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Rilocalizzare produzione di principi attivi e farmaci. La sfida delle aziende europee dopo la crisi della pandemia. Le proposte del Rapporto Nomisma

di Ester Maragò

Dall’estensione del Temporary Framework sugli aiuti di Stato, ben oltre il 31 dicembre 2021, e delle scadenze per il completamento dei progetti, fino agli aiuti diretti alle imprese, in fase d’avvio, per colmare il gap tra costi di produzione e bassi prezzi internazionali. Dall’Osservatorio sul sistema dei farmaci generici le strategie per recuperare le produzioni delocalizzate. Ma anche quelle sulle gare farmaci in ospedale, ossia meno discrezionalità delle stazioni appaltanti, più uniformità dei procedimenti, sburocratizzazione e diminuzione degli oneri per le imprese LA SINTESI, IL RAPPORTO

16 NOV - Si chiama delocalizzazione il tallone d’Achille del settore farmaceutico in Europa.
Una dipendenza critica della Ue dai Paesi terzi, quali India e Cina, sulla quale la pandemia ha puntato impietosamente i fari costringendo il Vecchio continente a correre ai riparti per rispondere alla scarsità di principi attivi e materie prime farmaceutiche; frutto appunto delle politiche di ricollocazione delle lavorazioni primarie a basso valore aggiunto verso quei Paesi.
 
Politiche che hanno messo pesantemente in discussione, durante il periodo più duro della lotta al Covid, la sostenibilità e la capacità di resilienza dell’industria europea in settori strategici come quello sanitario. Ed anche di quella italiana svuotata negli anni della sua capacità di produzione. In ogni modo, la soluzione per recuperare spazi e competitività c’è. E anche questa ha un nome: si chiama reshoring farmaceutico. Tradotto, riportare nuovamente a casa impianti produttivi destinati a farmaci e principi attivi farmaceutici.
Ma bisogna capire come procedere.
 
Su questi temi ha acceso oggi i riflettori l’edizione 2021 dell’“Osservatorio sul sistema dei farmaci generici”, realizzato dalla Società di studi economici Nomisma per Egualia (già Assogenerici), presentato oggi a Roma con la partecipazione di Giovanni Tria, consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico, Alessandro D’Arpino, vicepresidente Sifo, Salvatore Torrisi, Presidente Fare. Un Rapporto che ha puntato i fari anche sulle gare pubbliche ospedaliere portando in primo piano la questione spinosa della stima dei fabbisogni che vede le Regioni italiane decisamente impreparate.
 
Come risolvere il rebus della scarsità di principi attivi e materie prime farmaceutiche e rispondere al gigantismo degli impianti di produzione asiatici. “Il controllo delle nuove materie prime e delle produzioni primarie da parte dei Paesi asiatici è diventata ormai un’arma di competizione letale – ha spiegato Lucio Poma, Chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dello studio – per questo uno degli obiettivi primari della nuova Pharmaceutical Strategy europea punta a diversificare le catene di produzione e di approvvigionamento, promuovendo gli investimenti produttivi all’interno dell’Unione”.
 
Nel breve termine, sottolinea l’analisi Nomisma, le strategie per uscire dall’impasse sono principalmente due: “Moltiplicare le fonti di approvvigionamento (un’operazione difficile vista la concentrazione geografica dei fornitori nei Paesi asiatici), oppure, soluzione più radicale e strutturale, internalizzare alcune fasi della catena fino al raggiungimento di un livello accettabile di autosufficienza strategica”.
 
Ma attenzione, avverte Nomisma, c’è reshoring e reshoring. “I prezzi dei principi attivi variano da pochi euro al chilo a migliaia di volte quel valore. Se il principio attivo ha un valore molto elevato sarà possibile produrlo, in regime di completa concorrenza, anche in Italia; per i principi attivi di scarso valore unitario il discorso è diverso – ha sottolineato ancora Poma – le dimensioni minime efficienti sono enormi, come importante è l’asimmetria tra Asia e Ue sui costi del lavoro. Senza aiuti di Stato all’impresa o meccanismi di controllo della domanda, assieme a politiche di acquisto più sostenibili nel tempo, difficilmente potrà nascere una impresa di dimensioni tali da poter competere contro i colossi asiatici”.
 
Le soluzioni prospettate dallo studio, spiega Nomisma, rappresentano la sintesi di quanto emerso nelle interviste dirette ad imprese con interessi e organizzazioni differenti: imprese di sola produzione, imprese distributrici e imprese con business misto; alcune di proprietà italiana, altre multinazionali con sede in Europa, Stati Uniti, India e Israele, ma con siti produttivi o commerciali in Italia.
“Serve una azione nazionale ed europea indifferibile e radicale – suggerisce Nomisma – una proposta concreta è quella di estendere la durata del Temporary Framework sugli aiuti di Stato, concesso per la lotta alla pandemia, ben oltre l’attuale limite, per disporre di un lasso temporale adeguato all’implementazione di azioni strutturali di medio termine, estendendo anche le scadenze previste per il completamento dei progetti, prevedendo almeno 3-5 anni, periodo medio necessario per qualunque investimento nel settore, e rimuovendo il limite degli aiuti, oggi erogabili solo per i prodotti rilevanti per il Covid”.
 
Ancora più impegnativa la “cura” necessaria per incentivare il reshoring per la produzione in Italia di principi attivi farmaceutici scaduti di brevetto: “Per avviare un polo competitivo europeo – prosegue Nomisma – bisogna agire sia sull’offerta che sulla domanda: servono aiuti diretti alle imprese, anche sotto forma di sovvenzione, in fase d’avvio, per colmare il gap tra costi di produzione e bassi prezzi internazionali e va orientata parte della domanda pubblica sui farmaci che utilizzano i principi attivi prodotti nell’Ue”.

À la guerre comme à la guerre, insomma, perché: “La carenza delle materie prime sarà il nodo fondamentale dei sistemi produttivi mondiali almeno per il prossimo quinquennio. E ogni mese che scorre espone le nostre linee produttive ad un rischio crescente di fermo impianti”.
 
Sul tema è intervenuto Giovanni Tria, secondo il quale bisogna guardare al settore farmaceutico come si guarda e quello della difesa, ossia come un qualcosa di strategico ed essenziale. Ma vanno risolte alcune criticità a partire da un sistema regionalizzato che pone una serie di problematiche sul fronte degli acquisti fino alla mancanza di un’agenzia centrale che sia in grado di agire.
“In Europa – ha detto – c’è una competitività feroce tra gli Stati per portare l’industria farmaceutica d’avanguardia nel proprio Paese. Consideriamo poi che tutte le multinazionali conoscono i problemi delle catene produttive del valore e stanno valutando dove piazzarsi. E qui noi abbiamo un problema di competizione da un punto di vista della regolamentazione: l’Italia è penalizzata, sia per quanto riguarda la componente della formazione del prezzo, un modo per attrarre le imprese, sia rispetto ad una regolamentazione troppo rigida rispetto a quella europea”. Insomma le lungaggini burocratiche vanno risolte. Per Tria “prima di rielaborare norme di riforma specifica dobbiamo capire non solo cosa va cambiato, ma anche come. E solo dopo possiamo cambiare le norme”. E proprio in quest’ottica anche l’Aifa dovrebbe essere investita da un processo di riforma.


Gare farmaci con l’handicap (dei fabbisogni)
Dalle strategie di più ampio respiro a quelle più specifiche di casa nostra. Le gare pubbliche ospedaliere e la questione spinosa della stima dei fabbisogni che vede le Regioni italiane decisamente impreparate, sono state al centro di un secondo focus sviluppato dall’Osservatorio Nomisma.
 
In particolare, come ha spiegato Poma, una difficoltà ricorrente per le imprese inserite nel sistema delle gare ospedaliere “risiede nei costi, di tempo e risorse, sostenuti per la fornitura dell’adeguata documentazione richiesta o per la preparazione di risposte a clausole specifiche”.
 
A questo si aggiunge, appunto il tema del calcolo impreciso dei fabbisogni: “Nella maggior parte dei casi la stima viene effettuata sulla base dello storico degli anni precedenti, spesso ricostruito a partire da flussi informativi sui consumi poco strutturati a livello di rete”. Inoltre, ha aggiunto Poma “l’errata stima dei fabbisogni comporta che le forniture riportate nei capitolati di gara possano subire notevoli variazioni, in eccesso o in difetto”.
Il risultato? ll disallineamento rispetto agli ordinativi effettivamente avanzati si traduce in danni elevati per le imprese (costi organizzativi, di stoccaggio, riduzione della capacità di risposta rapida alla domanda ecc.) disincentivando ulteriormente la partecipazione alle gare da parte delle imprese, fenomeno reso già grave dalle gare basate sul solo ribasso di prezzo, che ad alcuni anni dalla scadenza del brevetto conducono ad un progressivo assottigliamento della concorrenza (il numero di imprese che partecipano si riduce drasticamente così come aumentano i lotti andati deserti).
 
Da Nomisma ed Egualia sono state quindi indicate le soluzioni per arrivare a un nuovo equilibrio: ossia meno discrezionalità delle stazioni appaltanti, più uniformità dei procedimenti, sburocratizzazione e diminuzione degli oneri per le imprese.
 
Non solo, il Rapporto suggerisce anche le strategie operative da seguire:
• creare un algoritmo previsionale a livello nazionale, utilizzabile e personalizzabile dalle diverse regioni, in grado di sistematizzare i dati di consumo con i profili epidemiologici, attuali e prospettici, della popolazione;
• valutare congiuntamente fattori di prezzo assieme ad elementi qualitativi che aggiungano valore, misurabile, all’offerta in base alle categorie di farmaci (disponibilità di dosaggi; eventuali device per la somministrazione/trasporto; la disponibilità di più fonti di approvvigionamento, la maturità o meno della catena del valore del principio attivo, l’affidabilità del fornitore / rating d’impresa non discriminatorio);
• realizzare accordi quadro che permettano la compartecipazione di più imprese per l’aggiudicazione delle forniture, salvaguardando la presenza di più operatori sul mercato e mitigando i rischi di interruzione di approvvigionamento dei prodotti;
• prevedere l’obbligatorietà di riaprire il confronto competitivo tra le imprese all’ingresso del primo equivalente sul mercato (come accade sui biosimilari), invece di contrattare unicamente con l’originator allineamenti di prezzo ai livelli più bassi vigenti.
• limitare il carico di documenti necessario per partecipare alla gara, lasciando al solo vincitore l’onere di presentazione della documentazione completa;
• fissare un tetto minimo oltre il quale l’ente appaltante non può scendere nella richiesta di ordinativo effettivo all’impresa.
 
Ester Maragò

16 novembre 2021
© Riproduzione riservata


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