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15 LUGLIO 2012
Medicina generale. Diploma anche ai medici "sostituti"

La proposta di legge dell'on. Schirru (Pd), prevede che il diploma sia rilasciato ai medici sostituti che abbiano esercitato almeno 3.200 ore di attività. Obiettivo: i “precari perenni”. Plauso della Cgil Medici che però avverte sui rischi di un "accesso parallelo e incontrollato alla professione".

“Quando è il sistema a produrre disfunzioni, le deve sanare. Le inadeguatezze normative che generano precariato a vita non possono essere pagate dai cittadini e dai professionisti ”. Per questo la Fp Cgil Medici accoglie “positivamente” la  proposta di legge presentata dalla On. Amalia Schirru (Pd) che mira a riconoscere ai medici sostituti con oltre 3.200 ore di servizio prestato, il diploma di formazione specifica in medicina generale. Un riconoscimento che le Regioni devono garantire senza contingentamento del numero dei diplomi rilasciati, specifica il progetto di legge.

L’iniziativa, come spiega Schirru nell’introduzione al provvedimento, muove i passi dall’alto numero di medici non titolali occupati sul territorio per coprire il fabbisogno e dal basso numero di posti a disposizioni nei corsi regionali per ottenere il diploma di formazione specifica in medicina generale, requisito unico per poter accedere alla graduatoria regionale di settore. Corsi a cui si accede per concorso (25 posti all’anno) oppure a domanda in sovrannumero (3 posti all’anno).

“Le aziende sanitarie locali (ma anche privatamente i medici di base) da anni si servono in maniera continuativa e strutturata di medici senza il corso di formazione, addirittura specializzandi o neolaureati. Questi medici, quindi, lavorano da anni nel sistema ma non possono accedere alle graduatorie perché sono senza titolo e perciò destinati al precariato perenne”, afferma Schirru.

“Di contro – aggiunge l'onorevole - il numero di medici ‘formati’ è basso rispetto al fabbisogno, a causa sia dell’alto costo richiesto alla regione per la formazione sia per la bassa disponibilità di tutoring presso le strutture sanitarie. A questo si aggiunge il fatto che molti abbandonano il corso in favore dell’ingresso nelle scuole di specializzazione, che garantisce loro un periodo più lungo di occupazione (quattro anni invece di tre) e uno stipendio più alto (2.000 euro invece di 800 euro). Non va dimenticato, inoltre, il fatto che, al massimo fra cinque anni, ci sarà il pensionamento in massa di buona parte dei medici attualmente occupati”.

Tenuto conto delle “grandi difficoltà nel garantire la copertura dei servizi, in particolare in territori disagiati, e che il 70 per cento dei medici sarà collocato in pensione fra cinque anni”, per Schirru “si intuisce la drammaticità del problema e soprattutto delle sue conseguenze: un ulteriore aggravamento della difficoltà di copertura dei servizi, con forte rischio di chiusura; il rischio di arrivo in massa di medici ‘titolati’ da altri paesi europei o di ‘smercio’ di titoli; un’ulteriore precarizzazione dei medici ‘non titolati’, con spinta verso l’emigrazione”.

Una situazione per la quale esprime preoccupazione anche la Fp Cgil medici, che commentando la proposta di legge, ribadisce come i medici sostituti siano “necessari alla continuità delle cure” ma “sottopagati” e “senza alcun diritto”. Inoltre, “non possono proprio essere iscritti nella graduatoria per la medicina generale e quindi aspirare ad un lavoro stabile: fanno un lavoro che non potranno fare”. Insomma “precari, sfruttati e senza diritti, neanche quello del futuro. Necessari al sistema ma espulsi dalla carriera professionale”.

“Riteniamo – aggiunge la Fp Cgil Medici .- che sia necessario porre rimedio a questa contraddizione che riguarda i medici ma riguarda anche il sistema. E va positivamente  in questa direzione la  proposta di legge presentata dalla on. Schirru”.

“Certamente – sottolinea il sindacato - sarà necessario definire meglio i tempi di applicazione, per evitare un accesso parallelo ed incontrollato al di fuori della norma europea. E sarà necessario fissare le modalità obiettive di accertamento della attività svolta dai medici. Ma affrontiamo questo problema senza mettere la testa sotto la sabbia”.
 
 

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