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Martedì 03 LUGLIO 2012
Mayo Clinic. Ecco come si recupera la mielina e si combatte la sclerosi multipla

Grazie a piccole molecole di Dna, capaci di stimolare la ricrescita della copertura dei nervi che viene deteriorata quando si presenta la malattia. Per ora il metodo è stato testato solo sui topi, ma su essi ha ottenuto risultati inaspettati: circa il 35% delle cavie ha recuperato più del 75% della mielina persa.

Difficile stimare quanti siano i malati di sclerosi multipla nel mondo. I più recenti dati ufficiali risalgono ormai a qualche anno fa, e la stima – che si aggirava intorno a 1,3 milioni di malati – era già ritenuta fortemente sottostimata, dato che molti Paesi non dispongono di dati. Gli ultimi dati italiani parlano di una media di 90 casi ogni 100 mila abitanti: i malati in Italia sono all’incirca 57 mila, con 1800 nuovi casi ogni anno. Ma una ricerca statunitense della Mayo Clinic arriva oggi a dare speranza a queste persone. Uno studio pubblicato su PLoS One, infatti, suggerisce che nuove terapie per i pazienti potrebbero arrivare dall’uso di piccole molecole di Dna ripiegato, chiamate aptameri, per stimolare la rigenerazione e la riparazione del rivestimento dei nervi, il cui danneggiamento causa i sintomi della patologia. Per ora i test sono stati effettuati solo su modello murino.
 
Ad oggi per i pazienti affetti da sclerosi multipla non c’è cura: la mielina viene danneggiata inesorabilmente finché anche le fibre nervose si deteriorano, ed è così che – tra gli altri sintomi – si ha perdita di mobilità e declino delle funzioni cognitive. Ma secondo gli autori dello studio, concentrandosi sugli anticorpi monoclonali, nei topi è possibile stimolare la riparazione della mielina. Gli scienziati hanno dimostrato che gli aptameri non solo sono efficaci, ma sono anche semplici ed economici da sintetizzare, nonché stabili e – soprattutto – non causano una risposta immunitaria. Chiaramente la ricerca deve ancora andare avanti, prima di poter annunciare di aver trovato la strada giusta, ma questi piccoli pezzetti di Dna – che hanno un decimo delle dimensioni degli anticorpi e contengono solo 40 nucleotidi – già promettono bene. La ricerca è lunga e complessa, ma le cavie cui sono stati iniettati queste molecoline, hanno ottenuto buoni risultati nel recupero delle lesioni causate dalla patologia: circa il 35% delle cavie trattate ha osservato una “rimielinizzazione”, ovvero un recupero della mielina compreso tra il 75 e il 100 percento. “Il problema era solo quello di trovare un modo per incoraggiare il sistema nervoso a rigenerare la sua stessa mielina, così che l’organismo potesse riprendersi da un ‘attacco’ di sclerosi multipla”, ha spiegato James Maher III, autore senior dello studio. “Queste piccole molecole possono farlo”. Ma prima che si possa pensare a trial clinici sugli esseri umani – precisano gli autori – bisognerà prima validare il metodo su altri modelli in laboratorio.

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