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La tavola rotonda del Pit-Salute. Il Ssn? Se non funziona va modificato. Serve una nuova legge che ascolti la voce dei pazienti


15 DIC - Se un direttore generale di un’azienda ospedaliera vuole mantenere la poltrona, deve raggiungere un preciso obiettivo: snellire le liste di attesa per tutte le prestazioni sanitarie. Non è una proposta, né tanto meno un’utopia. Accade in Toscana, dove la Regione ha emanato una delibera per migliorare il Sistema Sanitario. Basta salire di poco, lungo la penisola, per trovare un altro esempio di eccellenza: l’Emilia Romagna. Qui la soluzione è stata più drastica: se le liste di attesa superano i tempi massimi previsti dalla legge, le visite intramoenia vengono bloccate. Ancora un po’più su c’è un altro esempio di buona sanità: il Veneto.

“Solo tre regioni su 21 hanno messo a punto dei sistemi per snellire le liste di attesa e migliorare i servizi offerti ai cittadini. Una percentuale davvero bassa. Ma una domanda è lecita: se tre Regioni hanno trovato le soluzioni più adatte alle esigenze dei propri pazienti, perché tutte le altre istituzioni non possono rimboccarsi le maniche e seguire il buon esempio?”. Una provocazione , ma anche una soluzione quella lanciata da Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del Malato di Cittadinanzattiva, in occasione della presentazione del XIX rapporto Pit Salute “Servizio Sanitario Nazionale: accesso di lusso”. Il documento, presentato il 15 dicembre a Roma, ha messo in luce tutte le criticità del Sistema Sanitario Nazionale, grazie alle denunce presentate dai pazienti al Tribunale per i diritti del Malato, nel corso dell’anno. La metà di loro ha lamentato liste di attesa troppo lunghe, un terzo del totale il costo del ticket molto alto. Per l’occasione si sono riuniti diversi esponenti del mondo della politica e della sanità. Unanime l’opinione che l’unico modo di migliorare un sistema che non funziona è cambiarlo. Ma tra le varie proposte, quella sostenuta dalla maggioranza è l’esigenza di una nuova legge.

" Siamo ad punto molto delicato - ha spiegato Emilia Grazia De Biasi, presidente della 12esima Commissione Igiene e Sanità del Senato – Se non si interviene con un cambiamento strutturato, di quel Sistema Sanitario d’eccellenza che abbiamo conosciuto negli anni passati, non rimarrà più nulla. È arrivato, dunque - ha esortato De Biasi - il momento di fare una manutenzione della riforma della Sanità. Informazione tecnologica, innovazione e digitalizzazione del Sistema sono i primi cambiamenti necessari per essere al passo con le esigenze dei nostri tempi”.

Sulla stessa linea d’onda c’è Federico Gelli, responsabile Sanità del Pd, membro della XII Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati: “Va bene destinare più denaro alla Sanità, ma non basta. Bisogna cambiare il modo in cui questi soldi vengono investiti, altrimenti ci ritroveremo di fronte sempre alle stesse criticità. È arrivato il momento di pensare ad una riforma del Sistema Sanitario Nazionale”.

Una nuova legge che possa anche far emergere le illegalità e punirle nel modo adeguato: “Purtroppo – ha aggiunto Tonino Aceti – le nostre ricerche hanno messo in evidenza alcuni comportamenti illeciti, come quelli di quei furbetti che utilizzano i luoghi dell’esercizio pubblico per visite private. Non può e deve accadere”. Fare una nuova legge significherebbe pure adattarsi ad una popolazione che cambia e, soprattutto, che invecchia. “Gli anziani rappresentano una fetta sempre più consistente dei cittadini - ha commentato - Luigi Benedetto Arru, assessore dell'Igiene e Sanità della Sardegna - e per questo la risposta sanitaria deve adattarsi, puntando su una maggiore assistenza dei malati cronici”. Una politica di questo tipo permetterebbe di creare, immediatamente, ospedali meno affollati: “molti ricoveri - ha sottolineato Barbara Mangiacavalli, presidente Ipasvi - sono di pazienti cronici che attraversano fasi acute. Per loro va ideato un percorso di assistenza diverso, cucito sulle specifiche esigenze. Le degenze continue in ospedale non migliorano affatto le loro condizioni di vita”.

Nemmeno le RSA possono essere una soluzione per questa tipologia di pazienti. O meglio, potrebbero esserlo, se anche in questo settore si intervenisse con un chiarimento legislativo. “Oggi - ha detto la presidente della 12esima Commissione Igiene e Sanità del Senato – le residenze sanitarie sono regolamentate solo da criteri economici. Ma chi guarda cosa c’è dentro questi luoghi? Cosa accade? Come sono strutturati? Servono anche dei criteri di gestione etica, una legge di integrazione socio- sanitaria”. Ma i nodi venuti al pettine grazie al Rapporto Pit Salute sono davvero tanti e le problematiche peggiorano nel tempo.
 
“A leggere i dati - ha commentato Andrea Mandelli, presidente Fofi - sembra che la febbre aumenti di anno in anno, senza essere curata. Eppure abbiamo dei farmaci innovativi che possono davvero cambiare la vita. Non ho ricette risolutive – ha continuato Mandelli – ma credo che si possa cominciare dal coinvolgimento degli operatori territoriali, farmacisti compresi. Sfruttare la farmacia dei servizi – che prevede anche un’offerta diagnostica, oltre che farmacologica per i clienti - potrebbe far abbassare i costi di molti esami diagnostici”.

Un argomento tanto delicato quanto variegato che apre infiniti argomenti di discussione. Ma cittadinanzattiva pone sei priorità su tutte: contrastare le lunghe liste d’attesa, controllare la trasparenza dei servizi intramoenia, abolire il superticket, riorganizzare la rete dell’assistenza territoriale, monitorare la sicurezza delle strutture e investire sulle risorse umane. Tutte proposte approfondite del XIX Rapporti Pit Salute. Ma se questo dettagliato documento è stato reso possibile dalla partecipazione attiva dei pazienti, allora potrebbero essere gli stessi cittadini i primi autori di questa nuova riforma. Una legge che venga dal basso, dalla voce di chi convive quotidianamente con gli ingranaggi difettosi di un sistema che non funziona: i malati.

15 dicembre 2016
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