quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 08 APRILE 2021
La sanità alla prova del Covid: il sistema ha tenuto, ma non dappertutto e molti pazienti sono rimasti senza cure. Il Rapporto di Agenas-Mes S.Anna

Nei primi sei mesi del 2020 i ricoveri urgenti sono calati del 28,3%, quelli ordinari del 50%. Una donna su tre non si è sottoposta a mammografia e sono calati del 24% anche gli screening per tumore alla prostata e del 33% quelli al colon. Diminuite del 30% visite specialistiche e prestazioni diagnostiche. Ma tante regioni hanno mostrato alta capacità di resilienza soprattutto se duramente colpite del virus, in altre il freno a mano tirato si giustifica più difficilmente

Lo tsumami pandemico ha messo a dura prova la capacità di risposta dei sistemi sanitari regionali o, come sempre di più si ama definirlo, il livello di resilienza. Un’onda devastante che ha travolto non solo le vittime del Covid, ma anche quanti sfuggiti al virus hanno dovuto fronteggiare malattie gravi, invalidanti e anche letali. Al conto salato da pagare al virus va infatti ad aggiungersi quello di reparti ospedalieri chiusi e delle mancate visite preventive o di controllo, con tanti, troppi, Italiani che non stati più visitati dal cardiologo, dal ginecologo, dal neurologo e non si sono sottoposti a ecografie, pap test, Tac e altro ancora.
 
Nei primi sei mesi del 2020 rispetto al 2019 i ricoveri urgenti sono calati del 28,3%, in numeri 1 milione e duecentomila pazienti sono rimasti fuori dagli ospedali (sono stati ricoverati 3,1 milioni di persone nel 2020, contro i 4,3 del 2019). Mentre i ricoveri ordinari segnano un meno 50%. Non solo, in nove mesi, da gennaio a settembre 2020, si sono perse ben 52 milioni di visite specialistiche e prestazioni diagnostiche: un calo di circa il 30%. Con Regioni come la Basilicata dove il crollo è stato ben del 67,7%.
 
È saltato mediamente, da gennaio a settembre, circa uno screening mammografico su tre (-30,3%), e con differenze regionali importanti. In regioni come la Sardegna e la Calabria, ad esempio, quasi la metà delle prestazioni è rimasta al palo (circa -40%). Stesso trend per lo screeening al collo dell’utero che segna un -32,3% con punte di -40% in Liguria e Lazio.
La battuta di arresto ha colpito anche gli interventi chirurgici per tumore al seno, mediamente sono calati del 22%, e anche in questo caso con importanti differenze tra Regione e Regione: si va dal -62,7% del Molise, al -52,3% della provincia di Trento e al -35% della Lombardia, a Regioni come Lazio e Sardegna dove al contrario l’attività chirurgica anche se di poco è aumentata.
 
E poi ancora, le camere operatorie sono rimaste chiuse anche per altre patologie: gli interventi per tumore alla prostata sono calati di circa il 24%, del 32,6% quelli al colon, di circa il 14% al retto, dell’18% al polmone, di circa il 21,4% gli interventi per il melanoma e del 31% per la tiroide.
E se  tante realtà hanno mostrato alta capacità di resilienza, soprattutto se duramente colpite del virus, in altre il freno a mano tirato si giustifica più difficilmente.
 
Questo il quadro emerso dall’analisi preliminare delle prestazioni effettuate in piena pandemia realizzata dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Superiore Sant’Anna e presentata questa mattina nel corso di una conferenza stampa on line.
 
Per capire l’andamento dell’assistenza sia negli ospedali sia in ambito di specialistica ambulatoriale, sono stati messi a confronto i dati dei primi mesi del 2020 con quelli dello stesso periodo 2019. Sotto la lente di Agenas e del MeS sono finiti 24 indicatori di attività. È stato messo a confronto il quadrimestre marzo-giugno (2020 cvs 2019), mentre per gli indicatori screening e ambulatoriale, il periodo analizzato va da gennaio a settembre (2020 vs 2019). Non solo gli esperti hanno fotografato anche l’attività dei sistemi regionali rapportandola con la maggiore o minore incidenza del virus.
 
“Spetta ad Agenas – ha commentato il Presidente Enrico Coscioni – assicurare la propria collaborazione tecnico-operativa alle Regioni e alle singole aziende sanitarie in tema di efficacia degli interventi sanitari, nonché di qualità, sicurezza e umanizzazione delle cure. La ricerca, che abbiamo presentato oggi, spero possa essere un utile spunto per tutti gli Enti del Ssn impegnati nell’erogazione delle prestazioni in attesa dell’analisi completa dei dati 2020, che avremo tra qualche settimana grazie al lavoro del Programma nazionale esiti”.
 
“L’indagine presentata oggi – ha dichiarato il Direttore Generale di Agenas Domenico Mantoan – è un importante lavoro di ricerca e di supporto nei confronti del Ministro della Salute, delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano, che permette di comprendere il livello di capacità di resilienza dei vari sistemi sanitari. Siamo ancora in una fase di piena emergenza epidemiologica, ma occorre strutturarsi per programmare e organizzare il sistema verso la completa ripartenza di tutti i servizi per soddisfare i bisogni di salute di tutti i nostri cittadini. Agenas è a disposizione delle Regioni e delle Pa per approfondire i dati presentati oggi al fine di una migliore programmazione dell’offerta.”
 
“In ogni situazione di crisi, sono i professionisti e le organizzazioni capaci di rimodellare tempestivamente le proprie routine e i propri processi a fare la differenza – ha spiegato Sabina Nuti, rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – l’espressione ‘resilienza’, per quanto oggi forse abusata, esprime la capacità di quelle istituzioni che, di fronte alla pandemia, hanno saputo rispondere, per garantire la risposta ai bisogni nuovi ed emergenti e a quelli già esistenti. Il lavoro che viene oggi presentato nasce dalla collaborazione tra Agenas e il Laboratorio MeS della Scuola Superiore Sant’Anna e monitora la capacità di tenuta dei sistemi sanitari regionali nei primi mesi del 2020. Davanti a uno ‘tsunami’ imprevedibile quale il Covid-19, i dati del primo semestre dello scorso anno dimostrano che anche realtà duramente colpite dal Covid-19 hanno tendenzialmente garantito ai propri cittadini l’erogazione di servizi essenziali, riducendo drasticamente quelli procrastinabili. Resilienza è anche capacità di riorganizzare le cure per riequilibrare nel tempo l’offerta. Fondamentale sarà il monitoraggio del secondo semestre 2020 e l’azione di potenziamento del Ssn”.
 
Ma vediamo quali sono, tra gli indicatori individuati, i risultati paradigmatici del prezzo pagato dal sistema a causa dell’emergenza Covid. In particolare per: screening mammografici, interventi alla mammella per tumore, ricoveri per infarto e per ictus, quindi tutte attività non procrastinabili; fratture al femore operate entro le 48 ore indicatore di qualità e di efficienza dell’attività assistenziale. E poi ancora i volumi dei ricoveri urgenti e quelli degli ordinari programmati, in grado di fotografare la tenuta complessiva del sistema, così come i volumi delle prestazioni di specialistica ambulatoriale comprese le visite di controllo per le neoplasie.

Prevenzione e cure oncologiche
Una donna su tre non si è sottoposta a screening mammografici. Nei primi sei mesi del 2020 mediamente in Italia si è registrato un calo del 30,3%. Con un’alta variabilità tra Regione e Regione: superano la media nazionale Sardegna (-40,7%), in Calabria (-39,4%), Trento (-37,4%), Liguria (-36,5%), Abruzzo (-35,6%), Lombardia (-35,4%), Puglia (-35,2%), Lazio (-33,6%), Piemonte (-32,4%), e Sicilia (-32,2%). Le regioni che hanno mostrato maggiore capacità di reazione nonostante gli alti tassi di Covid, sono state la Toscana, Bolzano, Veneto ed Emilia Romagna insieme a Marche Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Trento e Lombardia. Si è assistito al contrario ad una drastica riduzione degli screening, nonostante i bassi tassi di incidenza del virus in Sardegna, Calabria, Sicilia, Puglia, Lazio e Abruzzo. Sempre in ambito di prevenzione diminuiscono anche gli screening alla cervice (- 32%) e quelli per il tumore colon-rettale (-35%)
In generale sono diminuite anche le visite di controllo per gli esenti per patologia oncologica. Maglia nera per la Basilicata (-60,3%). Stop anche in Valle d’Aosta (-38 per cento) e Sardegna (-28,7%). In Lombardia i controlli registrano un -27%. Provincia di Trento e Umbria le regioni che hanno contenuto i danni (circa 3% in meno). 

E da marzo a giugno del 2020 le camere operatorie sono rimaste sbarrate alle donne con tumore alla mammella: i volumi generali di attività sono scesi in media del 22,1%. Come già sottolineato, i gap regionali, sono stati particolarmente evidenti: si va da una riduzione dei volumi del 62,7% in Molise, al -52,3% della provincia di Trento e al -35% della Lombardia a Regioni come Lazio e Sardegna dove al contrario l’attività chirurgica anche se di poco è aumentata (circa del 5%).
Bisturi fermi anche per il tumore al colon: i volumi sono scesi mediamente di circa il 32,6%. Si è dimezzata l’attività in Umbria e Marche con cali di circa il 55%. Ma anche in Liguria, Abruzzo e Lombardia i volumi di attività sono diminuiti (rispettivamente del 47,2; 45,7; e 42,3%). In calo anche gli interventi chirurgici per tumori alla tiroide: -31,2%.
 





 
 

 


Infarti e ictus
La pandemia ha messo nell’angolo anche quanti sono stati colpiti da infarto del miocardio e ictus ischemico: i ricoveri da marzo a giugno 2020 rispetto allo steso periodo del 2019, in Italia sono mediamente scesi del 23% e con una significativa variabilità regionale.
 
I ricoveri per Ima Stemi sono crollati del 43,5% in Molise e del 42% nelle Marche. Cali superiori alla media nazionale si sono registrati in Puglia, Basilicata, Trento, Umbria, Campania, Toscana e Lombardia. Hanno mostrato capacità di resilienza, Valle d’Aosta (-9,3%) il Fvg (-11,8%), Calabria e Veneto (rispettivamente meno 15,4% e 16%).
 
Per quanto riguarda l’ictus, le Regioni che più delle altre hanno visto uno stop ai ricoveri sono la Valle d’Aosta, Molise e Marche (rispettivamente 54,2%; 49,7%; 42,5%). Umbria, Fvg e Veneto invece hanno contenuto i danni (10,4; 12% e 14,4%).
 
 

 


 
Fratture al femore operate entro le 48 ore.
Per questo indicatore, la capacità di reazione delle Regioni è stata elevata. Si è registrato mediamente un calo delle performance di poco meno del 2%. Con dinamiche diverse: in circa il 50% delle regioni si registra un aumento della qualità dell’offerta dando prova di tenuta del sistema. In Molise la percentuale di pazienti operati in 48 ore è addirittura cresciuta del 15%.
 


 
Ricoveri urgenti e programmati
Agenas e Mes hanno poi analizzato i volumi di ricoveri urgenti nel periodo più caldo della pandemia. Da marzo a giugno 2020 mediamente sono calati del 24% anche in questo caso con importanti differenze regionali: in Molise ad esempio i ricoveri sono diminuiti rispetto all’anno precedente del 55%, del 42% nelle marche, del 41% in Puglia e del 36,64% in Campania, mentre la Lombardia, regione particolarmente colpita dal Covid, ha risposto bene con un -12%, così come l’Emilia Romagna (-16%), Piemonte (-16,4%) e Lazio (-17,8%), Veneto (-19,3%).
 
Sul fronte ricoveri programmati lo stop determinato dalla pandemia ha provocato una brusca frenata: - 50%. E con chiusure importanti, il Molise ha contingentato pesantemente l’accesso agli ospedali (-73,6%), ma anche in Puglia e in Basilicata i ricoveri ordinari sono stati tagliati di circa il 60%, seguire a stretto giro da Calabria, Marche e Lombardia (-57%). Hanno invece dimostrato di dare risposte superiori alla media italiana Bolzano (-35,5%), Lazio (-36,4%), Veneto (-38%).
 

 

 
Prestazioni di specialistica ambulatoriale
Sono state ben 52 milioni le visite specialistiche e le prestazioni diagnostiche perse nei primi nove mesi del 2020: un calo di circa il 30%. E con una forbice ampia a livello regionale: si va dal -67,7% della Basilicata (regione per altro con tassi di Covid inferiori alla media italiana), al -14,3% della Campania. Anzi le prestazioni ambulatoriali sono cresciute non solo in Campania, ma anche in Toscana, Puglia e Fvg.
 

 


 
 
Ester Maragò

© RIPRODUZIONE RISERVATA