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Fnopi: “Team vincenti per le cronciità: la ricetta è l'infermiere di famiglia”


07 NOV - “Si potrebbe dire che il rapporto OECD Health at a Glance 2019, appena diffuso dall’OCSE, non contiene novità per gli infermieri: rispetto a una media OCSE di 8,8 professionisti ogni mille abitanti, da noi ce ne sono solo 5,8. Mentre di medici rispetto a una media OCSE di 3,5 l’Italia ne ha 4 ogni mille abitanti”. È quanto scrive la Fnopi in una nota.
 
“Il rapporto – prosegue - tra infermieri e medici resta uno dei più bassi dei paesi OCSE: 1,5. Al 35° posto sui 44 paesi considerati e ben al di sotto della media OCSE di 2,7, con un rapporto che è la metà di quello che hanno in Europa ad esempio Francia e Germania (uguale o superiore a 3), mentre il Regno Unito con 2,8 è comunque al di sopra della media. Quel che è peggio è l’invecchiamento della popolazione sia infermieristica che medica con un aumento medio dal 2000 al 2017 del 36% di “anziani” che per gli infermieri sono al di sopra dei 50 anni e per i medici dei 55 anni”.
 
“In questo quadro di riduzione  - continua la Fnopi - e/o invecchiamento della forza lavoro infermieristica, spicca anche il dato di servizi di prevenzione al di sotto della media OCSE (68% in Italia contro una media del 73%) e quello dell’aumento della disabilità legato all’invecchiamento della popolazione.  Secondo il rapporto OCSE l'Italia ha attualmente la seconda prevalenza più alta di demenza in tutti gli stati dell’Organizzazione (23 casi per 1 000 abitanti). Entro il 2050, le proiezioni stimano che più di una persona su 25 vivrà con demenza. Ma nonostante questo, l'Italia ha speso meno dello 0,6% del Pil per l'assistenza a lungo termine nel 2017 e, sebbene il numero sia in aumento, l'Italia ha il quinto più basso numero di letti per lungodegenza£.
 
L’OCSE sottolinea in questo senso la necessità di “un passaggio verso l'assistenza sanitaria primaria basata su team che integrino in modo flessibile le competenze di vari operatori sanitari per migliorare i risultati in pazienti con patologie croniche e multimorbidità (team interprofessionali per pazienti complessi nelle cure primarie)”.
 
 “Ancora una volta – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche – l’OCSE sottolinea la carenza dei nostri professionisti. Ma per la prima volta mette in forte evidenza anche i rischi legati all’aumento di cronicità e disabilità e indica come cura quella che noi stiamo da tempo proponendo: team multiprofessionali soprattutto nell’assistenza di base, sul territorio. Nel quale per noi la figura naturale accanto ai medici di medicina generale è l’infermiere di famiglia e di comunità”.
 
“E’ l’unica via – conclude – per gettare le basi di un vero, nuovo modello di assistenza. L’infermiere è la figura costantemente presente nei team assistenziali e può ricoprire un ruolo significativo nella gestione della complessità evidenziata dalla persona assistita. È un punto di riferimento (in team con altri professionisti) come hanno dimostrato le esperienze nelle Regioni benchmark, che può dare risposte e sostegno alla fragilità, alla cura, al bisogno di continuità ed integrazione attraverso una presa in carico proattiva, continua e integrata rispetto ai veri bisogni dei cittadini”.  
 

  

 
 

07 novembre 2019
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