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Restano dubbi sulla correttezza degli atti costitutivi di alcune aziende ospedaliere universitarie

di Enrico Caterini ed Ettore Jorio

Come Laboratorio di diritto ed economia sanitaria dell’UniCal abbiamo rilevato tutto questo in un approfondito studio durato oltre un anno con conseguente sollecitazione, rappresentata sulla stampa nazionale (cfr. QS 31 dicembre 2021 e 11/16 gennaio) e su riviste specialistiche di rilievo scientifico di prossima uscita (Sanità pubblica e privata n. 2/2023), di provvedere a sistemare l’inconveniente.  Ma nulla è sortito, nonostante l’insediamento del nuovo Governo e dunque di un nuovo ministro ben conscio della problematica perché già rettore dell’Università di Tor Vergata

27 GEN -

L’interesse primario di un Paese è quello di avere un ordinamento giuridico a presiedere l’esigibilità dei diritti nell’assoluto rispetto del proprio impianto legislativo.

Il compito delle Istituzioni, a cominciare dal Governo, è quello di rispettarlo a dispetto delle pretese localistiche, tenute a cedere il passo in rapporto all’interesse generale, rispettando quanto preteso dalla Costituzione e sancito dalle leggi e dagli atti aventi valore di leggi.

Tutto questo non ha trovato negli anni una corretta applicazione nell’esercizio della gran parte delle trenta aziende ospedaliere universitarie che risultano operanti e funzionanti (cfr. Open Data al 2020 e Report ministeriale al 2022) senza che le stesse fossero riconosciute come tali nel rispetto della specifica disciplina, di cui all’art. 8 del D.Lgs. 517/1999.

Come Laboratorio di diritto ed economia sanitaria dell’UniCal abbiamo rilevato tutto questo in un approfondito studio durato oltre un anno con conseguente sollecitazione, rappresentata sulla stampa nazionale (cfr. QS 31 dicembre 2021 e 11/16 gennaio) e su riviste specialistiche di rilievo scientifico di prossima uscita (Sanità pubblica e privata n. 2/2023), di provvedere a sistemare l’inconveniente. Ma nulla è sortito, nonostante l’insediamento del nuovo Governo e dunque di un nuovo ministro ben conscio della problematica perché già rettore dell’Università di Tor Vergata.

Il tutto ha continuato a generare un grave nocumento per l’esigibilità del diritto alla salute così come proposto nel caso di specie - in modo del tutto ingannevole per la ignara utenza, convinta di destinare il proprio corpo alle cure frutto di una collaborazione “certificata” da un Dpcm tra sistema universitario e il SSN - oltre che essere occasione di dispendio di risorse, impegnate a sostenere costi indebiti di sedicenti aziende ospedaliere universitarie piuttosto che di aziende ospedaliere poste a tutela ordinaria dei Lea per spedalità.

Addirittura si è andato oltre. In questi giorni si è materializzato un evento in violazione di norme specifiche finalizzato a consentire l’esistenza giuridica di una azienda ospedaliera universitaria che tale non è mai stata e che tale non è, con buona pace della politica localista che ha fatto di tutto perché ciò si realizzasse ricorrendo a sostenere persino il dubbio contenuto di provvedimenti ammnistrativi regionali esistenti.

L’evento - che per come si sta concretizzando potrebbe attrarre l’interesse della magistratura non solo amministrativa già coinvolta - riguarda l’azienda ospedaliera Mater Domini di Catanzaro che si pretende, inopinatamente, essere riconosciuta, sine titulo, Azienda Ospedaliera Universitaria “Mater Domini”. Ciò con la prospettiva di perfezionare una fusione per incorporazione ove la stessa dovrebbe rendersi incorporante l’altra azienda ospedaliera catanzarese denominata Pugliese-Ciaccio. Il tutto con la conseguenza di costituire una auspicata unica azienda ospedaliera universitaria con la denominazione “Renato Dulbecco”, secondo quanto sancito dalla L.R. 33/2021, che - per come redatta - meriterebbe di per sé una sua consistente revisione.

Ad una tale progettualità si è pervenuto attraverso una serie di errori che hanno caratterizzato una esistenza fattuale ventennale di una Azienda Ospedaliera, per l’appunto la “Mater Domini”, costituita con un Dpgr 170/1995 in attuazione di una legge regionale, la n. 26/1994. Del resto, diversamente da questa non poteva essere, atteso che le aziende ospedaliere universitarie sono state introdotte nell’ordinamento quattro anni dopo, con il D.Lgs. 517/1999.

Un accaduto, questo, che sembra non essere nella conoscenza del responsabile dell’Ufficio Legislativo del Ministero della salute, atteso il tenore di un parere rilasciato in proposito il 16 dicembre scorso. A sua giustificazione è tuttavia da sottolineare che un tale atto di scienza è stato pedissequamente redatto sulla base di quanto riportato in apposita istanza dal contenuto davvero disarmante e per molti versi preoccupante per chi ha collaborato alla sua stesura, dal momento che la stessa si caratterizzava per reiterate, quantomeno dubbie, dichiarazioni relativamente al contenuto di provvedimenti amministrativi (Dpgr 170/1995 con il quale è stata costituita una AO e non già una AOU come affermato ripetutamente!), cui la stessa faceva riferimento.

Tutto questo a riprova che nel Paese la normativa nazionale non è palesemente ossequiata, facendola illegittimamente surrogare da quella regionale. Ciò a partire dal cosiddetto “Policlinico Tor Vergata”, di diretto riferimento dell’attuale Ministro della Salute già Rettore, cui necessiterà tanto per essere portato a legittimità formale e sostanziale, dal momento che è anche essa costituita senza Dpcm ma solo in forza della L.R. Lazio n. 1/2020, art. 22 (peraltro, precetto omnibus), commi 117-122. Una situazione che, come Laboratorio, conosciamo bene per aver studiato attentamente in bozza il Protocollo d’Intesa perfezionato con la Regione Lazio il 31 maggio scorso.

Un atteggiamento errato, illegittimo e permissivo, cui il ministro Schillaci di certo rimedierà, così come avvenuto a suo tempo dal trio Monti-Profumo-Balduzzi per l’AOU di Salerno con la costituzione effettuata con la delibera della giunta regionale campana n. 110 del 12 febbraio 2010, ritenuto riprovevole dal TAR Campania e dal Consiglio di Stato, ma anche riconosciuto come tale e risolto dallo stesso Governo in carica il 31 gennaio 2013. Un percorso, questo, da perfezionare per tutte le AA.OO.UU. che si trovino in uno stato analogo per mancato rispetto dell’anzidetta normativa dello Stato. Un’esigenza correttiva pretesa, come detto, dalla attenta giurisprudenza amministrativa formatasi in Campania, cui fece seguito l’emissione del suddetto Dpcm intervenuto nel 2013 “a sanatoria” delle illegittimità riscontrate nell’allora caso di specie, che era perfettamente sintonico alla condizioni giuridiche riscontrate nelle numerose fattispecie sostenute da inidonei provvedimenti regionali.

Diversa è la vicenda calabrese. E’ di tutt’altra inaudita dimensione. A differenza di quelle AA.OO.UU. sostenute da provvedimenti regionali, invero sistemabili attraverso una loro conversione da perfezionare con il previsto Dpcm, stando bene attenti alla efficacia difficile da guadagnare con validità ex tunc, è ivi fattualmente insediata, sul territorio di Germaneto di Catanzaro, mai riconosciuta come tale da alcun provvedimento o legge regionale. Tutt’altro, c’è un Dpgr del 1995 (n. 170) e una legge regionale del 2004 (n. 11, art. 17) che ne hanno reiterato la autentica qualificazione di azienda ospedaliera ma non universitaria.

Di conseguenza, essendo assolutamente sprovvista di qualsivoglia provvedimento costitutivo, atteso che non risponde affatto al vero quanto attestato nell’istanza al ministero della salute di rilascio di parere né tampoco quanto ritenuto a presupposto giuridico provvedimentale dal parere che ha fatto seguito, è da considerarsi assoluto indebito lo status attribuito di Azienda Ospedaliera Universitaria “Mater Domini”.

La stessa Azienda Ospedaliera “Mater Domini” così facendo:

  1. a) non potrà mai né essere riconosciuta come AOU, senza un Dpcm dedicato ad hoc;
  2. b) né tampoco sanare il sedicente vissuto, sia giuridico che economico;
  3. c) né ancora perfezionare la prevista fusione a mente degli step resi obbligatori dal Codice Civile da concludersi con apposito provvedimento amministrativo propedeutico al rilascio e pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del ripetuto decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, consacrante peraltro la neo denominazione di AOU “Renato Dulbecco”.

Il tutto senza contare su di un Protocollo d’Intesa che sia in perfetta linea con la programmazione regionale ospedaliera, peraltro allo stato mancante a tal punto da non giustificare neppure l’entità dei posti letto dell’Azienda Unica, se non calcolata per mera somma aritmetica di quelli delle AA.OO. fuse.

E dire, che tutto questo “ben di Dio” ben poteva essere oggetto di una “sanatoria”, da tentare di far valere “ora per allora” a salvaguardia di ogni accaduto verosimilmente critico, ma l’accidia ha fatto sì che si procedesse nella più assoluta illegittimità, con il rischio di ricadere - si ripete - in responsabilità che ben potrebbero essere oggetto di approfondimenti di ogni natura.

Enrico Caterini ed Ettore Jorio

Laboratorio permanente per gli studi e la ricerca nel settore del diritto e dell’economia sanitaria dell’UniCal

N.B. A margine dell’esito dello studio è da sottolineare il perfezionamento, in data 25 gennaio scorso, da parte del Commissario ad acta del piano di rientro della Regione Calabria del DCA n. 40, con il quale il medesimo, modificando una sua precedente previsione recata nel Programma Operativo Regionale 2022-2025, ha ritenuto riconoscere l’esistenza giuridica dalla A.O Mater Domini, attribuendole la qualità di AOU. Un provvedimento che, di certo, dovrà riassumere i consensi del MEF e del MUR, difficili da concretizzarsi dal momento che poggia la sua ratio su contenuti non veritieri di un provvedimento regionale del 1995 (Dpgr n. 170) istitutivo della Mater Domini ma nella sua veste giuridica di Azienda Ospedaliera nonché su una recente legge regionale. Un evento che ripropone oggi le stesse illegittimità ritenute tali dalla sentenza di annullamento del Tar Campania n. 4425/2012, divenuta definitiva.



27 gennaio 2023
© Riproduzione riservata


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