assistenza".

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