Una generazione di pessimisti in camice bianco. La politica rifletta
di Cesare Fassari
10 DIC - Chissà che risultati avrebbe dato
l’indagine presentata da Anaao Giovani se fosse stata svolta non oggi ma 30/40 anni fa. Quando gli intervistati di oggi non erano ancora nati e i loro “padri” professionali, ora primari o a fine carriera o in pensione, muovevano i primi passi nel nascente servizio sanitario nazionale.
Ho conosciuto molti di quegli allora “giovani medici” e certamente alla generazione attuale li univa il senso di fare sindacato e metterci la faccia per cambiare le cose. Ma altrettanto certamente sono sicuro del fatto che, allora, il futuro aveva tinte meno fosche per loro.
Un dato su tutti infatti mi ha colpito tra quelli evidenziati nella survey: più di 9 giovani medici su 10 non pensano che le cose per la sanità miglioreranno nel prossimo futuro, e quindi neanche per loro che di questa sanità fanno parte.
Un dato sconcertante che si rispecchia in analisi analoghe in altri campi di lavoro o interesse per i giovani ma non in queste proporzioni.
Prendere atto che meno del 9% dei giovani medici italiani non crede che le cose in sanità possano cambiare in meglio deve far riflettere tutti, in primo luogo la politica. Avere in corsia o in ambulatorio una generazione di pessimisti non è una bella prospettiva, perché alla fine è su “quelle spalle e gambe” che la nostra sanità dovrà marciare.
Sarebbe bello (sognare non è ancora vietato) che nel giro di poco tempo li si riesca a far cambiare idea, ridando alla sanità il posto che merita nelle priorità del nostro Paese.
Cesare Fassari
10 dicembre 2015
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