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L’obbligo di vaccinazione e il Pnrr. Due appuntamenti che non si possono mancare

di Ettore Jorio

Contravvenire a questi due importanti appuntamenti significa assumersi delle responsabilità importanti, prima fra tutte quella di eliminare le pericolose discriminazioni, del tipo di obbligare gli insegnanti e non già gli studenti.

26 NOV - Cinquantasei mesi all’alba oppure al tramonto. Questo è il tempo che ci rimane per utilizzare al meglio le occasioni che offre al Paese il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
 
Ad agosto 2026 è, infatti, fissato il termine per la definizione dei lavori di quanto finanziato, in larga parte a fondo perduto, e della maturazione di far proprio il saldo dei relativi fondi, pena la ripetizione di quanto percepito in caso di inadempimento.
 
Una sanzione grave, dal momento che anche tutto ciò che è stato impegnato nei processi lavorativi intermedi dovrà ritornare al mittente.
In tutto questo calendario dai termini non dilazionabili e da rispettare pertanto con assoluta puntualità, si contrappone la presenza prolungata del COVID, oggi peggiorato in aggressività dalla variante Delta-plus.
 
È invero ovunque in agguato, tanto da lasciare verosimilmente presumere la possibilità di una quarta ondata. Un pericolo che sta portando alcuni Stati europei a prevedere lockdown lunghi.
 
Dunque, nasce una più che doverosa valutazione sull’obbligo di vaccinazione. Un dovere pubblico richiesto da più parti, fatta eccezione per alcuni giuristi che ne smentiscono l’applicazione legislativa, nonostante i dicta costituzionali che ne consentono il ricorso in presenza di precise ragioni scientifiche, che nel caso sembrano esserci atteso che la pratica del vaccino è da ritenersi a tutti gli effetti trattamento sanitario riconosciuto dai massimi organismi europei e nazionali.
 
Stante le assicurazioni offerte dalla scienza, lo imporrebbe la doverosità e la ragionevolezza politica di mettere tutta la nazione, soprattutto quella impegnata nella burocrazia e nelle professioni, nella certezza di ossequiare con puntualità e professionalità agli adempimenti richiesti al Paese, perché possa avere più chance di godere dei 208 miliardi di euro messi a disposizione dalla Next Generation EU.
 
Dunque, non solo un obbligo, con la palla passata dall’EMA all’AIFA, che certamente farà canestro in questi giorni, autorizzando il vaccino obbligatorio per i bambini dai 5 agli 11 anni.
 
Il tutto, in corrispondenza delle altre dieci vaccinazioni obbligatorie cui gli stessi sono sottoposti da decenni per andare a scuola.
 
Quindi:
- da una parte, l’art. 32 della Costituzione, che consente al legislatore ordinario di disporre l’obbligo del trattamento sanitario (tale è comunque da ritenere il vaccino anti COVID);
- dall’altra, il PNRR che deve necessariamente godere di una burocrazia efficiente e certamente impegnata a lavorare in presenza e non diversamente.
 
Tale è il requisito di minima per stare bene nei tempi utili alla progettazione, attivazione e definizione dei lavori abilitativi della attribuzione in definitivo godimento dei ratei del PNRR, che saranno erogati, è bene ricordare, a “stati di avanzamento”.
 
Contravvenire a questi due importanti appuntamenti significa assumersi delle responsabilità importanti, prima fra tutte quella di eliminare le pericolose discriminazioni, del tipo di obbligare gli insegnanti e non già gli studenti.
 
La prima colpa, sarebbe quella di non garantire, lo stato di salute alla totalità degli individui presenti sul territorio nazionale, quantomeno in via teorica.
 
La seconda, di utilizzare tale stato di salubrità per essere puntuali al meglio negli appuntamenti che il PNRR impone al Paese intero.
 
In alternativa, chiedere all’UE un differimento dei termini posti a decadenza dal disposto generoso finanziamento unionale.
 
Ettore Jorio
Università della Calabria


26 novembre 2021
© Riproduzione riservata


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