quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 10 SETTEMBRE 2021
Contratti di lavoro e requisiti minimi di accreditamento della sanità privata

La Corte costituzionale sarà chiamata a pronunciasi a breve su un giudizio di legittimità di una norma della Regione Lazio. Sul tavolo il bilanciamento di contrapposti interessi di rilievo costituzionale: la tutela del lavoro da un lato, la libertà d’iniziativa economica dall’altro, intrecciandosi inevitabilmente anche con la tutela della parità tra gli operatori sanitari.

Il 30 giugno scorso la Giunta Regionale del Lazio ha disposto la costituzione in giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale per difendere la norma della legge regionale 13/2018, in particolare l’articolo 9, in cui si esplicita che “A tutela della qualità delle prestazioni erogate e del corretto rapporto tra costo del lavoro e quantificazione delle tariffe, il personale sanitario dedicato ai servizi alla persona (ndr delle strutture private accreditate) necessario a soddisfare gli standard organizzativi, dovrà avere con la struttura un rapporto di lavoro di dipendenza regolato dal Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) sottoscritto dalle associazioni maggiormente rappresentative nel settore sanitario”
 
Il riferimento è al SSN all’interno del quale strutture pubbliche e private sono accreditate ad effettuare prestazioni secondo norme, requisiti e standard previsti da leggi nazionali e regionali.
 
L’iniziativa era stata preceduta dall’Ordinanza 23 febbraio 2021 n. 1574 del Consiglio di Stato, SEZ. III che provvedeva alla trasmissione alla Corte Costituzionale, per il competente controllo di legittimità, sulle questioni sollevate da alcune Case di Cura accreditate inerenti le “Disposizioni relative alla progressiva attuazione dell’articolo 9 comma 1 della Legge 28 dicembre 2018, n. 13” in attuazione della indicata disposizione legislativa regionale.
 
Ed è proprio il Consiglio di Stato a ribadire come la tematica posta alla sua attenzione porti con sé non poche problematiche relative al bilanciamento di contrapposti interessi di rilievo costituzionale: la tutela del lavoro da un lato, la libertà d’iniziativa economica dall’altro, intrecciandosi inevitabilmente anche con la tutela della parità tra gli operatori sanitari.
 
Peraltro la stessa Carta costituzionale affermando che «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro», intende significare non solo che il lavoro determina la prosperità ed il benessere della vita, ma anche che da tale dichiarazione discendono vari diritti che numerosi articoli della medesima Carta costituzionale espongono: la tutela della salute, la libertà dell'iniziativa economica privata sia pur condizionandola a che essa non si svolga in contrasto con l'utilità sociale o a danno della sicurezza, della libertà o della dignità umana, il diritto al lavoro, il diritto ad un’equa retribuzione.
 
Si ribadisce pertanto che “nella questione oggetto di esame non si ponga un problema di concorrenza tra operatori, stante la natura di mercato regolato” in cui l’attività del privato è “conseguenza della pianificazione pubblica e della sequenza autorizzazione-accreditamento-convenzione determinata dalle esigenze della distribuzione del servizio sanitario sul territorio nazionale e regionale”.
 
Piuttosto, i principi sopra evidenziati “devono essere bilanciati alla luce del generale precetto dell’eguaglianza di cui all’articolo 3 della Carta costituzionale e dei criteri dell’adeguatezza e della proporzionalità di derivazione comunitaria, quali regole generali valide anche per il legislatore nazionale”.
 
In attesa che l’Alta Corte si esprima è necessario fare alcune riflessioni.

Innanzitutto il Servizio Sanitario Nazionale, come è noto, comprende strutture pubbliche e private accreditate aventi requisiti definiti dalla normativa in vigore per qualità, appropriatezza, sicurezza, remunerazione, dotazione quantitativa e qualitativa del personale impiegato, gestione delle risorse umane
 
In particolare la gestione delle risorse umane è compresa tra i requisiti minimi per l’esercizio delle attività sanitarie ed è relativa ad una serie di attività che non sono limitate ad organizzazione del lavoro e turnistica, bensì a reclutamento (concorsuale o di selezione), addestramento/formazione, valutazione delle performance, relazioni, retribuzione.
 
Quest’ultima, oltre ai trend reddituali dell’azienda, tiene conto delle responsabilità relative al ruolo, ai contenuti delle attività, ai livelli retributivi del settore. E nell’ambito dei livelli retributivi del settore rientrano le diverse tipologie di Contratti che comprendono attualmente una significativa diversificazione tra pubblici e privati (tabella 1), peraltro legittimamente riferita alle condizioni di autonomia dei due sistemi.
 

 
Tuttavia non si possono ignorare due aspetti fondamentali.
Il primo che non ci troviamo di fronte a un libero mercato dove l’iniziativa economica è libera, bensì a un SSN fondato su principi di universalità, uguaglianza ed equità che eroga un pubblico servizio con prestazioni di ricovero ordinario, day hospital e ambulatoriali da parte di un sistema pubblico e privato accreditato. Prestazioni remunerate in modo prefissato ed omogeneo.
 
Il secondo che, essendo compreso tra i requisiti minimi di accreditamento, il trattamento retributivo di chi opera in nome e per conto del SSN, pur appartenente a una componente pubblica o privata, deve trovare un riferimento minimo comune. Infatti se una medesima prestazione è remunerata dal SSN nello stesso modo ad entrambe le componenti non si può pensare di retribuire chi esegue la medesima prestazione in termini estremamente diversi dal punto di vista del valore economico. Si configurerebbe infatti un contrasto con l’articolo 36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”.
 
In altre parole l’accreditamento della prestazione richiede una serie di requisiti minimi tra i quali rientra il riferimento alla retribuzione. Che non significa una tariffa minima, peraltro abolita dal cosiddetto decreto Bersani (D.L.223/2006) il quale in ogni caso faceva “salve le disposizioni riguardanti l'esercizio delle professioni reso nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso.
 
Peraltro il riferimento al trattamento retributivo minimo è facilmente individuabile nei Contratti, sia pubblici che privati, considerando la composizione delle voci contrattuali distinte in fondamentali o di base ed accessorie. Ed essendo quelle accessorie strettamente inerenti alla struttura, sono le voci fondamentali a dover essere individuate tra i requisiti minimi previsti dalle norme di accreditamento.
 
Vanno poi tenuti presente i trattamenti retributivi inferiori ai minimi che comportano una retribuzione low-cost con conseguente dumping salariale e sociale a discapito delle strutture che rispettano le regole, in una sorta di concorrenza sleale.
 
Uno studio della Commissione europea del 2016 sul dumping sociale e salariale (Commissione per l’occupazione e gli affari sociali-Relatore Guillaume Balas) punta il dito sullo sviluppo di concorrenza sleale quando si pratichi una riduzione illegittima dei costi operativi e di manodopera, con conseguente violazione dei diritti dei lavoratori, nell’effettuazione di svariate prestazioni. Ancora di più, possiamo aggiungere, quando le medesime prestazioni vengano remunerate in modo analogo trattandosi di pubblico servizio, ancorchè reso da privati.
 
Rimane aperta se mai la questione relativa all’individuazione del livello retributivo minimo rientrante nei requisiti minimi di accreditamento. Che tuttavia trattandosi di un servizio pubblico non potrà che essere concordato tra Pubblica Amministrazione, Organizzazioni Datoriali e Rappresentanti delle Professioni maggiormente rappresentative e quindi trasferito nell’ambito dei rispettivi Contratti Nazionali.
 
In conclusione va dato atto alla Regione Lazio di aver opportunamente messo in evidenza che il rapporto di lavoro di dipendenza nel settore sanitario deve essere regolato da CCNL sottoscritto con le Associazioni maggiormente rappresentative. Ciò che riguarda, è da aggiungere, sia il personale di assistenza e supporto, sia il personale medico e sanitario. Sottolineando, inoltre, che qualsiasi sottoscrizione di contratto non può prescindere dal riferimento a un requisito minimo di retribuzione comune ai diversi Contratti applicati nelle strutture pubbliche e private accreditate, pur nel rispetto dell’autonomia riguardante la parte accessoria della retribuzione stessa.
 
Fabio Florianello
Esecutivo Nazionale ANAAO ASSOMED
 
Carlo Palermo
Segretario Nazionale ANAAO ASSOMED

© RIPRODUZIONE RISERVATA