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Venerdì 23 APRILE 2021
Vaccini Covid. I reumatologi chiedono di inserire tra le priorità anche i loro pazienti più fragili

Gli esperti della Sir: “I pazienti con malattie croniche infiammatorie e autoimmunitarie rappresentano una categoria di soggetti particolarmente fragili spesso con comorbidità cruciali per l’esito dell’infezione da Covid-19 e in trattamento con farmaci potenzialmente in grado di interferire con la risposta immunitaria. Pertanto, la vaccinazione va considerata un’opportunità terapeutica irrinunciabile”.

“I pazienti reumatologici portatori di malattie infiammatorie croniche e autoimmunitarie sistemiche possono e devono essere vaccinati nel più breve tempo possibile e senza interrompere le terapie, tranne casi particolari che il reumatologo dovrà segnalare all’attenzione dei medici del centro vaccinale per le opportune valutazioni. I pazienti con malattie croniche infiammatorie e autoimmunitarie rappresentano una categoria di soggetti particolarmente fragili spesso con comorbidità cruciali per l’esito dell’infezione da Covid-19 e in trattamento con farmaci potenzialmente in grado di interferire con la risposta immunitaria. Pertanto, la vaccinazione va considerata un’opportunità terapeutica irrinunciabile”.
 
E’ quanto dichiara il prof. Roberto Gerli, presidente nazionale della Società Italiana di Reumatologia, “impegnata nel confronto con le principali autorità sanitarie nazionali per favorire nei tempi più opportuni l’accesso alla vaccinazione dei pazienti reumatologici”.
 
“Le malattie reumatologiche rappresentano oggi, nel nostro Paese, una fra le più comuni cause di disabilità. Secondo l’Osservatorio Sanità e Salute ogni anno in Italia si perdono circa 23 milioni di giornate di lavoro solo per tre tra le diverse malattie reumatologiche, come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante, che sono tra le più invalidanti. Questi dati dimostrano in maniera inequivocabile che per ridurne l’impatto medico e socio-economico le malattie reumatologiche devono essere riconosciute in breve tempo e trattate nella maniera più rapida ed efficace. Il ritardo nella diagnosi e quindi nell’inizio di una corretta terapia incide pesantemente sull’evoluzione del quadro clinico, con ripercussioni sulla qualità della vita degli ammalati, sulla loro capacità lavorativa e ciò con una conseguente ricaduta negativa sulla produttività con enormi costi aggiuntivi per la collettività”, aggiunge il presidente Gerli.

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