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Intervista ad Aceti (Cittadinanzattiva): "Servono forti politiche nazionali per garantire l'accesso ai servizi. Per il farmaci innovativi si segua il modello Liguria"

di G.R.

13 NOV - A margine della presentazine della 18° edizione del Rapporto Pit Salute “Sanità pubblica, accesso privato” del Tribunale per i diritti del malato–Cittadinanzattiva, abbiamo raggiunto il coordinatore nazionale di Cittadinanzattiva, Tonino Aceti, per approfondire le criticità sollevate nel documento e fare il punto della situazione ad un mese dal varo della nuova legge di stabilità.
 
Costo delle prestazioni e dei ticket, lunghi tempi di attesa. Dal Rapporto Pit sembra che si stia scivolando verso un razionamento delle prestazioni del Ssn. L'impressione è che oggi i Lea siano garantiti solo sulla carta. Dott. Aceti condivide quest'opinione?
Possiamo dire che, silenziosamente, si sta abituando i cittadini a considerare normale il doversi rivolgersi al canale privato e a quello intramurario. Accade tutti i giorni ai Cup. Prenotando, è ormai lo stesso operatore a consigliare di rivolgersi alla libera professione e al privato visti i lunghi tempi di attesa e i costi dei ticket. Ci sono degli oggettivi squilibri interni al Servizio sanitario nazionale. Uno dei primi è proprio il costo dei ticket che rende non concorrenziale il servizio pubblico. C'è poi la mancanza di governance per quel che riguarda le liste d'attesa. Oggi, in sanità, siamo molto attenti ai conti ma non ci si occupa a dovere dell'assistenza.
 
Quali sono le proposte di Cittadinanzattiva per migliorare questa situazione?
Passare da una politica di attenzione ai soli conti ad una forte politica nazionale per l'accesso ai servizi. Proponiamo quindi, innanzitutto un piano per il governo dei tempi di attesa sul modello di quello adottato in Emilia Romagna che prevede l'apertura delle strutture 7 giorni su 7, un blocco automatico della libero professione se i volumi diventano più elevati di quelli in regime istituzionale, e, infine, un'informatizzazione e centralizzazione della messa in lista per ricoveri e interventi chirurgici programmati.
 
C'è però da dire che il nostro Ssn, secondo gli ultimi indicatori internazionali, non sembra essere poi così malandato. Si continuano a registrare buone performance ed un'elevata qualità delle cure. Come si spiega tutto questo?
È vero, noi spendiamo poco ma riusciamo comunque ad ottenere risultati importanti in termini di salute. Ma l'intero sistema ha iniziato ormai da anni a scricchiolare. Il tasso di innovazione, l'aullungamento della vita media, l'aumento delle cronicità e l'arrivo dei farmaci innovativi comportano un adeguamento strutturale e di risorse ineludibile. C'è poi da aggiunfere che spesso, in questi studi internazionali, non vengono colte le distorsioni del nostro Ssn. Basti pensare all'ultimo rapporto Censis: 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare almeno ad una prestazione per via dei costi o dei tempi di attesa. In fondo è stato lo stesso Ministero della salute a certifiare ieri come solo 8 Regioni sulle 16 monitorate riescano a garantire i livelli essenziali di assistenza. Alla luce di tutto questo, non ci si può non porre una domanda sul livello di finanziamento del servizio visto che sappiamo che le migliori performance vengono registrate in quelle amministrazioni che possono contare su una spesa pro capite più elevata.
 
Sono sufficienti i 111 mld stanziati in stabilità per la sanità?
Noi vorremmo dire stop a questo balletto di cifre sulla sanità che si ripete ormai ogni anno. Una volta per tutte si dovrebbe definire in maniera condivisa, con tutti gli stakeholders, quale possa essere il livello di finanziamento minimo al di sotto del quale non si potrebbe garantire ai cittadini il loro diritto alla salute.
 
Dott. Aceti, sempre a proposito di stabilità, resta ancora aperta la partita sul finanziamento del fondo per i farmaci innovativi. Secondo lei come potrebbero recuperarsi questi 500 mln?
Si potrebbe sperimentare a livello nazionale quanto contenuto nella delibera adottata quest'anno dalla Liguria. Qui si è deciso di destinare tutte le risorse che arrivano dalle Aziende farmaceutiche, dal cost sharing  al payment by result, fino al pay back, in un unico fondo finalizzato a garantire l'accesso ai farmaci innovativi ai malati di epatite C. Si potrebbe pensare di realizzare lo stesso fondo in ogni Regione, o magari di incanalare il tutto in un unico fondo nazionale.
 
Giovanni Rodriquez

13 novembre 2015
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