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Il Libro bianco sul dolore di Nopain 


27 MAG - In occasione della Giornata nazionale del sollievo, NOPAIN Onlus, Associazione Italiana per la cura della Malattia Dolore, presenta la seconda edizione del Libro Bianco, un nuovo studio sulla realtà e le Strutture di Terapia del Dolore presenti in Italia dove i dati emersi dalla nuova indagine sono messi a confronto con quelli elaborati nell’edizione del 2008 .
Dopo quasi 4 anni dalla precedente ricerca condotta da NOPAIN Onlus e a 2 anni dall’entrata in vigore della legge 38/2010, emerge purtroppo il perdurare di un quadro nazionale variegato e frammentato.

IL QUADRO EPIDEMIOLOGICO
Due persone su 10 in Italia soffre di dolore cronico per lunghi periodi della vita, percentuale che sale fino a 5 persone su 10 quando si superano i 70 anni di età; si tratta quindi di circa 12 milioni di persone che hanno bisogno, in misura e in modo diverso, di essere trattate nel tempo. Ad esserne colpito è soprattutto il sesso femminile. Il 61% dei pazienti con dolore cronico subisce una riduzione della capacità lavorativa, il 50% soffre di depressione reattiva e i disturbi ansiosi sono presenti nel 40% dei casi. Spesso si è anche costretti ad abbandonare il posto di lavoro (11%). Il dolore in questi casi non è più un sintomo ma diventa una vera e propria malattia.
AUMENTA IL NUMERO DI STRUTTURE DI TERAPIA DEL DOLORE, MA NON DEI CENTRI D’ECCELLENZA
Anche questa seconda certificata indagine descrittiva, svolta secondo standard qualitativi e riferimenti normativi internazionali, ha coinvolto complessivamente tutte le Strutture che si definiscono di Terapia del Dolore o similari presenti nelle Aziende Ospedaliere pubbliche e accreditate su tutto il territorio nazionale.
La prima cosa che emerge è l’aumento numerico complessivo delle strutture che, nel periodo compreso tra il 2009 e il 2012, passa da 158 a 190 di cui 161 pubbliche e 29 private convenzionate. Tale incremento è però determinato solo dall’aumento delle strutture di I livello caratterizzate da un residuale numero di risorse, da modelli organizzativi e prestazioni algologiche elementari. Per contro il numero delle strutture avanzate di III livello, in grado di diagnosticare e trattare tutte le forme di dolore difficile è lievemente diminuito.
Su scala nazionale risultano 0.78 strutture totali di Terapia del Dolore per 250.000 residenti rispetto al precedente di 0,66; ma solo 0.21 strutture avanzate di III livello per 250.000 residenti
“L’aumento delle strutture di terapia del dolore non sembra aver portato a un cambiamento significativo nel livello complessivo di trattamento né tantomeno è migliorato l’accesso alle cure del paziente” ha dichiarato Paolo Notaro, Presidente di NOPAIN Onlus.

POCHI MEDICI SPECIALISTI DEDICATI
Nelle strutture esaminate operano complessivamente solo 360 medici dedicati, 1,4 per 250.000 residenti. La prevalenza specialistica dei medici attualmente dedicati alla terapia del dolore è di area anestesiologica ed è passata dall’89% al 91% dei casi, mentre il ricorso degli psicologi si riscontra nel 52% delle strutture rispetto al 49,6% della precedente indagine. “Il poco personale addetto specificatamente alla terapia del dolore, unito alla scarsità delle risorse, è solo uno dei fattori principali che ostacolano la possibilità di attuare interventi complessi e di organizzare in maniera ottimale le attività a vari livelli, nella cura, nella ricerca, nello sviluppo tecnologico al fine di raggiungere in modo uniforme degli standard misurabili e confrontabili su tutto il territorio nazionale”, ha commentato Notaro.

DIVERSITA’ DI DENOMINAZIONI DELLE STRUTTURE DI TERAPIA DEL DOLORE E DIFFICOLTA’ DI ACCESSO ALLE CURE
L’indagine ha evidenziato una marcata disomogeneità dei servizi offerti ai pazienti ai vari livelli, sia in termini di caratteristiche organizzative, interventi erogati, risorse a disposizione, sia per le denominazioni adottate dalle medesime strutture che rivelano spesso una certa confusione con i servizi offerti dalla rete di cure palliative. La variegata denominazione non è solo un problema di forma ma anche di contenuti in termini di prestazioni algologiche erogate spesso contrastanti tra di loro che sicuramente non agevola l’orientamento delle persone bisognose di cura, né favorisce la creazione di percorsi di cura ed assistenziali specifici. Attualmente in Italia ci sono oltre 21 denominazioni differenti delle organizzazioni che erogano prestazioni per la cura del dolore nei diversi ospedali.

LA RETE
La legge 38 del 2010 prevede la creazione distinta di una rete per la terapia del dolore, una per le cure palliative e una rete pediatrica. “Purtroppo siamo ancora lontani dallo sviluppo delle reti a causa di una mancanza generale di risorse economiche e competenze adeguate” ha dichiarato il dott. Notaro. “E’ evidente che non si può creare la rete del dolore cronico pensando solo di aumentare la prescrizione e l’uso di farmaci analgesici maggiori - che peraltro in diverse sindromi dolorose non sono efficaci - o di incrementare la formazione culturale di base eludendo tutta la problematica organizzativa, della numerosità e qualità delle competenze professionali” ha aggiunto il dott. Notaro.
“La malattia dolore è una malattia complessa che spesso non guarisce, si può curare anche per tutta la vita; per questo è necessario sviluppare strutture in grado di prendersi cura delle persone con dolore cronico”. Un ruolo chiave dovrà essere svolto dal servizio di cure primarie e dall’aggregazione dei medici di medicina generale i quali, come tutte le altre figure coinvolte in mancanza di formazione universitaria, dovranno acquisire e sviluppare le competenze adeguate. Sarà inoltre necessario creare una buona relazione tra tutti gli operatori coinvolti non solo in termini di comunicazione ma anche di condivisione dei protocolli, standardizzazione, omogeneizzazione delle classificazioni, percorsi diagnostico terapeutici e indicatori di out come del paziente.

CONCLUSIONI
Sarà molto importante investire in formazione, informazione, aggiornamento, ricerca e risorse umane dedicate per allineare il trattamento del dolore cronico in Italia ai servizi offerti da altri paesi avanzati della Comunità Europea.
“E’ evidente – ha concluso Notaro - che le criticità attuali del nostro paese e di tutti i paesi europei obbligano a un ripensamento dei modelli organizzativi, territoriali, regionali o interregionali, anche con una riallocazione delle risorse competenti in modo tale da aiutare concretamente tante persone che soffrono inutilmente, attraverso una più tempestiva ed efficace cura.
Una maggiore e necessaria consapevolezza del problema, e un ripensamento degli attuali modelli organizzativi porterebbero anche a una riduzione dei costi sociali complessivi intesi ad esempio come riduzione di tanti esami e terapie inutili e assenze da lavoro.”
Le associazioni civiche e di volontariato possono apportare un importante contributo in termini di solidarietà e sussidiarietà per la realizzazione concreta della continuità di cura algologica tra ospedale e territorio.
 

27 maggio 2012
© Riproduzione riservata

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