Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Martedì 23 APRILE 2024
Studi e Analisi
segui quotidianosanita.it

La pandemia nascosta. Tra opportunità politica e spot elettorali

di Armando Bartolazzi

Il Paese sta uscendo, dopo circa due anni, dalla Pandemia da Covid-19, deve districarsi faticosamente tra le problematiche poste dal conflitto armato in corso e dalla crisi socio-economica galoppante e ancora non si è compresa la vera lezione che queste disgraziati  eventi ci hanno sbattuto in faccia inesorabilmente

23 AGO -

Gentile Direttore,
“Parole, parole, parole,….. soltanto parole”……. Bella canzone del 1972 interpretata da Mina ed Alberto Lupo, canzone intramontabile ed inesorabilmente attuale se posta a commento dell’infinità di chiacchiere che gli Italiani sono costretti ad ascoltare oramai da un decennio di Governi bugiardi ed incompetenti,  incluso quello di cui ho fatto parte da tecnico al Ministero della salute, per circa 18 mesi, credendo alla Befana.

Bisognerebbe firmare una petizione popolare per darle dignità di sigla di apertura dei lavori di Camera e Senato, con particolare riguardo alle inutili giornate dedicate alle interrogazioni parlamentari, che nella quasi totalità dei casi non portano alcun seguito.

Parole, parole, parole…… che ascoltiamo ridondanti ed in maniera tediosa, soprattutto nel periodo pre-elettorale.  E ci risiamo !

Il Paese sta uscendo, dopo circa due anni, dalla Pandemia da Covid-19, deve districarsi faticosamente tra le problematiche poste dal conflitto armato in corso e dalla crisi socio-economica galoppante e ancora non si è compresa la vera lezione che queste disgraziati  eventi ci hanno sbattuto in faccia inesorabilmente. 

Non si vede all’orizzonte una figura illuminata che abbia una visione politica a trecentosessanta gradi su cosa è necessario fare con urgenza inderogabile per il Paese, almeno in ambito di programmazione sanitaria, iniziativa che dovrebbe  essere di interesse trasversale.  Parole, soltanto parole …… e non certo d’amore,  né per l’Italia ne tantomeno per gli Italiani.

La gestione della pandemia Covid-19

E’ certamente scorretto, e se vogliamo, fin troppo facile criticare a posteriori la gestione della Pandemia che ha letteralmente devastato l’assetto socio-economico del Paese.

Tralasciamo per ora il burn-out che riguarda la quasi totalità degli operatori sanitari ed il grave disagio psicologico che gran parte della popolazione sta vivendo.

Ma per onestà intellettuale, e per fissare qualche concetto utile ai posteri, alcune frecciate bisogna pur lanciarle.

Prima frecciata. Nulla da eccepire sullo sforzo vaccinale che è stato sostenuto e portato avanti con successo dopo una lunga fase iniziale di sperperi, improvvisazione e disorganizzazione generale.

Nell’illuminato editoriale pubblicato sul Lancet del  Settembre 2020, l’editore Richard Horton ebbe il coraggio di anticipare una cruda verità, definendo Covid-19 non una pandemia bensì una sindemia. 

Ritengo intellettualmente onesto sottolineare che oltre all’editore Horton, l’unico politico che abbia nominato pubblicamente il termine “sindemia” come causa dei numerosi decessi da Covid-19 (decessi determinati dall’infezione virale che ha complicato patologie croniche intercorrenti e pertanto registrati in larga maggioranza nella popolazione anziana) sia stata solo Giorgia Meloni. Purtroppo anche dal suo gruppo non sono seguite proposte operative coerenti con questa visione corretta dei fatti. Di salute pubblica, “anche a destra”, evidentemente masticano poco!

Ad oggi, tutti gli interventi posti in essere per contrastare Covid-19 sono stati principalmente basati sul controllo della trasmissione virale e della diffusione del virus dimenticando inspiegabilmente tutto in resto che ha contribuito non poco al determinismo di un gran numero di decessi.  La scienza che ha guidato i Governi si è basata principalmente su modelli epidemici e sul parere non sempre autorevole di virologi ed immunologi che hanno detto tutto ed il contrario di tutto. Ma ciò che è sicuramente emerso è che la storia del Covid-19 non era affatto così semplice.

Due categorie di malattie hanno e stanno interagendo tra loro. L’infezione da SARS-CoV-2 in collisione con una serie di patologie croniche non trasmissibili, che risultano sempre più frequenti in una popolazione che invecchia.  Tra queste spiccano le malattie cardiovascolari, le malattie polmonari croniche, il diabete, l’ipertensione ed il cancro.

Tutte condizioni inspiegabilmente ancora trascurate per correre dietro ad un virus oramai perlopiù ecologicamente adattato.

A prova di ciò i 166.922 decessi registrati al Gennaio 2022 dall’inizio della pandemia risultano decisamente sbilanciati verso la fascia di età più avanzata a causa per l’appunto di patologie croniche coesistenti che si sono complicate con l’infezione virale.  L’età media dei decessi Covid-19 positivi è di 80 anni; 1,3% dei casi è al disotto dei 50 anni e circa lo 0.3% ha un età inferiore ai 40 anni (dati Istituto Superiore di Sanità).

Non sorprende pertanto la conclusione non solo provocatoria ma piuttosto premonitrice dell’editore del Lancet:  “La crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo non sarà risolta né da un farmaco né da un vaccino”.  Concetto così prevedibile da far impallidire Nostradamus!

Era inesorabilmente chiara la necessità urgente di un approccio sindemico integrato al COVID-19, che avrebbe dovuto prevedere azioni immediate, decise e risolutive tra le quali: 1) la corretta presa in carico nel territorio delle fragilità e delle malattie croniche non trasmissibili; 2) un deciso rinnovamento delle politiche sanitarie che a partire dal potenziamento della medicina territoriale avrebbero dovuto incidere con decisione sulla qualità ed omogeneità dei servizi sanitari erogati e sulla qualità di vita di una popolazione che invecchia; 3) l’abbattimento delle liste di attesa; 4) la  promozione ed il rilancio sull’intero territorio nazionale delle campagne di prevenzione, della sana alimentazione e dei corretti stili di vita.  5) la diffusione di una informazione sanitaria corretta e basata sulle evidenze.

Avete visto nulla di concreto fino ad oggi? Solo chiacchiere !

La Pandemia nascosta
Mentre ci si affanna ancora a rincorre il virus si è completamente persa di vista una “pandemia” montante, di impatto socio-economico allarmante di cui nessuno parla.

Nel 2020 sono stati diagnosticati in Italia 1.030 tumori maligni al giorno. La proiezione nazionale per lo stesso anno è di 376.311 nuovi casi con circa 183.000 morti,  questa volta però spalmati su tutte le fasce di età, bimbi compresi (dati AIOM-Airtum i numeri del Cancro 2020). Nel 2021 i dati sono più o meno sovrapponibili.

Quali sono state le azioni poste in essere dalla politica per contrastare questa criticità che si presenta invariabilmente ogni anno, con numeri più o meno simili, evidentemente poco nota al grande pubblico e completamente ignorata dai mass-media?

Seconda frecciata. I pazienti con Covid-19 sono stati accolti in tutti gli Ospedali Italiani, provocando un dissesto operativo che neanche nei Paesi del terzo mondo ci si poteva attendere. 

Tutte le patologie non-covid sono state ignorate, i controlli cardiologici ed oncologici ritardati in maniera delinquenziale, le visite di prevenzione oncologica procrastinate, gli interventi chirurgici elettivi posticipati in maniera incomprensibile. 

Creare o meglio rimodulare in ogni Regione due-tre Centri Covid con personale specializzato ed adeguatamente attrezzato nei quali poter dirottare ed isolare tutti i cittadini Covid-19 positivi bisognosi di ricovero e cure, avrebbe permesso al resto degli Ospedali territoriali di continuare le attività routinarie in accordo alle loro specifiche competenze.  Questo tipo di organizzazione avrebbe consentito non solo di smaltire l’ingente carico di richieste routinarie di servizi assistenziali per malattie croniche e tumori ma anche di ottimizzare al meglio le risorse economiche ed umane messe in campo per far fronte all’emergenza.

Non era necessario un grande sforzo intellettuale per il “Governo dei Migliori” e per i Governatori Regionali per poter comprendere a pieno questo difficile concetto, ma sarebbe semplicemente bastato un pò di buon senso.

Restringere la libertà dei sani con il lockdown e spalmare gli infetti in tutte le strutture sanitarie del territorio, devastandole funzionalmente, lascia intravedere competenze e visione sanitaria che “ergono l’ossimoro a filosofia di vita”.

Si è fatto tutto il contrario di quello che il semplice buon senso avrebbe suggerito, con immenso spreco di risorse economiche ed umane, e nella disorganizzazione più totale che ha portato ad un dissesto socio-economico che pagheremo caro negli anni a venire.

Alcuni dati su cui riflettere
L’assetto demografico della popolazione italiana sta decisamente cambiando da circa un decennio con un sensibile aumento dell’aspettativa di vita stimata in 87 anni per le donne ed 83 anni per gli uomini. Questo pone l’Italia al primo posto nella Regione Europea dei Paesi in cui si vive più a lungo. Ma la qualità di vita dei nostri anziani qualcuno al Ministero la studia?

La programmazione sanitaria si adegua alle nuove esigenze demografiche e socio-sanitarie?

La popolazione invecchia, le malattie croniche aumentano, l’incidenza del cancro aumenta.

Si assiste ad una sempre maggiore richiesta di prestazioni sanitarie che il SSN, oramai al collasso, non è più in grado di erogare con rapidità, efficienza ed efficacia.

La pandemia Covid-19 ci ha suonato la sveglia.  Cosa è stato fatto di concreto per potenziare nell’immediato la medicina territoriale e di prossimità?

Terza frecciata. Si vive di più grazie alla disponibilità di nuove tecniche diagnostiche sempre più sensibili e di terapie molecolari personalizzate, che stanno trasformando alcuni tipi di cancro da malattie fatali a malattie croniche, controllabili per lunghi anni.

Ma gli addetti ai lavori sanno (ed il Ministero della Salute pure) che le terapie di nuova generazione sono insostenibili in termini economici, e lo saranno sempre di più a mano a mano che il panorama dei tumori trattabili con queste cure si allargherà.

A titolo esemplificativo una terapia con checkpoint inibitori di nuova generazione può costare al SSN anche 250 mila euro a trattamento. Le promettenti terapie con cellule CAR-T (Novartis, Gilead) proposte per trattare e guarire alcune tipologie di linfomi pediatrici, potranno presto essere disponibili per trattare i più comuni “tumori solidi” dell’adulto. Basta non pensare troppo al costo di un singolo trattamento che si aggira oggi sui 350-400 mila dollari, almeno negli Stati Uniti.  Chi pagherà il conto?  Chi deciderà politicamente che nel prossimo futuro, per questioni economiche, ai pazienti sotto i 40 anni potrà essere somministrata la cura innovativa, mentre a quelli oltre i 40 il SSN universalistico potrà garantire al massimo un ciclo di benedizioni con pellegrinaggio dal Santo Patrono preferito? 

Di questo la politica sarà chiamata a rispondere pubblicamente molto presto, alcune importanti iniziative messe in cantiere durante il primo Governo Conte, al fine di affrontare con decisione questi problemi, non hanno purtroppo avuto alcun seguito. La politica di fatto tace anche sulle iniziative da intraprendere con urgenza per rilanciare la prevenzione oncologica sul territorio nazionale. Prevenzione che rappresenta l’unica ancora di salvezza per garantire la sostenibilità del SSN. 

Trascurare ancora la prevenzione oncologica ed in particolare la possibilità di ottenere una diagnosi precoce dei tumori è un suicidio economico e sociale collettivo.

Le infrastrutture per agire con efficacia in questo senso già esisterebbero.

La Lega Italiana per la Lotta ai Tumori (LILT) ad esempio, è radicata sul tutto il territorio Nazionale con 106 Associazioni Provinciali ed oltre 400 ambulatori.

Questo Ente Associativo Pubblico, controllato dal Ministero della Salute e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, esiste da 100 anni e porta avanti la missione specifica di promuovere la  prevenzione oncologica a tutti i livelli.

La rete LILT, presente in tutte le regioni Italiane, necessita di essere però potenziata e riattivata con urgenza, interfacciando le attività ambulatoriali del territorio con le strutture del SSN permettendo così un completamento rapido dei percorsi diagnostici assistenziali (PDTA) necessari ai pazienti per garantire una diagnosi di tumore più precoce possibile.

Diagnosi precoce nella stragrande maggioranza dei casi significa guarigione dal tumore stesso e conseguentemente verrebbe meno la necessità di somministrare terapie costosissime per malattie diagnosticate invece in stadio avanzato.

Con poche risorse finanziarie ed umane, la prevenzione Oncologica sarebbe stata garantita anche in tempi di Pandemia visto che “l’infrastruttura LILT territoriale” già esiste da un secolo, ma non comunica con le strutture del SSN in maniera ottimale.

Al Ministero della Salute, oltre ad inviare gli auguri per il Centenario della LILT, qualcuno si è preso la briga di controllarne le attività in corso e di leggere il Progetto di potenziamento e riattivazione della rete LILT proposto dal Comitato Scientifico e dal Direttivo Nazionale,  redatto e messo a disposizione del Governo con preghiera di poterlo discutere in Conferenza Stato-Regioni? Il rilancio della prevenzione oncologica su scala nazionale è un obiettivo urgente e meritevole di considerazione anche in prospettiva di poter utilizzare al meglio le risorse previste dal PNRR.   Ad oggi , anche su questo tema non è pervenuto nessun segnale dalla politica!

Quarta frecciata. Gli organi di stampa ed i mass-media si sono dedicati esclusivamente alla pandemia con una visione ristretta e virus-centrica del problema.

Ci voleva la guerra in Ucraina per spostare il baricentro di interessi.  Ancora una volta le serie problematiche del settore oncologico sono state nascoste sotto il tappeto, con buona pace dei malati di cancro.

Gli addetti ai lavori, quelli seri, sanno che ciò che avverrà nel prossimo decennio sarà una catastrofe economica e sanitaria tale che ci farà rimpiangere il lockdown del COVID-19.

Se si considera la prevalenza cumulativa (casi viventi, vecchi e nuovi) dei quattro tumori più importanti che potrebbero beneficiare di terapie innovative, come quelli del Colon-retto, del polmone, della mammella ed i melanomi, in Italia vivono attualmente 1.634.900 persone in apparente stabilità e controllo della malattia.

Se il 50% di questi pazienti dovesse sfortunatamente andare in progressione di malattia ed essere eleggibile per un moderno trattamento medico, occorrerebbero circa 170 miliardi di euro da reperire.  Credo sia pleonastico fare ulteriori commenti,  considerando il fatto che al tempo del primo Governo Conte (2018-2019) per le intere esigenze del SSN erano stanziati circa 34 miliardi e si doveva anche ferocemente discutere con il MEF durante la manovra finanziaria per ottenerli senza deroghe. 

Oggi, grazie alle incrementate risorse messe in campo la situazione risulta sensibilmente migliorata, peccato che si continua a pensare solo al COVID-19 ed in maniera decisamente errata.

Quinta frecciata. Cosa ne è stato delle decine di dossier aperti durante il Governo Conte 1 per il potenziamento della Medicina territoriale, per il superamento dell’imbuto formativo, per l’istituzione delle Case della Salute, per il sostegno alla ricerca ed il Rilancio della Prevenzione Oncologica? Sicuramente da prendere in considerazione il recente DM 77 pubblicato il 22 Giugno c.a. in Gazzetta Ufficiale. Una bella scatola vuota senza alcuna risorsa prevista per il reclutamento del personale necessario a realizzare pienamente le pregevoli iniziative declinate.  Un’autentica presa per i fondelli! 

Si cade letteralmente dalla sedia quando si legge che le previste Unità di Continuità Assistenziale da creare sul territorio, che dovrebbero prendere in carico i pazienti dimessi dagli Ospedali per stabilizzarli e poi riabilitarli presso il proprio domicilio, prevedono un medico ed un infermiere ogni centomila abitanti (?).  

Pregevole quanto pubblicato in G.U.R.I. serie generale n. 144 il 22 Giugno c.a.  (Allegato 1)  “Modelli e Standard per lo Sviluppo dell’Assistenza territoriale nel Sistema Sanitario Nazionale”.  Veramente un bel lavoro che declina in maniera dettagliata ciò che è necessario fare per rimodernare il SSN. Peccato che il documento sia poco più che un mero sforzo teorico visto che si sottolinea in più punti  che Il complesso degli interventi previsti nel presente documento dovrà avvenire nell’ambito delle risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale “ …. Avete compreso bene?…. Non sono previste risorse aggiuntive per reclutare il personale sanitario necessario per questa rivoluzione strutturale e funzionale, ma il tutto dovrà derivare dalla riorganizzazione degli ospedali esistenti che sono attualmente in larga maggioranza allo sfascio !

Sarebbero i Medici ospedalieri e gli operatori sanitari delle strutture pubbliche del SSN che dovrebbero farsi carico dei servizi da erogare sul territorio?  Non si comprende come sia possibile se mancano i medici e gli specialisti anche negli ospedali pubblici.

In altri termini il DM 77 ben declina quello che dovrebbe essere fatto, pur sapendo che non potrà mai essere realizzato ad invarianza di spesa.  Non credo servano ulteriori commenti in proposito!

Per la spedizione delle armi in Ucraina è previsto un impegno di spesa secondo l’Osservatorio Milex, di 187,5 milioni di euro (per ora). Ma per i Medici di Medicina Generale, primi attori della medicina territoriale da potenziare con urgenza, bisogna negoziare con il MEF per dare stipendi decenti e non solo. Ai giovani che si apprestano ad intraprendere una formazione specifica per  MMG e che dovrebbero farsi carico della gestione delle cronicità sul territorio è di fatto impedito l’accesso alle scuole di specializzazioni a causa di normative vigenti in netto contrasto con quanto avviene in Europa e con quanto il DM77 prevede.

I Medici di Medicina Generale, in altri termini, non possono qualificarsi ulteriormente per poter svolgere al meglio la loro missione sul territorio, ma oltre al lavoro ambulatoriale dovrebbero garantire h24 anche le prestazioni previste erogabili  nelle case della salute.

La novella del superamento dell’imbuto formativo per l’accesso alle scuole di specializzazione rappresenta poi un ottimo spot elettorale. Certo, con le procedure di reclutamento adottate, e con le condizioni di lavoro ed i salari previsti per gli specializzandi l’imbuto formativo non rappresenterà più un problema nel prossimo futuro, perché sparirà del tutto.

C’è poco da sbandierare questa vittoria politica, che realtà rappresenta una inesorabile sconfitta. I concorsi di accesso ad alcune scuole di specializzazione, malgrado la carenza di medici specialisti, vanno inesorabilmente deserti. Le scuole di specializzazione e/o i programmi di Dottorato più attraenti per i giovani medici Italiani sono sempre di più quelle della Comunità Europea e degli Stati Uniti che sentitamente ringraziano.

I ricercatori e gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS)
Dall’analisi degli interventi posti in essere dai precedenti Governi per implementare il settore della ricerca è indiscutibile che durante il primo Governo Conte questo settore ha visto un deciso incremento nell’allocazione delle risorse per cercare di implementare la Ricerca Scientifica Italiana che vanta punte di eccellenza a livello Internazionale.

E’ stata portata a casa la legge sull’Istituzione dei Registri Tumori, e la legge sulla Piramide dei Ricercatori che ha consentito la stabilizzazione lavorativa di migliaia di colleghi, alcuni non più giovanissimi, che prestavano la loro opera intellettuale a contratto o con borse di studio non sempre garantite.

Più risorse sono state stanziate per lo sviluppo dei farmaci innovativi, per le malattie rare, sono stati definiti criteri più stringenti per riqualificare gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) che oggi contano 52 Istituzioni  tra pubbliche e private sparse sul territorio Nazionale. Ancora c’è molto da fare per potenziare tecnologicamente e riqualificare questa rete. E’ di qualche mese fa la proposta di legge per il riordino degli IRCCS e per l’attivazione dei decreti attuativi (Decreto Delega 3475 del 18 Febbraio 2022).

Anche in questo caso è sorprendente aver letto che tutto ciò si potrà attuare per il MEF ad “invarianza di spesa”.

Ero studente di medicina nei primi anni ottanta quando in campagna pre-elettorare sentivo parlare di investimenti per il rientro dei cervelli, per invertire l’esodo delle migliori menti Italiane verso i laboratori di Ricerca Europei ed Americani. Molti connazionali dirigono oggi laboratori nelle più prestigiose Università ed Istituti di Ricerca mondiali; colleghi che non esitiamo a consultare se cè necessità di mettere a punto terapie molecolari per patologie gravi, per scambiare dati sulle sequenze virali, per confermare diagnosi tumorali e cosi via.  Grande investimento è stato  per il Paese formare professionisti validi e poi lasciarli andar via nel momento della loro maggiore produttività, per far spazio a parenti e compari di merende e di partito, che popolano i nostri Istituti con contratti a tempo indeterminato.

Soggetti (non tutti per carità) conosciuti come da sempre affermo “solo nel condominio dove abitano”. Fatevi un giretto a verificare negli uffici del personale degli IRCCS e degli Ospedali Universitari, in particolare del Centro Sud, quante menti eccelse sono state richiamate dall’estero in questi ultimi 10 anni. E guardate le performance cliniche-diagnostiche e sperimentali dei sanitari di ruolo con funzioni apicali. Esistono oramai criteri oggettivi internazionali per valutare la qualità di medici, chirurghi e scienziati. 

Sesta frecciata. E’ oltremodo significativo ad esempio, che tutte le posizioni dirigenziali di responsabile di Unita Operative Complessa (UOC) gli ex primari per intenderci, sono tutte posizioni bandite per 5 anni con possibilità di rinnovo, previa verifica delle attività svolte. 

Qualcuno conosce un primario che in Italia è stato rimosso dopo 5 anni a seguito di una valutazione comparativa?  O meglio, qualcuno sa come, quando e da chi vengono effettuate le dovute verifiche sulle attività svolte a fine quinquennio?  Eppure è legge dello Stato!

Di mia conoscenza non risulta sia stato mai rimosso nessun  sanitario con funzioni apicali in nessun ospedale Italiano e ancor peggio in nessuna struttura sanitaria mista ospedaliera-universitaria.

Ne consegue che la performance di tutti gli ospedali Italiani dovrebbe, almeno sulla carta, essere di gran lunga migliore di quelle dell’Università di Harvard, o di Oxford perchè in quei contesti dopo tre-cinque anni i Professori/primari cambiano quasi tutti e ne arrivano di migliori,  su base rigorosamente competitiva.

In Italia abbiamo tutti fenomeni con posizioni permanenti a vita, e non lo sapevamo!

Per carità vanno fatte le dovute eccezioni e vanno salvaguardate eccellenze che tutto il mondo ci invidia, ma basta a prendere in giro la popolazione, gli studenti universitari delle facoltà mediche, gli specializzandi, i MMG ed i malati in particolare.

Continuiamo così….. Sono  trascorsi 35 anni e la musica è sempre la stessa… parole, parole, parole….. soltanto parole e spot elettorali.  Ma la musica è finità……. Risuona un’altra bella canzone degli anni 70.  E la pazienza pure !

Armando Bartolazzi
Patologo-Oncologo
Ex Sottosegretario di Stato Ministero della Salute



23 agosto 2022
© Riproduzione riservata


Altri articoli in Studi e Analisi

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy