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Riconfigurare un percorso diagnostico terapeutico assistenziale: l’Health Pathway Design


08 NOV - Elaborazione Meridiano Sanità

L’approccio dell’Health Technology Assessment (HTA) si è affermato nell’ambito del Sistemi Sanitari dei Paesi avanzati in quanto sembra fornire una risposta convincente al problema della limitatezza delle risorse aggravata da fenomeni sociali e demografici quali l’invecchiamento della popolazione, la crescita in volume e consapevolezza della domanda di assistenza, così come le nuove opportunità di cura derivanti dallo sviluppo tecnico e tecnologico.
Nell’ambito degli strumenti dell’HTA, le valutazioni economiche giocano un ruolo importante perché rappresentano uno strumento utile ad offrire una chiave di lettura per stabilire la convenienza economica di una scelta che dipende dalla caratteristica delle tecnologie comparate, dalla disponibilità e dall’attendibilità dei dati di costo e di outcome (analisi di minimizzazione dei costi, analisi costo-beneficio, analisi costo efficacia, analisi costo-utilità).
L’HTA non è semplicemente un insieme di metodi e discipline per la valutazione delle tecnologie, ma rappresenta una vera e propria filosofia di governo per un sistema sanitario che intenda legare le decisioni alle evidenze scientifiche disponibili, o comunque a meccanismi trasparenti in cui tutte le parti interessate possano partecipare, apportando la propria prospettiva.
nche i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), piani interdisciplinari di cura creati per rispondere ai bisogni complessi di salute del cittadino, rientrano in questa categoria, in quanto interventi volti ad agire sulla salute delle persone. La valutazione delle tecnologie sanitarie riguarda le modalità di uso appropriato nella pratica clinica delle stesse e della loro interrelazione e riguarda perciò i PDTA effettivamente operanti nella pratica. Tuttavia, raramente questi ultimi sono direttamente oggetto di valutazione.
In generale l’HTA o le valutazioni economiche sono più frequentemente condotte, prendendo ad oggetto singoli interventi o tecnologie, al fine di valutarne l’appropriatezza nell’uso della pratica clinica.

L’Health Pathway Design
A livello “macro”, i costi della sanità vengono suddivisi in base alle tipologie di assistenza erogata: costi per l’assistenza farmaceutica, specialistica, ecc. perchè questo è il criterio con cui si ripartiscono i finanziamenti. Ma questo parametro non aiuta a comprendere il costo dell’assistenza effettivamente erogata al paziente. La visione segmentata dei costi, infatti, non rapportata all’obiettivo ultimo della prestazione e non correlata agli outcome è insostenibile e controproducente.
Ciascuna patologia ha il proprio repertorio di outcome, che possono avere una scala di priorità, a seconda che siano connessi alla sopravvivenza, alla riduzione delle complicanze, agli effetti collaterali di lungo termine, ecc.
Le diverse tipologie di outcome includono: diagnosi precoce, trattamento precoce, trattamento meno invasivo, riduzione delle complicazioni, recupero più rapido, recupero di funzionalità, riduzione delle riacutizzazioni, riduzione dei tempi di riabilitazione, rallentamento della patologia, ecc.
Nella prospettiva di garantire sostenibilità al sistema ed equità di accesso alle cure (anche innovative) ai pazienti, l’approccio basato sul valore per il paziente e la visione integrata del percorso appare particolarmente interessante, dal momento che tutte le altre misure di contenimento dei costi basate sulla visione parcellizzata del paziente e dei suoi bisogni non hanno ad oggi conseguito gli effetti auspicati.
Quest’ultimo approccio è particolarmente inefficiente nel caso delle patologie croniche che danno quasi sempre origine a co-morbilità e complicanze, che necessitano dell’intervento di specialisti che, se non coordinati e integrati, peggiorano sia la capacità complessiva di curare il paziente, sia l’efficienza di impiego delle risorse.
L’Health Pathway Design è la metodologia attraverso la quale, a partire da un percorso diagnostico-terapeutico, si perviene alla visione integrata del paziente e delle sue necessità di salute, organizzando l’erogazione dei servizi e delle prestazioni in modo da massimizzare il valore per il paziente stesso, ossia fra outcome e costi riferibili al percorso e non al singolo episodio di cura, adottando un approccio multidimensionale per l’analisi del valore come accade nelle valutazioni di HTA, partendo dal presupposto che il finanziamento della sanità si basa sul costo del trattamento nel suo complesso.
L’obiettivo è quello di disegnare un PDTA che risulti non solo costo-efficace, ma che sia in grado di generare “valore” per il paziente e contemporaneamente per tutte le “parti interessate” al sistema sanitario.
Applicare l’approccio dell’HPD, in sostanza, vuol dire disegnare un PDTA in modo coerente con le logiche di HTA, focalizzando l’attenzione su cinque aspetti:
1.    Un concetto ampio di “outcome” che consideri sia gli endpoint “fisici” sia gli effetti che l’intervento terapeutico ha sulla qualità della vita del paziente e sull’utilità generale che ne trae (adottando il QALY come indicatore di riferimento). Estendendo ancora il ragionamento, in considerazione delle forti implicazioni che una patologia cronica ha anche sui caregiver e sulla società intera, sarebbe auspicabile adottare una prospettiva ancora più ampia di tipo sociale;
2.    Un’organizzazione integrata e una responsabilità sui processi per comprendere fino in fondo che il conseguimento di tali “endpoint” dipende dal complessivo processo di assistenza e non dal contributo che le singole strutture o professionalità coinvolte danno al processo stesso. L’implicazione, in questo caso, è per il sistema organizzativo la cui responsabilità non può essere riferita alla “struttura” ma al “processo”, aspetto, questo, che tende a rivalutare il ruolo stesso del “professionista” all’interno del sistema sanitario e non solo all’interno della struttura ospedaliera.
3.    L’HPD implica, quindi, l’uso dei modelli “per competenza” nell’identificazione dei profili professionali che sono chiamati a collaborare in un PDTA.
4.    Queste conseguenze organizzative generano, a loro volta, un risvolto di carattere finanziario: il finanziamento, infatti, non può essere riconosciuto alle “strutture” ma ai “processi”, dando finalmente attuazione a quella previsione normativa già effettuata nel D.lgs. n 229/99, che all’art. 8 sexies prevedeva il finanziamento delle “funzioni” in riferimento proprio alle patologie croniche e recidivanti.
5.    Per avere una cognizione esatta delle risorse assorbite dalle diverse alternative di processo eventualmente disponibili tra le quali dovremo scegliere quella a “maggior valore aggiunto”, i costi dovranno essere rilevati prendendo come riferimento le attività svolte sul paziente e non i costi delle strutture a cui le persone o le tecnologie utilizzate fanno riferimento. E’ opportuno superare la stessa logica della contabilità analitica dei centri di costo e adottare una visione avanzata e più ampia dell’activity based costing.
Costo del percorso, dunque, e non della prestazione, per avere una cognizione esatta delle risorse assorbite dalle diverse alternative di processo eventualmente disponibili.

Approccio Health Pathway Design applicato al PDTA del paziente diabetico
Nei Sistemi Sanitari dei Paesi sviluppati, l’attenzione alla gestione della patologia diabetica si sta progressivamente spostando verso la realizzazione di modelli di gestione integrata, basati sulla centralità della persona, e sulla presa in carico dei suoi problemi.
Generalmente gli elementi “chiave” sono l’approccio multidisciplinare integrato e l’adozione di un protocollo diagnostico-terapeutico condiviso.
Il diabete, in particolare, rappresenta un buon campo di applicazione data la sua natura di patologia cronica con complicanze che si estendono a molteplici aree mediche. Inoltre, tale condizione richiede la messa in campo di risorse non solo sanitarie, rendendo molto difficile la valutazione di singoli momenti o di singole patologie, derivate per il tramite della considerazione di endpoint intermedi.
Il diabete risulta essere una delle patologie croniche a più ampia diffusione nel mondo e una delle più rilevanti e costose malattie sociali della nostra epoca.
Dati recenti dell’International Diabetes Federation (IDF) riportano che nel 2010 oltre 284 milioni di persone nel mondo fossero affette da diabete e che nel 2030 i diabetici adulti saranno 438 milioni. Il tasso di prevalenza globale aumenterà dal 6,4% del 2010, al 7,7% nel 2030. L’aumento dei casi è attribuibile al peggioramento delle abitudini alimentari, obesità, stili di vita sedentari e il crescente benessere dei paesi emergenti.
Ogni anno il diabete e le sue complicanze comportano una spesa sanitaria ingente e in costante aumento, oltre a sostanziali costi indiretti di carattere socio-economico come la perdita di produttività e le assenze dal lavoro.

Il diabete in Italia
La situazione della patologia diabetica in Italia è sostanzialmente analoga a quanto riscontrato negli altri Paesi industrializzati. Si stima che sia affetto da diabete il 4,9% degli Italiani (pari quasi a 3 milioni di persone – casi diagnosticati). Se consideriamo, però, che secondo alcuni studi, c’è un caso di diabete non diagnosticato ogni due casi noti, il numero totale dei diabetici stimati in Italia è pari a 4,5 milioni di persone.
La prevalenza più alta si registra al Sud e nelle Isole con un valore del 5,6%; seguono il Centro con il 4,8% e il Nord con un 4,4%. L’andamento della prevalenza del diabete negli ultimi 10 anni mostra un trend di crescita costante: il tasso grezzo ha registrato una variazione dal 3,9% del 2001 al 4,9% del 2010.
Per quanto riguarda i costi associati alla patologia, il Ministero della Salute stima che il diabete pesi per circa il 6,5% sulla spesa sanitaria pubblica nazionale.
Il costo medio annuo pro capite di un paziente diabetico oscilla tra i 2.600€ e i 3.700€. La spesa ospedaliera rappresenta oltre la metà (54%) dei costi complessivi, mentre i farmaci incidono per il 16% circa. I ricoveri riconducibili a diabete e sue complicanze (ictus, infarto, insufficienza renale, amputazione arti inferiori) in Italia sono stimati in più di 75.000 l’anno.
Il tasso di ospedalizzazione per 100 mila abitanti per diabete non controllato nel 2009, va da uno “0” della Valle d’Aosta, a un 8,30 del Piemonte a un 31,37 della Lombardia, a un 46,89 della Sicilia (media italiana: 25,89).
Ridurre le complicanze, dunque, diventa un imperativo categorico per migliorare la qualità di vita dei pazienti e per ridurre i costi associati alla patologia.
Un’area di intervento ad alto impatto sulle complicanze è collegata all’appropriatezza del percorso diagnostico terapeutico del paziente diabetico.
Alcuni aspetti di appropriatezza del ricorso a prestazioni ospedaliere e di efficienza/efficacia dei servizi territoriali possono essere valutati con alcuni indicatori che riguardano situazioni cliniche che per loro natura non dovrebbero dare origine a un ricovero o per la possibilità di poter erogare una adeguata assistenza senza dover fare ricorso all’ospedalizzazione, oppure per la possibilità di tenere efficacemente sotto controllo la patologia con un adeguato stile di vita, controlli medici regolari, prevenzione e percorsi terapeutici specifici.
Come già anticipato, i PDTA sono piani interdisciplinari di cura creati per rispondere a bisogni complessi di salute del cittadino. Per la costruzione dei percorsi sono fondamentali le raccomandazioni delle linee guida e le evidenze della letteratura scientifica che permettono la costruzione di un percorso ideale che definisce la migliore sequenza temporale e spaziale possibile delle attività da svolgere per risolvere i problemi di salute del paziente sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche.

Progetto IGEA
Il Progetto IGEA, avviato nel 2008 su mandato del Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie, si pone come obiettivo quello di fornire strumenti necessari per la gestione integrata del diabete in Italia, in un’ottica di miglioramento dello stato di salute del paziente.
Fornisce, inoltre, le indicazioni necessarie per un percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale sulla base di un modello di gestione integrata proposta all’interno del progetto. Tale modello si basa su tre attività: definizione dei criteri di inclusione dei pazienti all’interno del modello (invio del paziente dal MMG allo specialista per approfondimenti diagnostici e per la stratificazioni del rischio, in cui vengono suddivisi i pazienti in relazione al grado di complessità assistenziale), presa in carico del paziente,  predisposizione di un piano di cura personalizzato condiviso tra i professionisti. In questa fase il paziente viene educato alla gestione della patologia mediante l’indicazione delle visite specialistiche da eseguire e dell’automonitoraggio.
 
Analisi di un caso concreto: ASL CN2 Alba-Bra
Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale ridisegnato secondo una logica Health Pathway Design implica l’applicazione delle logiche della medicina basata sull’evidenza e dell’HTA in due prospettive: in primo luogo per selezionare le singole attività che devono entrare a far parte del percorso e in secondo luogo per verificare che l’intero percorso risulti non solo costo-efficace, ma in grado di generare valore per il paziente e per la società.
Le evidenze prodotte dallo studio del caso della ASL CN2 Alba-Bra possano rappresentare lo spunto per la verifica del costo-efficacia del percorso.
L’ASL CN2 Alba-Bra gestisce i servizi sanitari sul territorio del comprensorio Alba-Bra che comprende 76 comuni e copre una popolazione di circa 170 mila abitanti.
La struttura nell’ambito del progetto regionale della prevenzione delle complicanze del diabete ha definito un programma di gestione integrata dei pazienti con i Medici di Medicina Generale e con le strutture del territorio.
Il Medico di Medicina Generale, una volta effettuata la diagnosi di diabete su base clinica, invia il paziente presso il Servizio Diabetologico, che, alla prima visita, viene accolto da un Infermiere Professionale per la raccolta dei dati anagrafici. L’Infermiere Professionale provvede, poi, a fornire al paziente le informazioni relative all’iter diagnostico, terapeutico e a rilevare le misure antropometriche (altezza, peso, circonferenza vita, pressione arteriosa, misurazioni con reflettometro della glicemia capillare).
Il paziente viene successivamente visitato dallo specialista che, oltre ad un esame obiettivo, esegue esami diagnostici quali un elettrocardiogramma (ECG) e un ecodoppler arterioso agli arti inferiori. Vengono anche esaminati i piedi con la valutazione delle prove neurologiche. Durante questo esame sia il medico che l’Infermiere Professionale, provvedono a fornire al paziente le nozioni essenziali di educazione sanitaria sul piede diabetico, oltre a un obiettivo e a un piano terapeutico.
Il personale medico-sanitario, provvede, inoltre, a offrire al paziente il necessario counselling sullo stile di vita (attività fisica regolare, dieta) e, se necessario, all’invio presso l’ambulatorio di dietologia, per un programma alimentare personalizzato. Se ritenuto utile come strumento terapeutico, viene, inoltre, consegnato al paziente un reflettometro per l’automonitoraggio a domicilio, oltre a una corretta informazione per l’utilizzo dello stesso e per la gestione dei dati ricavati. Il medico formula, poi, il piano di automonitoraggio glicemico che il paziente deve consegnare al Medico di Medicina Generale.
Successivamente, il paziente viene inviato ad eseguire una retinografia le cui immagini sono inoltrate in forma digitale al reparto di oculistica, Nella compilazione del referto l’oculista formula anche il programma terapeutico proposto (controllo, visita oculistica, Fluorangiografia – FAG, o accertamenti ulteriori).
Se durante la prima visita diabetologica vengono evidenziati problemi clinici, i pazienti vengono rinviati a ulteriori valutazioni.
Al termine della prima visita viene fissata la data del successivo controllo a seconda delle condizioni cliniche del paziente.
Il paziente viene quindi indirizzato nuovamente al MMG con l’avvio del programma di gestione integrata se l’Hb glicosilata è minore di 8%. Se l’Hb glicosilata è maggiore di 8% verrà invece rivisto nell’ambulatorio di diabetologia.
Dopo la visita il paziente tornerà dal MMG, che provvederà a controlli trimestrali con un programma di esami e accertamenti predisposti (follow-up periodico).
Sul territorio, i pazienti diabetici non deambulanti o ospiti delle case di riposo vengono seguiti dagli Infermieri Professionali dell’Assistenza Domiciliare Integrata, che faranno da collegamento tra i Centri Specializzati e i pazienti stessi.
Valutazione dell’impatto economico del percorso di gestione del paziente diabetico all’interno dell’ASL 2
La casistica della Asl, oltre a fornire l’evidenza di una implementazione ottimale delle linee guida per il trattamento del diabete, rappresenta anche un benchmark in termini di rilevazione e accesso alle informazioni più importanti del PDTA, incluse le complicanze legate alla patologia, secondo le logiche dell’Health Pathway Design.
Grazie a queste informazioni è stato possibile ricostruire:
•    il costo totale delle diverse voci di costo (ricoveri, prestazioni ambulatoriali, accessi in pronto soccorso, farmaci, ecc.);
•    il costo unitario medio delle voci di costo;
•    il costo medio per paziente di ciascuna voce di costo (calcolato dividendo il costo totale di ciascuna voce per il numero dei soli pazienti diabetici che hanno effettivamente ricevuto tale tipo di prestazione);
•    il contributo di ciascuna voce di costo al costo medio per paziente del percorso (calcolato dividendo il costo totale di ciascuna voce per il numero totale di pazienti gestiti nel percorso);
•    il costo totale del percorso e il costo medio per paziente del percorso.

I principali risultati
La casistica considerata si riferisce a 6.624 pazienti. Il costo complessivo relativo al PDTA risulta essere pari a 10.672.966 €, stimato mediante la spesa totale di ogni singola voce di costo.
Le principali determinanti della spesa sono i ricoveri (28,2%) e i farmaci (assistenza farmaceutica 26,9% e distribuzione diretta 3,3%), che insieme raggiungono circa il 58% del costo totale. Un altro consistente contributo alla determinazione del costo totale del diabete è dato dalle prestazioni ambulatoriali con un impatto del 21,7% della spesa. Una percentuale di spesa più bassa è attribuita invece all’autocontrollo glicemico (9,6%), ai costi di struttura del centro antidiabetico (7,8%) e al pronto soccorso (2,6%).
Il costo complessivo dei ricoveri nella Asl ammonta a 3.014.384 euro. Il costo unitario medio dei ricoveri ospedalieri è di 4.466 euro. Il costo medio delle ospedalizzazioni per paziente ricoverato ammonta anch’esso a 4.466 euro (i 675 ricoveri sono tutti relativi a pazienti diversi). Facendo invece riferimento a tutti i pazienti diabetici del campione, il contributo dei ricoveri al costo medio per paziente del PDTA è pari a 455 euro. I ricoveri che riguardano le complicanze cardio-vascolari raggiungono quasi il 58% della spesa totale per ricoveri. L’ortopedia e il sistema nervoso incidono quasi in egual misura sul costo totale con un peso percentuale del 12%. Valori simili si registrano per i ricoveri relativi al sistema nefrologico (10,5%). Infine il 6,1% riguarda le complicanze oftalmiche.
La spesa complessiva relativa alle prestazioni ambulatoriali risulta pari a 2.315.556 euro. Il costo unitario medio delle prestazioni ambulatoriali è di 15,99 euro. Il costo medio delle prestazioni ambulatoriali per paziente ammonta a 399,65 euro. Il contributo delle prestazioni ambulatoriali al costo medio per paziente del PDTA è pari a 349,57 euro. La dialisi è la prestazione che assorbe la maggioranza delle risorse (38,3%), seguita degli esami di laboratorio (25%) e la visita di controllo (15,4%).
Il costo totale del pronto soccorso ammonta complessivamente a 274.712 euro. Il costo unitario medio per le prestazioni di pronto soccorso è di 15,68 euro. Il costo medio delle prestazioni di pronto soccorso per paziente ammonta a 152,03 euro. Il contributo delle prestazioni di pronto soccorso al costo medio per paziente del PDTA è pari a 41,47 euro.
La spesa farmaceutica è stata pari a 2.865.959 euro. Il costo unitario medio per le prestazioni di assistenza farmaceutica è di 13,81 euro. Il costo medio delle prestazioni di assistenza farmaceutica per paziente ammonta a 500,17 euro. Il contributo delle prestazioni di assistenza farmaceutica al costo medio per paziente del PDTA è pari a 432,66 euro.
I test per l’autocontrollo glicemico costano complessivamente € 1.024.226 comprendendo in tale voce il test, gli aghi e le lancette. Tali voci sono state estrapolate dalla spesa farmaceutica. Il costo unitario medio ammonta a 17,83 euro. Il costo medio per autocontrollo glicemico ammonta a 275,03 euro. Facendo riferimento a tutti i pazienti diabetici del campione, il contributo al costo medio per paziente del PDTA è pari a 154,62 euro.
Il costo complessivo della distribuzione diretta ammonta a 348.060 euro. Il contributo al costo medio per paziente del PDTA è pari a 52,55 euro.
Alle voci di costo sopra riportate sono poi da aggiungere i costi annuali del centro antidiabetico. Si tratta di 830.070 euro in totale, che ripartiti sulla casistica considerata (6.624 pazienti presi in carico in tutta la Asl) ammontano a 125,31 euro per paziente.
In conclusione, il costo medio per paziente ammonta quindi a 1.611 euro. A questo valore va sommato anche il costo relativo all’attività dei Medici di Medicina Generale, che possiamo stimare in circa 100 euro. Il costo medio per paziente sale quindi a 1.711 euro.
Nel caso di assenza di complicanze, il costo di un paziente si attesta intorno a 700/750 euro (spese per personale, visite di controllo, analisi di laboratorio, terapie farmacologiche con insulina e ipoglicemizzanti, test per la misurazione della glicemia, attività dei MMG).
Nel caso della presenza di complicanze, il costo medio del paziente aumenta, a causa di prestazioni ambulatoriali più complesse, accessi al pronto soccorso e ricoveri ospedalieri, e può arrivare anche fino a 25.000 euro in caso di complicanze cardiovascolari importanti.
Successivamente alla costituzione del Servizio Diabetologico, la rilevazione degli outcome conseguiti sui pazienti diabetici ha fornito risultati molto incoraggianti rispetto alla situazione pre-esistente. In particolare, tra il 2004 e il 2010, la Asl documenta una riduzione del 20% dei casi di insufficienza renale terminale; una riduzione del 30% di amputazioni degli arti inferiori; una riduzione del 10% dei casi di retinopatia proliferante grave (da ricondursi in particolare all’inserimento dello screening della retinopatia come esame di routine a partire dal 2004). Inoltre, nel 2010 si riscontra un solo caso di ricovero per diabete non controllato.

 

08 novembre 2011
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