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Mercoledì 15 SETTEMBRE 2021
Carenza medici di famiglia. Sindacati veneti sempre più preoccupati

Il segretario regionale della Fimmg evidenzia come stia crescendo “il disagio tra i medici e il malumore tra i pazienti”. E Crisarà (Omceo Padova) punta il dito sul tempo perso: “Già nel 2002 era stato lanciato l’allarme. E siamo solo agli inizi”. In Consiglio depositata una mozione del Pd per sollecitare la Regione a investire sulla medicina generale. “Serve sicuramente un intervento a livello nazionale, ma la Regione può e deve fare di più”

La carenza di Medici di Medicina Generale al centro dell’attenzione in Veneto. La situazione, considerate le prossime quiescenze ma anche la vera e propria difficoltà di reperimento, preoccupa i medici ma anche i consiglieri regionali, che sollecitano l’esecutivo regionale a interventi decisi nei confronti del problema che, osservano peraltro i medici, era noto da anni.

Già nel 2002 - spiega il presidente Omceo di Padova, Domenico Crisarà, segretario Fimmg Veneto fino a pochi mesi fa - era  già stata evidenziata la futura carenza di medici di famiglia. Siamo solo agli inizi dato che l’apice della curva di pensionamento si vedrà tra 2-3 anni, quando mancherà il 30% dei medici. Un problema che coinvolge non solo le famiglie italiane, ma anche la stessa professione ed in particolare in questo momento di grave crisi. Ma per svolgere questo delicatissimo ruolo è necessaria una formazione specifica, non si può fare task shifting in materia di competenze sanitarie”.

La situazione preoccupa oltre modo Fimmg Veneto, sindacato di categoria che proprio nella provincia di Verona registra il più alto tasso percentuale di carenza di MMG, ovvero 123 su 158, che corrisponde oltre al 22% del totale veneto, con un aggravio che già fra settembre ed ottobre ci saranno ben tredici pensionamenti oltre che altri sei termineranno il loro incarico provvisorio.

“Da oltre vent’anni anni il rapporto medico paziente ottimale nella regione Veneto viene calcolato in 1 MMG/1.200 abitanti, mentre nelle altre regioni è 1 MMG/1000 abitanti. Questo rapporto in vent’anni ha portato in Veneto ad una riduzione di circa mille medici, aggravando la penuria per questa categoria, con un numero medio di assistiti per ogni medico di famiglia che si avvicina ai millecinquecento, con l'impossibilità in molte zone di assorbire i pazienti dei medici pensionati. Al momento attuale circa ventimila veronesi non hanno un medico di famiglia scelto da loro ma sono assistiti da medici temporanei, che cambiano circa due/tre volte all’anno. A questi numeri si dovrà aggiungerne, fra questo mese ed il prossimo, altri ventimila veronesi che si troveranno senza un medico proprio a causa della cessazione da parte di ulteriori diciannove medici che termineranno il loro incarico, fra quiescenza e fine incarico provvisorio”, fa il punto su Verona il Segretario provinciale Fimmg Guglielmo Frapporti.

Sul tema interviene anche il Segretario Generale Regionale Fimmg Veneto, Maurizio Scassola che denota a causa di questa carenza specifica di medici un malumore generale fra la popolazione e fra gli stessi medici di categoria. “Mancano i medici di medicina generale, la professione non è più ambita come nel passato, la continuità assistenziale è stata spopolata da offerte di servizi più remunerativi ed i direttori generali stanno accorpando le sedi per ottimizzare le risorse umane, mentre sta crescendo il disagio fra la popolazione ed i MMG. In aggiunta nel nostro territorio soffriamo di professionisti che ancora oggi lavorano da soli perciò mancanti di quelli che sarebbero i famosi microtem, oltre ad una medicina integrata ferma da anni”, conclude Scassola.
 
Intanto in Consiglio regionale è approdata una mozione del Pd per sollecitare la Regione a porre rimedio al problema sulla carenza dei MMG, che – si legge nella mozione – non si può attribuire tutto ad un mero errore di mancata programmazione. “Serve sicuramente un intervento a livello nazionale, visto che è un problema collettivo, ma la Regione Veneto può e deve fare di più, investendo risorse per incentivare la professione nelle zone disagiate”, spiega la prima firmataria, Anna Maria Bigon.

Endrius Salvalaggio

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