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Martedì 13 LUGLIO 2021
Emilia Romagna. La proposta di legge che istituisce il “Direttore assistenziale” pronta ad approdare in Giunta. Ma i medici restano sul piede di guerra

Atteso per fine luglio il via libera della Giunta, il testo passerà poi all’esame dell’Assemblea legislativa. Ma se Opi, Tsrm-Pstrp e sindacati del comparto plaudono all’iniziativa dell’assessore Donini, resta irrisolta l’ostilità dei medici, che considerano quella del Direttore Assistenziale una proposta volta “semplicemente alla creazione di 15 nuove poltrone ad elevato costo (oltre ai relativi staff di supporto) senza alcun beneficio concreto”.

La tanto contestata proposta di legge sull’istituzione, in Emilia Romagna, della figura del Direttore Assistenziale, che si aggiungerà nelle Direzioni aziendali al Direttore Generale, Sanitario ed Amministrativo in qualità di “espressione delle 22 professioni sanitarie”, si prepara a diventare realtà.

A quasi un anno dal suo annuncio, nel settembre 2020 in occasione di una puntata di Health Serie (il format ideato da Sics, Quotidiano Sanità e Popular Science), l’assessore alla Salute, Raffale Donini, fa sapere che entro la fine di luglio la proposta arriverà in Giunta per l’approvazione. La seduta prevista è quella del 26 luglio, poi il testo passerà all’esame dell'Assemblea legislativa regionale per l’approvazione definitiva.

Ma se Opi, Tsrm-Pstrp e sindacati del comparto plaudono all’iniziativa dell’assessore Donini, a un anno di distanza dall’annuncio, resta irrisolta l’ostilità dei medici, che da subito si erano opposti all’idea.

“L’Assessorato della Salute della Regione Emilia Romagna, invece di pensare ad investire risorse per migliorare qualità e numerosità delle prestazioni sanitarie per i cittadini, ha come obiettivo prioritario l’istituzione di una nuova figura di alta dirigenza, cioè il Direttore Assistenziale, figura non prevista nella legge 502/92, attualmente in vigore, che non serve a migliorare la qualità dell’assistenza ai cittadini. Questa proposta è inaccettabile, perché rappresenta semplicemente la creazione di 15 nuove poltrone ad elevato costo (oltre ai relativi staff di supporto) senza alcun beneficio concreto e che, di fatto, tende a depotenziare le restanti figure manageriali e a creare conflitti tra le professioni sanitarie”, scrivono in una lunga nota congiunta i sindacati medici ospedalieri e territoriali dell’Emilia Romagna (Aaroi – Emac, Anaao – Assomed, Anpo – Ascoti – Fials, Anmdo, Cimo – Fesmed Fvm, Fassid, Fimmg, Snami, Sumai e Smi”.

Che aggiungono: “Abbiamo di fronte una inutile nuova figura politica, con risorse sottratte all’assistenza, e la solita vecchia politica, che viene percepita come clientelare, attraverso cui si aumentano gli effetti vessatori del management sui medici finalizzati ad imporre e non ottimizzare percorsi diagnostici terapeutici ed assistenziali da parte di chi non sempre può vantare competenze professionali adeguate”.

Per i medici, insomma, si tratta della “ennesima manovra politica, avvallata anche da alcune sigle sindacali, che tende a favorire percorsi di carriera delle professioni sanitarie , mortificando costantemente i medici del SSN sui quali in ogni caso, restano inalterate le responsabilità. Appropriatezza dei percorsi, politiche di governo dei costi e gestione ottimale delle risorse non possono essere in capo a chi non ha la gestione clinica del paziente e, in particolare, a chi non ha la reale responsabilità della diagnosi e della cura dei pazienti secondo la normativa vigente. Il tutto poi attraverso un’azione da parte della regione Emilia-Romagna, perché attraverso la modifica all’art. 3, comma 5 della Legge regionale n. 29 del 23.12.2004 si intende ignorare del tutto il vigente D.lgs 502/92 che, tra l’altro, non prevede alcuna deroga, come puntualmente confermato anche da sentenze della Corte Costituzionale in materia di tutela della salute”.

I medici rivendicano attenzioni da parte della Regione. Per loro ma anche in considerazione di alcune criticità del sistema: “Dismessa la retorica pandemica che elevava medici e dirigenti sanitari al ruolo di eroi (ruolo nel quale i Medici non si sono mai identificati), ottenuto con fatica e non per tutti i medici del SSR, il riconoscimento economico di una risibile quota della mole di ore lavoro messe a disposizione e sottratte alla propria vita familiare sette giorni su sette, nel tentativo di fronteggiare la pandemia; minacciati e spesso impossibilitati alle ferie estive; i Medici sono diventati degli invisibili per gli occupanti di via Aldo Moro”, scrivono. Intanto, "liste di attesa interminabili per visite ed interventi chirurgici non più procrastinabili; intere zone sguarnite di medici di medicina generale; ampie aree in carenza di medici 118, case della salute divenute cattedrali nel deserto nelle quali la presenza dei medici è un evento raro, evidentemente non preoccupano più di tanto, visto che ormai i rarissimi incontri sindacali riservati ai Medici, hanno un unico obiettivo: quello di convincerli che l’istituzione, con una modifica della legge regionale, della figura del Direttore Assistenziale sia l’unico rimedio possibile ai mali (e sono tanti) che stanno attanagliando il sistema sanitario regionale”.
 
In questo contesto, attaccano ancora i medici, “la figura del Direttore Assistenziale, la cui necessità è sostenuta da argomentazioni fumose, viene proposta senza nemmeno precisarne i requisiti: unica certezza è la sua devozione al Direttore generale e la delega a organizzare il lavoro dei Medici. Invece l’organizzazione del lavoro è un elemento fondamentale per la gestione della diagnosi e cura, sia a livello ospedaliero che a livello territoriale,e non può essere delegato a figure professionali che non hanno la responsabilità legale della diagnosi e della cura dei pazienti”.

Per i sindacati medici “le legittime aspirazioni di carriera degli esercenti le professioni sanitarie possono affermarsi nelle rispettive differenze, ma senza confusione dei ruoli e competenze e quindi non si comprende come l’istituzione di ulteriori uffici dirigenziali che sottrarranno professionisti alla attività assistenziale diretta, possa risolvere questioni spinose che si stanno verificando in tutte le aziende della regione. Assistiamo alla soppressione di ambulatori quando non sedi intere di Pronto Soccorso, luoghi divenuti inospitali per i pochi medici rimasti, dopo anni di appelli inascoltati rispetto a necessari cambiamenti nelle logiche manageriali, organizzative, e di percorso professionale. Si affidano attività diagnostiche e terapeutiche, non prive di rischi, a personale non adeguatamente formato e titolato per legge e si riducono le attività essenziali a meri interventi d’emergenza”.

E a livello territoriale? “Si assiste parimenti, ad un mancato rafforzamento degli standard organizzativi della medicina generale e persino alla mancata allocazione di ingenti risorse finalizzate dalla Legge finanziaria 2019 a strumentazioni diagnostiche di primo livello utilizzabili proprio per la riduzione delle liste di attesa”, osservano i medici. Sempre a livello territoriale, “nella prevenzione, si assiste ad una disomogeneità organizzativa impressionante in ambito regionale. Ci sono Asl in cui l’organizzazione è rispondente al dettato normativo nazionale ( dgls 502/92 e s.m.i. e Legge Balduzzi) mentre in altre si coprono diverse discipline con un’ unica figura professionale, facendo venire meno l'infungibilità delle specializzazioni, e riproponendo le condizioni di lavoro di prima che la Legge 833/1978 istituisse il S.S.N”.

“I cittadini - incalzano i sindacati medici - chiedono e pretendono la salvaguardia del loro diritto alla salute, medici e dirigenti sanitari chiedono tempestivi interventi di riorganizzazione del sistema di cura ospedaliero e territoriale nel tentativo di superare gli anni di crisi che ci attendono a causa degli errori programmatori di Regione ed Università, ma tutto questo pare oggi non essere per il nostro assessorato una priorità. Questo disastro ampiamente annunciato sta avvenendo, è bene che lo si sottolinei, a causa di grossolani errori nella programmazione formativa che ha generato migliaia di “camici grigi”, quei medici cui è stato negato il completamento dei percorsi formativi, e la possibilità di stabilizzarsi lavorativamente nel sistema sanitario che oggi vive una diffusa carenza di medici specialisti così come di medici di medicina generale, biologi, etc. Questi errori sono ancora oggi testardamente ripetuti, in una resistenza al cambiamento da parte dell’ assessorato, anche in quelle aree dove già oggi, senza variazioni normative nazionali, sarebbe stato ed è possibile, intervenire. Non è certo la legge nazionale che non ha finora previsto la presenza del Direttore Assistenziale il problema e, prima di risolvere i veri problemi esistenti la regione vorrebbe occuparsi di altro, per essere la prima della classe, quella che da l’esempio distogliendo l’attenzione dalle reali criticità”.
 
Proseguono ancora i sindacati medici: “Quando gli organi di stampa scrivono di accordi con i sindacati che prevederebbero premialità mirabolanti, destinazione di cifre importanti in favore dei sanitari è bene che si sappia che queste intese avvengono esclusivamente con quelle “sigle”, sempre quelle, che rappresentano tuttavia una quota risibile di medici e dirigenti sanitari, mentre concretamente , per i medici, per gli infermieri e tecnici sanitari, non ci sono reali miglioramenti in termini economici o di qualità del lavoro svolto, che avviene sempre con grandi carenze di organici. E se queste possono apparire come rivendicazioni di categoria, anche gli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di ogni città, veri garanti della eticità e deontologia dell’agire professionale per la sicurezza e qualità delle cure ai cittadini, hanno già espresso un giudizio negativo sullo specifico argomento. Ma con chi è tecnicamente e legalmente chiamato a rispondere della salute di tutti, l’assessorato non parla”.

“Si sta disegnando - insistono i medici - una sanità pubblica, per non abbienti al ribasso, inattrattiva e inospitale per i medici e dirigenti sanitari che così facendo rimarranno sempre meno nel SSN, con il rischio di fuga anche dei pochi superstiti. Se possono esserci diagnosi e cura senza medici che lo si dica, ma lo si faccia poi con percorsi legislativi legali e nazionali, costruiti in maniera organica, senza nascondersi dietro il paravento di commi introdotti furtivamente in una legge di bilancio del 2015, votata nottetempo e con la fiducia, che non garantiranno certo sicurezza e qualità delle cure ai cittadini italiani”, concludono i sindacati.

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