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Tutto quello che bisogna sapere sulla “mediazione” in sanità

di Fernanda Fraioli

Dal 20 marzo 2011, il tentativo di mediazione è stato reso obbligatorio in varie materie, tra le quali il risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria. Con la mediazione le parti cercano di raggiungere in maniera autonoma la soluzione che esse stesse ritengono più appropriata e reciprocamente vantaggiosa al fine di trovare un accordo

09 GEN - L’acronimo – nelle diverse accezioni di mediazione, arbitrato, negoziazione, transazione, conciliazione – indica l’Alternative Dispute Resolution, una risoluzione alternativa al metodo classico delle controversie che presenta il vantaggio di offrire una soluzione rapida, semplice ed extragiudiziale alle controversie percorrendo strade “alternative”, senza ricorrere al giudice.

Inizialmente previsto per disciplinare i rapporti tra consumatori e imprese in materia di vendita di beni e servizi è stato successivamente esteso anche ad altri settori.

La disciplina dettata in principio teneva fuori tutti i conflitti che originavano dalla prestazione di servizi di interesse generale non economici (cioè quelli contrassegnati da assenza di un corrispettivo economico da parte delle P.A.), come ad es., le liti connesse all’assistenza sanitaria per le quali si limitava alle controversie in materia di sola responsabilità medica e non agli aspetti significativi delle vicende medico sanitarie da cui scaturivano i dissidi.

In materia sanitaria, di specifico, si rinvenivano d.lgs. C.P.S. del 13 settembre 1946, n. 233, relativa alla ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni, che individuava le attribuzioni spettanti al Consiglio direttivo di ciascun Ordine nell’interporsi, se richiesto, nelle controversie fra sanitari o fra sanitario e altri; alcune leggi regionali che, comunque, ponevano quesiti di conciliabilità con la normativa nazionale; il D.L. 2I giugno 20I3, n. 69 che ha aggiunto la responsabilità sanitaria ed, infine, la Legge 8 marzo 2017, n. 24 c.d. Gelli-Bianco che l’ha configurata addirittura quale condizione di procedibilità.

Da ultimo, la delega al Governo per la riforma del processo civile da esercitarsi entro un anno dall’entrata in vigore della legge e dunque entro dicembre 2022 – che interviene anzitutto su questi istituti con la finalità di incentivarli – in materia sanitaria, lascia assolutamente immutati principi e criteri generali.

Conclusivamente, quindi, il d.lgs. n. 28 del 2012 che la prevede quale condizione di procedibilità e ne detta i rapporti con il processo “chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di ………risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da…”, nonchè L. 8 marzo 2017, n. 24 che all’art. 8 introduce il tentativo obbligatorio di conciliazione, così recitando “chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente”.

La mediazione, allora, seppur attività volontaria e rimessa alla decisione delle parti, nei casi previsti – ovvero quando si vuole esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia – presenta carattere obbligatorio, configurando il previo esperimento di un tentativo di conciliazione quale condizione di procedibilità della successiva azione in sede civile.

Per questo motivo, dal 20 marzo 2011, il tentativo di mediazione è stato reso obbligatorio in varie materie, tra le quali il risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria.

Anche se inizialmente dichiarata incostituzionale per eccesso di delega (C.c.le n. 272 del 2012), successivamente è stata reintrodotta in via sperimentale dal dl n. 69 del 2013 ed infine stabilizzata dal dl n. 50 del 2017 e, nello stesso anno, la Legge Gelli-Bianco, che disciplina la responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, ha introdotto un ulteriore caso di obbligatorietà del tentativo di conciliazione, ai fini della procedibilità dell’azione in sede civile.

Con la mediazione le parti cercano di raggiungere in maniera autonoma la soluzione che esse stesse ritengono più appropriata e reciprocamente vantaggiosa al fine di trovare un accordo.

Non a caso, infatti, ai sensi dell’art. 1 co. 1 lett. a) del D. Lgs. n. 28/2010 è "l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa".

Al passo con l’evoluzione dei tempi, è stata prevista anche la possibilità di mediazione on line mediante web conference in un’area riservata del sito cui possono accedere solo le parti, il conciliatore e il responsabile del servizio, garantendo, così, anche l’assoluta privacy dei soggetti coinvolti.

Anche le controversie già pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria possono essere oggetto di mediazione e lucrare i vantaggi che questo tipo di risoluzione alternativa presenta, dalla volontarietà in quanto nessuna decisione viene imposta essendo le parti a pervenire volontariamente ad un accordo risolutivo della controversia; alla rapidità perché non ha durata superiore a quattro mesi; all’economicità in quanto i costi, contenuti e predeterminati, variano in relazione al valore della controversia in oggetto e, infine, alla riservatezza, professionalità e terzietà del mediatore.

Da non confondere con la conciliazione che è la parte terminale del processo di mediazione, ovvero la materiale procedura di risoluzione della controversia con cui una persona terza (e, per ciò, imparziale) quale il conciliatore, assiste le parti in conflitto al preciso fine di orientarle verso la ricerca di un accordo, la mediazione è, invece, il procedimento finalizzato ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formula di una proposta per la risoluzione della stessa.

Come anche differisce dalla transazione, perché non è un contratto, non attiene ad una lite, ma ad uno stato di conflittualità, non è finalizzata a reciproche concessioni, ma ad un reciproco riconoscimento di diritti e di doveri.

Come più volte affermato dalla giurisprudenza contabile, l’azione di responsabilità – essendo, per sua natura, posta a tutela dell’interesse generale alla corretta gestione dei mezzi economici pubblici – è contraddistinta dai caratteri della necessarietà e della indisponibilità e, di conseguenza, non tollera preclusioni e inibizioni dall’espletamento di attività della Pubblica Amministrazione volte al recupero dello stesso credito, ma fino a quando questo non venga soddisfatto e ristorato integralmente venendo meno, in tal caso, l’elemento oggettivo della responsabilità amministrativo-contabile (ex pluribus, Cass. pen. Sez. VI, 18.07.2017, n. 35205).

Come pure, l’accordo transattivo tra USL e medico non preclude l’azione del Procuratore contabile.

Vale a dire che, seppur il medico abbia risarcito sia il danno derivato alla Azienda sanitaria di appartenenza dalla indebita retribuzione di visite ed accessi medici che non aveva effettuato, sia il danno all’immagine negativa dell’amministrazione interessata, conseguente a detto comportamento illecito, la Procura regionale, tuttavia, sul presupposto che la richiamata transazione “non fa stato nel giudizio di responsabilità amministrativa – contabile, spettando al Giudice, a prescindere dagli accordi intervenuti, una autonoma valutazione attinente non solo all’an debeatur, ma anche al quantum da porre a carico del dipendente che ha generato il danno” ha citato, ugualmente, in giudizio il medico, quantificando, equitativamente, il danno non patrimoniale all’immagine pubblica, dallo stesso dovuto.

In questa specifica fattispecie caduta sotto la lente del giudice contabile, la quantificazione effettuata dalla ASL nell’accordo bonario e dalla Procura nella citazione a giudizio hanno coinciso.

Dal suo canto, il collegio giudicante ha ritenuto che l’azione amministrativa finalizzata al perseguimento (anche attraverso accordi e transazioni con il creditore) dell’interesse a veder soddisfatto un proprio credito certamente non è idonea a precludere l’esercizio dell’azione di responsabilità di spettanza esclusiva del Pubblico Ministero presso la Corte dei conti che, purtuttavia, trova il proprio limite nell’esatto adempimento del creditore.

La transazione, quindi, con l’Azienda Ospedaliera sul danno per intramoenia non autorizzata non preclude l’azione per danno erariale e, in tema di malpractice media, una transazione palesemente irragionevole interrompe il nesso causale con l’operato dei sanitari.

Da ciò, quindi, finalità, opportunità e limiti della transazione ad individuare in funzione deflattiva del contenzioso giudiziario; benefici per entrambe le parti della lite; riduzione dei costi; potenziamento degli aspetti relazionali; riconduzione del rapporto medico-paziente nell’alveo della fiducia da quello della conflittualità; tutela della reputazione professionale.

Gli strumenti ed il metodo della conciliazione, invece, vanno dall’utilizzo di apposite tecniche con le quali il mediatore sollecita le parti a trovare una soluzione condivisa; all’assenza di poteri coercitivi, che semmai, sono persuasivi; all’approccio metodologico non univoco, ma condizionato dalla tipologia di controversia, passando per l’assicurazione di un dialogo continuo tra le parti, con un ruolo di ascolto attivo.

Il mediatore non deve risolvere il conflitto, ma assicurare un confronto costruttivo tra le parti, arrivare ad una proposta conciliativa (art. 11 d.l.gs n. 28/2010) se le parti non sono in grado di farlo da sole e consentire un risparmio di spesa, atteso che queste sono poste a carico se la eventuale decisione del giudice eventualmente adito coincide con quella fatta da lui.

Da non sottovalutare le agevolazioni fiscali in quanto non sono dovute né le tasse giudiziarie, né perizie, né altri costi addizionali, essendo tutti gli atti, documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura.

Anche il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, essendo dovuta solo per la parte eccedente.

L’art. 8 della legge Gelli-Bianco sembrerebbe operare un’alternativa impropria tra mediazione e Accertamento Tecnico Preventivo, quasi ponendo sullo stesso piano sia la mediazione, finalizzata alla eventuale conciliazione della lite, prevista dal D.L.gs n. 28 del 2010, sulla base della delega contenuta nell’art. 60 della legge n. 69 del 2009, che l’istituto della conciliazione guidata da un consulente tecnico di ufficio, sulla base dello schema procedimentale contenuto nell’articolo 696 bis del codice di rito civile.

Ma i due istituti anche se hanno in comune tre caratteristiche di base – ovvero la finalità di composizione bonaria della lite; di costituire titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, nonché di prevedere agevolazioni ed incentivi fiscali – si differenziano sostanzialmente.

La consulenza tecnica rientra nella giurisdizione contenziosa, la mediazione ha natura stragiudiziale; il consulente tecnico è uno specialista che deve risolvere la questione tecnica sottesa alla controversia e, solo dopo, tenta di conciliare le parti, il mediatore non deve necessariamente possedere conoscenze in campo medico, ma deve assistere le parti e favorirne la comunicazione per raggiungere una soluzione della lite; il mediatore può incontrare le parti separatamente (anche per fare la c.d. proposta valutativa), il consulente ha bisogno della contemporanea presenza di tutte le parti.

Nella successiva fase giudiziale, poi, la relazione tecnica può costituire elemento di valutazione nel giudizio, il verbale del mediatore, no.

E, se la mediazione non va a buon fine, l’attore può scegliere tra il giudizio ordinario ed il rito abbreviato; nell’ATP la scelta non è consentita.

In conclusione, quindi, l’ATP, in un'ottica deflativa del contenzioso, è stato introdotto quale condizione di procedibilità finalizzata anche al tentativo di conciliazione, ex art. 696-bis c.p.c., e configurandosi quale aspetto innovativo (anche se meno vantaggioso economicamente) di supporto alla procedura di mediazione e conciliazione, inizialmente considerata unico strumento obbligatorio da espletare ancor prima di introdurre un giudizio.

Solo l’ATP conferisce autorevolezza al consulente chiamato a dirimere la controversia in virtù della sua capacità scientifica, non altrettanta funzionalità e capacità deflattiva si riscontra nel procedimento di mediazione, anche se previsto quale condizione di procedibilità della lite.

Va rilevato che l’istituto della mediazione riveste un ruolo di non poco momento nel programma di gestione del rischio dell’Azienda sanitaria.

Da diversi anni, alcune Aziende Ospedaliere hanno introdotto l’innovativa figura del mediatore aziendale, professionista particolarmente dedito all’aspetto dell’umanizzazione del sistema sanitario, che focalizza l’attenzione sull’individuo (da intendersi sia come cittadino sia come operatore sanitario dell’Azienda) insoddisfatto di una particolare prestazione o di uno specifico accadimento.

Il mediatore aziendale viene direttamente coinvolto nelle attività di risk management e diventa membro attivo sia dell’UGR (Unità di Gestione del Rischio) che del CVS (Comitato Valutazione Sinistri).

I casi oggetto di mediazione possono diventare momento di confronto e rilevazione dei rischi presenti all’interno dell’Azienda ospedaliera ed essere quindi approfonditi con tecniche di analisi dei processi e delle root cause.

Il mediatore contatta i cittadini interessati per offrire loro uno spazio di ascolto rispetto all’accaduto.

Tale innovativo sistema ha prodotto anche un effetto inaspettatamente insolito, avendo fatto registrare anche la spontanea richiesta dei dipendenti di poter usufruire della stessa possibilità offerta ai cittadini, di esprimere il proprio disappunto rispetto a disagi inerenti il proprio lavoro ed i rapporti con i superiori o con gli utenti esterni.

La mediazione nei conflitti ha l’indubbio merito di prevenire/ridurre il contenzioso nelle organizzazioni sanitarie.

A completamento del percorso di gestione extragiudiziale dei contenziosi alcune ASL, già da tempo, hanno affiancato un nuovo servizio di conciliazione aziendale al servizio di ascolto e mediazione dei conflitti, decidendo di formare due professionisti all’attività di mediazione, di cui uno non esclusivamente ma maggiormente dedicato alla mediazione, che partecipa alle riunioni sia dell’Unità di gestione del rischio sia del Comitato valutazione sinistri.

Al fine di diffondere in Azienda la conoscenza sull’attività di mediazione si è provveduto ad inviare lettere informative ai direttori e coordinatori di strutture complesse; sono state curate pubblicazioni in intranet e sul notiziario aziendale allegato alla busta paga di ogni dipendente; si sono tenute presentazioni alle riunioni del Comitato consultivo misto, del Collegio dei primari e a due edizioni del corso accreditato ECM sulla gestione del rischio clinico.

I casi da trattare in mediazione vengono reperiti secondo più modalità.

Presso l’Ufficio relazioni con il pubblico è costantemente presente un mediatore, e quindi il cittadino ha già un primo approccio con il professionista nel momento in cui si presenta per sporgere un reclamo ricevendone una valutazione rispetto all’opportunità di avviare un percorso mediativo, in base alle peculiarità del reclamo presentato. Caratteristiche importanti a tal fine sono la rilevanza del caso e la necessità di chiarimenti, che non verrebbe soddisfatta da una semplice risposta scritta al reclamo.

Da un angolo visuale strettamente giuridico, la Cassazione (con la sentenza n. 589 del 1999 e SS.UU. n. 13533 del 2001) ha parlato di un cambiamento di mentalità.

Con il riconosciuto contatto sociale, la responsabilità è contrattuale, non più extra-contrattuale e ciò determina che l’onere probatorio sia a carico dell’attore il quale deve fornire la prova della fonte dell’obbligazione, mentre a carico del convenuto (medico e struttura sanitaria) residua la prova del corretto adempimento

L’unica ipotesi di responsabilità extra-contrattuale della struttura (quale custode delle apparecchiature) si rinviene nell’ipotesi di contratto concluso direttamente con lo specialista.

E, dopo il Covid-19 la mediazione ha rafforzato la possibilità di espletamento della procedura on line, sempre assicurando riservatezza e tutela dei dati personali con divieto di registrare le sedute degli incontri, inevitabilmente limitati ai soggetti coinvolti, identificati tramite sistemi di autenticazione personalizzati e tracciati.

Nuovo impulso ha ricevuto il sistema dal D.L. n. 18/2020 che ha derogato al primigenio D.L.gs n. 28/2010 e prevista la firma digitale, con comunicazione via PEC all’ufficiale giudiziario e conferendo all’accordo così firmato di costituire titolo per iscrizione di ipoteca giudiziale, per espropriazione forzata, esecuzione di obblighi di fare e non fare, per consegna e rilascio.

Infine, accanto alle ADR, anche le ODR in sanità, ovvero la cyber-mediazione.

Si presenta quale sistema alternativo alle ADR, connotato da una maggiore economicità, maggiore facilità di accesso degli utenti, essendo interamente on line e che sta ricevendo un potenziamento della diffusione mediante inserimento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (c.d. TIC) nelle pratiche dei mediatori.

Fernanda Fraioli

Consigliere della Corte dei conti



09 gennaio 2023
© Riproduzione riservata


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