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Martedì 18 MAGGIO 2021
Diabete tipo 2. I pazienti scrivono alla Regione: “Ripristinare appieno l’assistenza”

Spiega la presidente del Coordinamento Regionale delle Associazioni di Diabetici del FVG, Elena Frattolin, “questi pazienti hanno minori possibilità di sviluppare complicanze se gestiscono la disfunzione metabolica dopo una adeguata educazione terapeutica. Ma, a differenza di chi soffre di diabete di tipo 1, in FVG non esistono corsi sull’autogestione strutturati per i pazienti con diabete di tipo 2”. Per Frattolin questo anno di emergenza Covid, con l’allungamento dei tempi di attesa per le visite, “ha ingenerato una sensazione di abbandono”.

Dopo gli urologi, ora anche il coordinamento regionale delle associazioni di diabetici del Friuli Venezia Giulia (CRAD) chiede la piena ripresa dei servizi assistenziali per i suoi pazienti. A sollevare il problema è il presidente Elena Frattolin, che in questi mesi ha dovuto fare i conti con le criticità dovute alle liste di attesa per i diabetici.

“Le persone affette da diabete di tipo 2, che coprono quasi il 91% sul totale dei diabetici in regione – illustra Frattolin – hanno minori possibilità di sviluppare complicanze se gestiscono la disfunzione metabolica dopo una adeguata educazione terapeutica. Sennonché, a differenza di chi soffre di diabete di tipo 1, chi soffre del tipo 2 in questo periodo è risultato più penalizzato perché nella nostra Regione, non esistono corsi sull’autogestione strutturati, pertanto l’allungamento dei tempi di attesa per le visite di controllo ha ingenerato una sensazione di abbandono”.

Secondo il CRAD, l’educazione terapeutica è alla base del piano di cura, sia per le persone affette da diabete tipo 1 che 2, ma mentre per i primi esistono dei corsi di educazione terapeutica strutturati e residenziali che permettono di formare a una corretta autogestione, per i secondi tutte le informazioni vengono trasmesse al paziente solo durante le visite con il medico diabetologo e gli incontri con il personale infermieristico. Pertanto i tipi 2, sono risultati maggiormente penalizzati dal periodo di lock-down a causa del notevole allungamento del consueto intervallo temporale tra le visite, fattore questo che ha alzato l’asticella del rischio.

“Sembra paradossale – continua la presidente del CRAD – ma i rischi che corrono questi pazienti sono proprio le complicanze che si manifestano a causa di una autogestione errata, come il piede diabetico che provoca la perdita dell’arto o di una parte dell’arto medesimo, le complicanze cardiovascolari, renali…. La mancanza delle visite periodiche dei diabetologi, che in questi mesi hanno potuto visitare un numero molto inferiore di pazienti rispetto al solito, ha in qualche modo messo le basi per un futuro aggravamento della malattia. Le visite per i pazienti di tipo 1, che di norma andrebbero fatte ogni tre mesi, sono slittate, in alcuni casi, anche a cinque mesi; per il tipo 2 le visite sarebbero raccomandate ogni sei mesi, ma sono slittate anche a otto o dieci mesi, a seconda delle aziende sanitarie e del numero di medici dirottati nei reparti Covid”.

“In campo pediatrico - ribadisce Frattolin - l’isolamento dei reparti ospedalieri ha comportato problemi di accettazione della malattia nei bambini e negli adolescenti grossi disagi alle famiglie che avevano più difficoltà a raggiungere i pediatri diabetologi ed erano impossibilitati a ricevere la consueta visita dei volontari delle associazioni che solitamente rasserenano le famiglie portando la loro esperienza e creando i presupposti per un confronto tra pari che hanno già vissuto la drammatica situazione dell’esordio di un figlio. Le nostre associazioni, in territorio regionale, hanno avuto difficoltà a dare supporto ai pazienti negli ospedali o negli ambulatori o presso le nostre sedi e questo ha contribuito ad amplificare il disagio e le situazioni di fragilità fra i malati”.

Oggi la situazione fa sperare bene, a fronte di una buona parte della popolazione vaccinata e del numero di contagi in diminuzione, che fa ipotizzare che le visite riprenderanno ad essere calendarizzate con la dovuta frequenza e che i contatti con le persone siano più sicuri. “Tuttavia non sarà possibile recuperare il tempo perso e le situazioni di rischio generatesi a causa di una non tempestiva assistenza diabetologica in questo ultimo anno, potranno essere sanate solo in parte. L’augurio è che il SSR abbia “imparato” da questa esperienza e che presto vengano adottati appositi protocolli e piattaforme per permettere di dare adeguata assistenza diabetologica anche in telemedicina. La sfida sarà quella di rendere tale modalità fruibile a tutti gli strati di popolazione, in modo da poter affrontare eventuali altri periodi di crisi nella maniera più efficace per tutte le patologie e non solo per il diabete”, conclude la presidente CREAD.

Endrius Salvalaggio

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