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Quale sanità?/5. Cursi (Pdl): “La salute non ha prezzo, ma la sanità costa”


07 OTT - Cesare Cursi, responsabile Salute del Pdl, conferma in questo articolo in esclusiva per il nostro giornale la necessità di rivedere il modello sociale italiano. Ma parlare di fondi integrativi sottolineando che Fondi integrativi non significa polizze sul modello americano.
 
Siamo cresciuti con la convinzione che “la salute non ha prezzo” ed oggi, in tempo di crisi economica, dobbiamo ricrederci anche su questo. Viviamo un paradosso apparentemente incomprensibile. Da un lato, vantiamo un Sistema sanitario nazionale che l’Organizzazione mondiale della Sanità posiziona al secondo posto nella classifica mondiale, dopo la Francia, e che dimostra di aver saputo controllare la dinamica della spesa meglio di altri Paesi. Dall’altro, abbiamo l’esigenza indifferibile di sottoporre il nostro Sistema sanitario al rigido vincolo dei criteri di economicità e contenimento della spesa, senza i quali la sopravvivenza dell’intero comparto – soprattutto per il centro-sud del Paese – è addirittura a rischio. Insomma, un Sistema sanitario di qualità che però impiega sempre più risorse rendendo insostenibile la propria permanenza in vita.
Siamo di fronte alla necessità di ripensare un sistema che non garantisca più “tutto a tutti” ma solo “tutto quello che realmente serve a chi ne ha veramente bisogno”. Se consideriamo che un ricovero su tre è inappropriato e che circa il 40% degli esami diagnostici e di laboratorio sono inutili, abbiamo già dato una prima risposta alle nostre domande.
In altre parole, d’ora in poi, sarà sostenibile solo un modello assistenziale caratterizzato dalla “appropriatezza” delle cure erogate e su questo dobbiamo lavorare.
La domanda, più volte rincorsa negli anni passati, è sempre la stessa. Può il diritto alla salute – garantito dagli articoli 32 e 38 della Costituzione – essere subordinato alle esigenze di bilancio?
Mi permetto solo di ricordare che il Fondo sanitario nazionale è passato dai 69 miliardi di euro del 2000 agli attuali circa 115 previsti per il 2011.
Perché alcune Regioni, cosiddette virtuose, riescono a garantire buona sanità tenendo in equilibrio il proprio bilancio e altre – che offrono livelli qualitativi senza dubbio inferiori – accusano bilanci in grave dissesto?
La risposta, tutt’altro che semplice, parte dall’analisi del sistema organizzativo di cui ogni singola Regione si è dotata. L’esperienza di questi anni ha dimostrato proprio questo: le Regioni che meno spendono sono le più virtuose, quelle che hanno i conti fuori controllo sono anche quelle che garantiscono peggiori livelli essenziali di assistenza. Quindi l’assioma è semplice: non si tratta di quante risorse si hanno a disposizione ma di come i propri servizi sanitari regionali riescono a gestire queste risorse.
È chiaro che gli attuali costi della sanità non sono più sostenibili ed a questo la politica ha l’obbligo di dare risposta. Risposta che – come noto – ha registrato un’improvvisa accelerazione negli ultimi tempi, prima con la stesura del decreto applicativo del federalismo fiscale, poi con la recentissima manovra finanziaria.
L’occasione per una riforma complessiva del sistema di generazione e produzione delle prestazioni e dei servizi sanitari comporterebbe la riscrittura delle vigenti regole, da realizzare mediante l’approvazione della riforma quater, tenendo presente il quadro costituzionale intervenuto a seguito della revisione del 2001, riaprendo questioni che rimandano all’istituzione del Ssn e che ha consentito solamente un parziale decollo di questo complesso di funzioni ed attività assistenziali.
In conclusione mi permetto di evidenziare alcuni tra gli elementi che ritengo necessari a questo percorso di revisione dell’attuale Servizio sanitario nazionale.
Innanzi tutto, dalla convinzione di una spesa non più totalmente sostenibile per le casse pubbliche, l’istituzione di “Fondi integrativi” del Ssn – che non significa affatto polizze sanitarie private – attraverso i quali sarà possibile riorientare la spesa dei cittadini verso ciò di cui le politiche pubbliche non riescono o non riusciranno a farsi carico. Riorientare ciò che oggi gli attuali fondi offrono verso i problemi di maggiore rilevanza sociale, come l’assistenza agli anziani non autosufficienti, sempre secondo uno schema di tipo solidaristico negoziale, non lasciando gran parte della popolazione da sola ma permettere di provvedervi in maniera autonoma, in base alla propria capacità reddituale.
Occorrerebbe pertanto una politica tesa al miglioramento degli incentivi fiscali per favorire lo sviluppo delle forme di assistenza sanitaria integrativa.
La ratio dell’agevolazione fiscale riconosciuta sui contributi versati ai Fondi di assistenza sanitaria integrativa trae fondamento, innanzi tutto, dalla destinazione a un bene fondamentale dell’individuo che è quello alla salute.
Maggiore Ricerca e Tecnologia. La ricerca nel settore della medicina e in quello farmacologico sono volte a rendere disponibili terapie nuove sempre più mirate ed efficaci, ma allo stesso tempo anche più costose. Aumentare le risorse per l’innovazione e la ricerca, puntare sullo sviluppo dell’industria della salute dovrebbe essere una scommessa che accomuna i decisori politici a prescindere dalle diverse posizioni.
In più cogliere le opportunità presentate dall’avvio del processo federalistico. La maggiore competizione fra le Regioni nel fornire prestazioni e servizi efficaci non può prescindere nella fase transitoria da un ulteriore sforzo economico volto a ridurre il gap esistente fra le Regioni del Centro-Nord e quelle del sud tramite la perequazione infrastrutturale, che riduca se non elimini le carenze in dotazione tecnologica avanzata e strutture ospedaliere moderne.
L’implementazione della sanità digitale per il Ssn rappresenta una grande opportunità. Strumenti come la ricetta e fascicolo sanitario elettronici, medicina in rete, telemedicina prenotazioni di prestazioni on line con pagamento e refertazione digitale porterebbe ad un recupero di efficienza enorme.
Una comunicazione che si avvalga delle nuove tecnologie e dei nuovi strumenti comunicativi sembra essere in grado di ridurre l’asimmetria informativa tra medici e pazienti per migliorare il momento di accesso al Ssn.
Più empowerment, ovvero quel processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita.
Promuovere il ruolo del cittadino e delle associazioni, sviluppando strumenti do coinvolgimento di cittadini e pazienti, assicurando la partecipazione di pazienti stessi e le loro associazioni negli organismi e nei processi decisionali, migliorando l’efficacia della carta dei servizi.
Più medicina sul territorio. Più formazione dei medici e dei manager a capo delle aziende sanitarie. Maggiore attenzione alle problematiche su formazione, aggiornamento continuo, corretto utilizzo delle risorse umane del Ssn. Più “Reti integrate Hub and Spoke”. Riorganizzare le reti ospedaliere regionali, rafforzando quelle nazionali e sovra regionali, razionalizzare la rete dei servizi: medicina di laboratorio e diagnostica per immagini, riorganizzare l’offerta riabilitativa. Insomma, meno ospedale e più assistenza territoriale.

Cesare Cursi
Presidente Commissione industria e turismo del Senato e responsabile dipartimento Salute e Affari sociali del Pdl

 

07 ottobre 2011
© Riproduzione riservata

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