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Lunedì 09 LUGLIO 2012
La tarantella è finita: dopo pensioni e art. 18, ora è la volta dell’art. 32

Dopo la spending review il Ssn come lo conosciamo è a rischio. Ciò che si dovrebbe fare per salvare l’art 32 è riconcepire il sistema sanitario a antieconomicità quasi zero e ad alto grado di compossibilità con i diritti. Ma per aggiustare la macchina servono nuovi "meccanici"

Sta saltando niente meno che un diritto costituzionale, quello della salute, naturalmente in nome della crescita e del rigore. Che follia! Tutti sembrano sorpresi, come se fossero stati presi di contropiede e naturalmente  imbufaliti. Eppure sono mesi che su questo giornale lanciamo allarmi, moniti, invettive, critiche di ogni sorta, nei confronti di chi avrebbe potuto evitare la tragedia.
 
Ora patatrac…e  tutti  a gridare  all’unisono del crollo del sistema pubblico. Il sistema non crollerà, anzi si rigenererà in modo perverso,  per mutagenesi, cambiando la sua natura etico-sociale. Diventerà quello che in tanti speravano che diventasse un “sistema  multi pilastro”, poco pubblico, tanto privato, un bel po’ di mutue e soprattutto tanto abbandono sociale. L’abbandono sociale sarà infatti il quarto pilastro. Proprio rivolgendomi  al presidente Errani, non molto tempo fa, su questo giornale, gli facevo notare che le debolezze strategiche insite nell’idea di Patto, ci avrebbero portato dritti diritti alla privatizzazione. E così sarà. Le Regioni possono lagnarsi come vogliono, da quel che sembra i giochi sono stati già fatti (ospedaletti e posti letto). Già si dice che si può ridiscutere ma “a saldi invariati”.
 
Ma se non si ridiscutono i saldi a che serve discutere?  E’ da tempo che tutti noi sappiamo che il “saldo” a regime di tutta la manovra sarà di circa 13 mld se non di più, ma nessuno si è fatto avanti con una  controproposta credibile. Non più tardi di qualche giorno fa  (6 luglio ) l’ennesimo convegno che  tenta di rilanciare l’idea di patto. Un convegno  che a me è parso assomigliasse più a un raduno di “duecentoventinovisti” cioè  i reduci ormai della riforma ter. Ma  ancora non siete paghi dei patti malfatti e abortiti che avete fatto sino ad ora? Dei piani di rientro che vi hanno umiliato? Degli affiancamenti e dei commissariamenti che avete dovuto ingoiare? Della miseranda vanificazione della riforma del titolo quinto? Ma ammesso di fare un patto con Monti chiedo agli illustri “duecentoventinovisti” di quel convegno, quale proposta siete in grado di avanzare? Nel cercare di darmi una risposta ho capito che in realtà   una controproposta degna di questo nome loro non ce l’hanno. Quando sento dire che i tagli si possono evitare  con i patti con l’ottimizzazione, con  l’appropriatezza, con la riorganizzazione, mi viene da piangere. E’ come se, in guerre stellari, Harrison  Ford per distruggere la nave ammiraglia dei suoi nemici si presentasse in bicicletta  con la “mazzafionda”. Ma in cosa consiste la strategia dei “duecentoventinovisti” riassunta esemplarmente da quel convegno? La tesi principale  è che a sistema sanitario invariato è possibile apportare modifiche, anche marginali alla sua organizzazione, alla sua spesa storica, e accrescere il grado di ottimizzazione del sistema stesso e la sua economicità. Per cui la sanità pubblica, come ha sostenuto il governatore della Toscana  in tv, può essere rifinanziata con misure di ottimizzazione  o di appropriatezza. Questa è una applicazione neanche tanto dissimulata della discutibile teoria marginalista dell’economia neoclassica.
 
Ho sempre pensato, in tempi non sospetti, che questa politica fosse insufficiente a   confrontarsi con il cambiamento e con la complessità sanitaria. Figurarsi con la recessione. Sul piano dei risultati finanziari  essa non è per nulla  competitiva con i tagli. Questi per quanto odiosi rendono sul piano finanziario  al governo Monti molto di più perché trasferiscono parti cospicue di  spesa pubblica ai redditi privati. L’eventuale  controproposta  se volesse contrastare i tagli dovrebbe negoziare delle ragionevoli riduzioni di spesa programmate nel tempo ma senza privatizzare il sistema. Per fare questo la strada dell’ottimizzazione  sarebbe inconsistente perché lascierebbe il sistema fondamentalmente invariato. Un sistema sanitario  può essere ottimizzato fino ad un certo punto, cioè non può essere ottimizzato all’infinito. Se si vuole creare un argine ai tagli  bisogna cambiare il sistema per farlo costare di meno ma senza sacrificare i diritti. Cioè gli interventi “marginali” come l’appropriatezza non bastano più perché l’invarianza strutturale dei suoi modelli portanti se non  adeguatamente ripensati ad una bassa ottimalità associeranno un problema di antieconomicità.
 
E’ come mettere in marcia, contro i tagli, un motore vecchio facendogli semplicemente una messa a punto. Il motore  anche se ottimizzato proprio perché vecchio  continuerà  comunque a consumare  tanto e ad andare piano, finendo per diventare drammaticamente antieconomico. L’antieconomicità è  la vera bestia nera della sanità pubblica. Oggi per contrastare i tagli  il “miglioramento senza cambiamento” dei “duecentoventinovisti” non basta più. Ciò che si dovrebbe fare per salvare l’art 32 è riconcepire il sistema sanitario a antieconomicità quasi zero e ad alto grado di compossibilità con i diritti. Questa sì che sarebbe una bella proposta da negoziare con il governo! Allora suggerisco di  lasciare perdere i patti, e di pensare a come cambiare il motore nel pieno rispetto dell’art 32 per andare più veloci, fare se possibile più chilometri consumando il meno possibile. Ma non nascondiamoci dietro il proverbiale dito: la necessità di cambiare il motore pone il drammatico problema di trovare nuovi meccanici.

Ivan Cavicchi

 

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