quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 19 LUGLIO 2021
Educatori socio-pedagogici, alcune cose da chiarire dopo l’emendamento che ha istituito il ruolo sociosanitario

Intanto non c’è alcun pericolo o attentato ai livelli occupazionali degli educatori socio-pedagogici in quanto la loro occupazione lavorativa non è di norma negli organici dei dipendenti pubblici del SSN bensì in altri ambiti e comparti e quindi fuori dalla disciplina dell’articolo 1 del DPR 761/79. Ma resta invece augurabile che il Ministero della Salute definisca quanto prima le funzioni e il ruolo di questa figura

Facciamo un po’ di chiarezza sull’emendamento “Carnevali” votato alla Camera e prima al Senato “Boldrini” e “Guidolin”, che ha modificato il DPR 761/70, cioè lo stato giuridico del personale pubblico dipendente del SSN istituendo in aggiunta ai preesistenti ruoli sanitario, amministrativo, tecnico, professionale e della ricerca sanitaria, il ruolo sociosanitario spostando dal ruolo tecnico i soli profili professionali di assistente sociale, operatore sociosanitario e sociologo.
 
Questo emendamento è stato necessario proporlo ed approvarlo in quanto si era creduto, ingenuamente anche da parte mia, che sarebbe bastata l’approvazione dell’articolo 5 della legge 3/18 che contestualizzava il mai attuato, colpevolmente, l’articolo 3 octies del d.lgs. 502/92 istitutivo dell’area delle professioni sociosanitarie  prevedendo che in tale area fossero già compresi i precedenti profili professionali di educatore professionale, assistente sociale, operatore sociosanitario e sociologo; il primo profilo nel SSN è già inquadrato nel ruolo sanitario mentre gli altri nel ruolo tecnico, di converso per l’educatore professionale la finalità dell’articolo 5 sopra richiamato è compatibile la sua permanenza nel ruolo sanitario. 
 
E cioè: “ Al fine di rafforzare la tutela della salute, intesa come stato di benessere fisico, psichico e sociale, in applicazione dell'articolo 6 dell'intesa sancita il 10 luglio 2014, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016, è istituita l'area delle professioni sociosanitarie, secondo quanto previsto dall'articolo 3-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”; l’inquadramento, invece, nel ruolo tecnico degli altri tre profili era quanto mai fuorviante ed inadatto alle finalità di tale area.
 
Infatti, il richiamato articolo 3 octies del d.lgs. 502/92, infatti prevede che:
1. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il Consiglio superiore di sanità e la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto è disciplinata l'istituzione all'interno del Servizio sanitario nazionale, dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria e sono individuate le relative discipline della dirigenza sanitaria.
 
2. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, sentito il Ministro per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica e acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità, sono integrate le tabelle dei servizi e delle specializzazioni equipollenti previste per l'accesso alla dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale, in relazione all'istituzione dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria.
 
3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, sono individuati, sulla base di parametri e criteri generali definiti dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i profili professionali dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria . 4. Le figure professionali di livello non dirigenziale operanti nell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria, da formare con corsi di diploma universitario, sono individuate con regolamento del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e per la solidarietà sociale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; i relativi ordinamenti didattici sono definiti dagli atenei, ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 sulla base di criteri generali determinati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, emanato di concerto con gli altri Ministri interessati, tenendo conto dell'esigenza di una formazione interdisciplinare, adeguata alle competenze delineate nei profili professionali e attuata con la collaborazione di più facoltà universitarie.
 
5. Le figure professionali operanti nell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria, da formare in corsi a cura delle regioni, sono individuate con regolamento del Ministro della sanità di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; con lo stesso decreto sono definiti i relativi ordinamenti didattici.”
 
Come si può vedere il legislatore ha previsto che nell’area delle professioni sociosanitarie potessero essere previste particolari discipline della dirigenza sanitaria e, a maggior ragione, un profilo professionale del ruolo sanitario.
 
Nell’emanare le direttive all’ARAN per il rinnovo del vigente CCNL del personale del Comparto sanità la parte datoriale pubblica, anche su mia proposta, aveva deciso, che:
La finalità del SSN, come definita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, cioè la tutela della salute come "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia" fa sì che debba essere attuata non solo in un sistema sanitario in senso stretto, bensì dando corso ad unarticolata e complessa attivitàà con più professionisti ed operatori per individuare e conseguentemente modificare quei fattori che influiscono negativamente sulla salute individuale e collettiva promuovendo al contempo quelli favorevoli.
 
Per supportare tale strategia di promozione del benessere, che trova nel “Patto per la Salute” un forte stimolo attraverso lintegrazione socio-sanitaria, appare opportuno prefigurare nel CCNL la previsione di una specifica area delle professioni socio-sanitarie, in attesa della piena attuazione di quanto previsto dallart.3 octies del D.lgs n.502/92 in quanto si tratta di giusta scelta del legislatore in un settore, quale quello socio-sanitario, ad elevata espansione per lattuale quadro demografico ed epidemiologico.
 
La creazione di questa specifica area delle professioni socio-sanitarie comporterebbe il superamento della desueta articolazione del personale nei quattro ruoli (sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo) prevista dal lontano DPR n.761 del 1979 non più aderente allevoluzione scientifica, tecnologica, normativa e formativa intervenuta nel trentennio successivo e che ha prodotto lattuale sistema nel quale prevale la mission di salute più che di sanità  in senso stretto.
 
La conclusione delliter di superamento della suddivisone del personale nei quattro ruoli deve prevedere unesplicita modifica legislativa dove si colgano i reali contenuti propri di ciascun profilo professionale.Eevidente che larea delle professioni e degli operatori sociosanitari è una nuova configurazione professionale nellambito della quale occorre ricollocare i profili esistenti a rilevanza socio-sanitaria. Ne dovranno in ogni caso restare esclusi eventuali nuovi profili a rilevanza esclusivamente sociale”.
 
Quindi bisognava prevedere una specifica modifica legislativa del DPR761/9 che, appunto, si è realizzato con l’approvazione dell’emendamento Carnevali/Boldrini che istituendo il ruolo sociosanitario ha permesso l’affrancamento dalla desueta collocazione nel ruolo tecnico i suddetti tre profili professionali.
 
Certamente sarà augurabile che si dia corso all’attuazione del secondo comma dell’art,5 della legge 3/18 che prevede che:
“2. In attuazione delle disposizioni del comma 1, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sono individuati nuovi profili professionali sociosanitari. L'individuazione di tali profili, il cui esercizio deve essere riconosciuto in tutto il territorio nazionale, avviene in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Patto per la salute e nei Piani sanitari e sociosanitari regionali, che non trovino rispondenza in professioni già riconosciute.
 
3. Gli accordi di cui al comma 2 individuano l'ambito di attività dei profili professionali sociosanitari definendone le funzioni caratterizzanti ed evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse.
 
4. Con successivo accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono stabiliti i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti ai fini dell'esercizio dei profili professionali di cui ai commi precedenti. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, sentite le competenti commissioni parlamentari e acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, è definito l'ordinamento didattico della formazione per i profili professionali sociosanitari.”
 
Così si potrebbe dare riconoscimento a profili che già concorrono, anche nei piani terapeutici, all’attuazione del diritto alla salute nell’accezione definita dall’OMS, ma questa è un’altra storia.
 
Non è compreso nel nuovo ruolo sociosanitario il profilo professionale di educatore professionale che risulta già classificato tra le professioni sanitarie, tant’è che l’articolo 5 termina specificando che: “Resta fermo che i predetti profili professionali afferiscono agli Ordini di rispettiva appartenenza, ove previsti” quindi non era prevista una modifica dell’inquadramento giuridico degli educatori professionali dipendenti pubblici del SSN che rimangono inseriti, giustamente nel preesistente  ruolo sanitario di cui all’articolo 1 del DPR 761/79.
 
Quindi pur essendo citato nell’area delle professioni sociosanitarie l’educatore professionale di cui al DM 520/98 dipendente pubblico del SSN rimane nel ruolo sanitario dell’articolo 1 del DPR 761/79, nell’area delle professioni sanitarie della riabilitazione prevista dalla legge 251/00 ed il cui albo professionale rimane in capo alla FNO TSRM e PSTRP.
 
E’ noto che con norma quasi contemporanea il legislatore ha declinato l’educatore  in educatore professionale sociosanitario e educatore  socio-pedagogico; a tutt’oggi il Ministero della Salute non ha dato attuazione all’articolo 33 bis della legge 104/2020 e non definendo le funzioni e il ruolo degli educatori socio-pedagogici nei presidi sociosanitari e della salute né, mi pare, che abbia previsto una normativa concorsuale per assumerli con pubblico concorso nelle aziende sanitarie, normativa tuttora in itinere che non permette di definire se l’educatore socio-pedagogico possa rientrare nel ruolo sanitario o se nel neo ruolo sociosanitario o in quello professionale o tecnico (quest’ultime due eventualità da evitare).
 
Ne consegue che allo stato attuale non c’è alcun pericolo o attentato ai livelli occupazionali  degli educatori socio-pedagogici in quanto la loro occupazione lavorativa non è di norma, per quel che conosco, negli organici dei dipendenti pubblici del SSN bensì in quello del terzo settore, dei presidi sanitari e sociosanitari privati, nella giustizia, ecc…cioè fuori dalla disciplina dell’articolo 1 del DPR 761/79.
 
E’ quanto mai augurabile, invece, che il Ministero della Salute gestisca, con la massima concertazione e condivisione tra le due rappresentanze professionali e tra le Istituzioni interessate, nei tempi più brevi possibili la delega prevista dall’articolo 33 bis della legge 104/2020 definendo funzioni e ruolo degli educatori socio-pedagogici  riportando la “pace tra gli ulivi”…
 
Saverio Proia

© RIPRODUZIONE RISERVATA