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Lunedì 11 OTTOBRE 2021
Autonomia differenziata. Inutile gridare allo scandalo

Quella di potere pretendere da parte delle Regioni/Province autonome una estensione della loro potestas legislativa esclusiva a dispetto, prevalentemente, di quella concorrenziale, è infatti una opportunità costituzionale. Il punto è che va pesata in modo corretto, soprattutto relativamente alle reali ricadute in termini di efficienza, efficacia, economicità e utilità erogativa dei relativi servizi/prestazioni essenziali da rendere alle rispettive comunità sociali, sanità in primis

In zona Cesarini e senza il dovuto confronto, è stato insediato un Ddl in più nella prossima manovra di bilancio 2022-2024, recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’art. 116 della Costituzione”. E’ quanto stato aggiunto, a sorpresa, nella scansione, riprodotta a pag. 12 della Nota di aggiornamento al DEF, dei decreti che saranno collegati alla legge di bilancio 2022, passati così da 20 a 21.

Attenti a cosa?
Tutto questo ha portato ad urlare allo scandalo, nonostante la previsione sia perfettamente corrispondente a quanto voluto dalla maggioranza di centrosinistra che pretese la revisione costituzionale del Titolo quinto, parte seconda, della Costituzione e a quanto confermato dal relativo referendum. Ciò non solo in relazione al novellato art. 116, comma 3, ma anche al cosiddetto federalismo fiscale, introdotto con il nuovo testo dell’art. 119. Una nuova metodologia di finanziamento del sistema autonomistico territoriale messa irresponsabilmente da parte da oltre 12 anni (nonostante la legge attuativa 42/2009 e nove decreti delegati 2010-2011) con conseguenze tristi, specie per l’esigibilità dei diritti sociali e l’erogazione delle funzioni fondamentali degli enti locali.

Si curino meglio le definizioni
Per intanto, la citazione specifica dell’anzidetta previsione legislativa di fine d’anno non è affatto concettualmente apprezzabile, atteso che la denominazione di “Autonomia differenziata” rappresenta un esempio di perniciosa sovrabbondanza. Ciò in quanto la differenziazione costituisce la caratteristica propria dell’autonomia, senza la quale quest’ultima non sarebbe affatto tale. Intanto, si esercita l’autonomia, consegnata dalla Costituzione (artt. 114, comma 2, e 119, quanto a quella economico-finanziaria) agli enti territoriali, in quanto esplicitata dalle istituzioni interessate distintamente e, per l’appunto, in modo differenziato l’una dall’altra.
 
La ratio della bozza c.d. Boccia non era sbagliata (va ripresa e migliorata)
Una opportunità costituzionale, quella di potere pretendere da parte delle Regioni/Province autonome una estensione della loro potestas legislativa esclusiva a dispetto, prevalentemente, di quella concorrenziale, che va pesata in modo corretto, soprattutto relativamente alle reali ricadute in termini di efficienza, efficacia, economicità e utilità erogativa dei relativi servizi/prestazioni essenziali da rendere alle rispettive comunità sociali, sanità in primis.
 
Al riguardo specifico, ben venga un decreto collegato alla legge di bilancio 2022, inteso ad attuare correttamente il «Regionalismo differenziato» e con esso a dare finalmente un concreto e immediato start al «Federalismo fiscale», che rimandi a casa il criterio della spesa storica (basato sulla quota capitaria pesata) e attivi quello fondato sui costi e fabbisogni standard (quantitativi personalizzati qualitativamente per destinatari) per garantire i livelli essenziali delle prestazioni dei diritti sociali. Più esattamente, i livelli essenziali di assistenza socio sanitaria (Lea integrati dai già Liveas).
 
Il tutto assistito dalla perequazione ordinaria, introdotta nell’art. 119, comma 3, della Costituzione, che assicuri il 100% (per sanità e sociale, oltre che istruzione e trasporti pubblici locali), indispensabili per rendere ovunque esigibili i Lep sociosanitari alle rispettive collettività. Non solo. Dalla perequazione infrastrutturale e dal ricorso alle risorse aggiuntive di cui al successivo comma 5, indispensabili alle Regioni per fare sì che le stesse possano ripartire, con eguali misure e possibilità, dagli stessi blocchi di partenza.
 
Sono le opzioni a dover contare
Concludendo, relativamente all’esercizio del «Regionalismo differenziato», che beninteso riguarda la maggiorazione delle competenze legislative delle Regioni istanti (sulle 19 materie concorrenti e su 5 di quelle esclusive dello Stato) con ovvia ricaduta delle risorse (ma tutta da verificare e ben prevedere nelle leggi concedenti i nuovi poteri normativi regionali), occorre ragionare e seriamente.
 
Ben lungi dalle pretese all’ingrosso fatte proprie prioritariamente dalla Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, seguite pedissequamente da quasi tutte le altre, gli enti territoriali dovranno ben ragionare se e come proporre la prevista istanza al Governo. Ragionando, magari per segmenti di materie e non già pretendendolo nella loro totalità.
 
Un modo per essere non solo responsabili ma per pretendere ampliamenti della loro protesta legislativa in quegli ambiti argomentativi che siano funzionali alla loro crescita e sviluppo. Con il PNRR in corso d’opera, una soluzione di questo tipo potrà andare ben oltre l’utile, anche in relazione alle Misure M6C1 e M6C2, rispettivamente, riguardanti le “reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale” e “Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale” nonché l’assistenza post-Covid, della quale ancora non si sa budgettare nulla e che certamente dovrà contare una assistenza differenziata in melius.
 
Ettore Jorio
Università della Calabria

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