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Dirigenza medica. Cosa dovrebbe prevedere il nuovo contratto per una sua giusta valorizzazione

di Stefano Rausei, Pierluigi Rausei

L’auspicio è che l’indispensabile valorizzazione del servizio e della presenza presso le strutture del sistema sanitario nazionale del personale della dirigenza dell’area della sanità, più volte menzionata nell’ambito dell’atto di indirizzo e declinata in innumerevoli modalità nelle mission delle aziende sanitarie italiane, trovi finalmente riscontro concreto nel nuovo CCNL. Ecco come

06 MAR -

Sono state finalmente avviate il 2 febbraio 2023 le trattative per cercare di giungere, in tempi ragionevolmente rapidi (essendo già segnatamente tardivo l’avvio della contrattazione), al rinnovo del CCNL 2019-2021 per il personale dirigente dell’Area della Sanità, che interessa direttamente la vita lavorativa di 120mila dirigenti medici e di 14mila dirigenti sanitari, ma indirettamente coinvolge la vita lavorativa di tutto il personale del comparto (550mila lavoratori, di cui 270mila infermieri, il cui CCNL è stato rinnovato, sempre tardivamente, il 2 novembre 2022).

L’atto di indirizzo proposto dal Comitato di settore del Comparto Regioni Sanità della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ai sensi dell’art. 41, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, anticipato il 6 ottobre 2022 e formalizzato il 13 dicembre 2022, intercetta solo in minima parte la drammatica situazione in cui versa il personale dirigenziale del settore.

Attualità ed esigibilità delle norme contrattuali
Secondo una nota definizione il contratto collettivo nazionale di lavoro è “un ibrido, che ha il corpo del contratto e l’anima della legge” (Francesco Carnelutti) e ciò solo basterebbe per pretendere che le norme contrattuali collettive siano attuali, connesse alla dimensione storica vissuta dai lavoratori ai quali sono destinate.

La costante rincorsa al rinnovo del contratto non consente alcun allineamento, rispetto alla linea temporale del vissuto lavorativo dei dirigenti medici e sanitari, i quali ancora una volta editeranno un CCNL tutt’altro che sincrono, privo dei caratteri necessari della contemporaneità, soprattutto dopo la gestione della emergenza pandemica, difficile e dolorosa per troppi. Peraltro, appare necessario intervenire, come le organizzazioni sindacali hanno chiesto, sulla esigibilità e sulla corretta applicazione del CCNL nella generalità delle Aziende, anche dando vigore ad una robusta contrattazione collettiva aziendale.

Capacità di resistenza strutturale e sistematica

L’atto di indirizzo nelle linee di contesto generale prende le mosse dalla "capacità del SSN di far fronte a estreme criticità" correlate alla pandemia, appunto. Invero il tema è uno dei fondamentali di questa stagione contrattuale: proprio la gestione emergenziale, a tutti i livelli, ha mostrato l’assoluta incapacità del SSN di programmare e di rispondere adeguatamente e miratamente ad una situazione emergenziale. Anche nelle situazioni in cui si è potuto attivare un modello organizzativo rispondente ai bisogni contingenti, il lavoro svolto sotto costante pressione (anche psicologica) non ha fatto altro che acuire una crisi già ampiamente in atto e drammaticamente prevedibile.

Il CCNL è l’occasione per stabilire regole, principi e criteri direttivi che siano davvero in grado di attuare meccanismi di intervento proattivo, idonei a rendere concretamente esigibile ovunque nel Paese una capacità di resistenza strutturale e sistematica. A ciò le parti dovranno pervenire mediante un reciproco impegno ad assicurare alla dirigenza della sanità gli strumenti (normativi, organizzativi e, di certo non ultimi, finanziari) di immediato intervento, a fronte di un necessario corrispondente stanziamento da parte del decisore politico, anche con risorse extracontrattuali che, come chiedono le parti sociali, possono consentire di “attualizzare il valore del lavoro di medici, veterinari e sanitari”.

Carenza del personale medico
L’atto di indirizzo sottolinea la carenza del personale medico, ma con esempi che non menzionano affatto i chirurghi (se si eccettua l’ambito ostetrico-ginecologico). Forse non nuocerebbe un’ampia riflessione sull’attuale ruolo della chirurgia, non a caso cara ad uno degli autori di questo testo: anche alla luce dell’esperienza maturata durante l’emergenza pandemica, non può passare sotto silenzio che un numero assolutamente non trascurabile dei contratti resi disponibili per la formazione specialistica in ambito chirurgico è andato incredibilmente non assegnato o abbandonato ancor prima della loro attuazione (dal 42% della chirurgia toracica al 25% della chirurgia generale per citare qualche dato).

Su questo il CCNL in fase di rinnovo deve assolutamente posizionarsi, in modo da ridurre (auspicabilmente per eliminarlo) lo scollamento desolante dalla realtà, spingendo il decisore politico ad intervenire con urgenza e solerzia sull’attuale scarsa pianificazione delle risorse umane necessarie per i settori più in crisi. A un indispensabile incremento di unità di personale si deve giungere per ridurre l’impegno individuale dei medici in guardie e pronte disponibilità notturne e festive e per consentire di rispettare il diritto costituzionale al riposo. Ma si dovrà anche, nella medesima direzione, individuare puntualmente il ruolo della dirigenza medica e sanitaria in formazione specialistica, anche introducendo specifici riconoscimenti per quanti operano come “tutor” nei loro riguardi, che non di rado si posizionano al di fuori delle strutture universitarie.

Carriera e organizzazione in conciliazione vita-lavoro
Appare paradossale, proprio alla luce della mancata soluzione del problema di carenza degli organici della dirigenza medica, che si faccia riferimento esplicito, nell’atto di indirizzo, alla previsione di sviluppi di carriera e alla definizione di modalità di lavoro che consentano una “migliore armonizzazione con vita privata e familiare”.

Per raggiungere tale condivisibile e ambizioso obiettivo occorre che siano definitivamente abbandonati criteri di progressione in carriera legati a fattori anagrafici o similari. Come pure appare indispensabile che il personale dirigenziale del settore possa fruire, senza trovare resistenze ed ostacoli da parte delle aziende da cui dipende, le proprie ferie (per il necessario recupero psicofisico, costituzionalmente indefettibile), mentre nell’attualità le aziende ospedaliere non agevolano neppure la fruizione delle ferie maturate ma non godute.

Il CCNL non deve perdere l’occasione (portando dalla sua il decisore politico) per dettare regole certe e stabilire il legittimo godimento dei diritti dei lavoratori rispetto all’organizzazione dell’orario di lavoro e della pianificazione delle ferie. Nella stessa prospettiva, peraltro, va affrontata anche la problematica delle rimodulazioni da apportare al sistema degli incarichi gestionali e professionali che caratterizzavano il contratto precedente e che, invero, nella maggior parte dei casi non ha trovato ancora effettiva applicazione nelle strutture sanitarie. Inoltre, non sembra potersi parlare di reale e possibile armonizzazione vita-lavoro, senza intervenire anche sul desolante tema delle violenze subite dal personale medico e sanitario nel mero esercizio delle proprie attività professionali.

Limite alle esternalizzazioni
L’atto di indirizzo tratta anche dell’esigenza di limitare le esternalizzazioni, con particolare riguardo al fenomeno degli appalti a cooperative. Se è vero che le esternalizzazioni al ribasso possono essere contrastate mediante attenti processi di affidamento delle prestazioni, è altrettanto vero che la dirigenza individua nel lavoro della cooperativa non tanto, o quanto meno non solo, una soluzione a livello operativo, ma anche semplicemente il fascino dell’aspetto economico-finanziario, in ragione del quale un medico si avvicina e si lascia conquistare dalle società cooperative soltanto in ragione dei risvolti economici dell’operazione.

Perciò, il CCNL deve adottare soluzioni che consentano di traguardare le tutele normative ed economiche dei lavoratori del settore, per quanto attiene al comparto e non solo per ciò che riguarda in modo stretto la dirigenza della sanità, affrontando il tema del lavoro in esternalizzazione sotto il profilo di un perimetro delle prestazioni, individuando quelle che possono essere affidate in appalto, ma anche con riferimento alla contrattazione collettiva applicabile al personale che viene impiegato nell’appalto. D’altro canto, il decisore politico dovrebbe urgentemente rendersi conto che senza un reclutamento di personale adeguatamente (leggasi "economicamente") attratto, le modalità di organizzazione del lavoro anche in esternalizzazione non cambieranno né facilmente né rapidamente.

Indennità di Pronto Soccorso
Quando l’atto di indirizzo si volge a parlare di indennità il riferimento è inaspettatamente soltanto alla dirigenza medica di Pronto Soccorso, senza in alcun modo preoccuparsi di differenziare l’apporto funzionale dei medici con carichi di lavoro oggettivamente differenti, misurabili in modo certo e documentabili.

Appare francamente inconcepibile ad esempio che un chirurgo, con le responsabilità e i carichi di lavoro che sono propri della sua professione, possa essere equiparato a uno specialista che spesso non è chiamato a rispondere neppure ai servizi di pronta disponibilità. Ed è paradossale che si ipotizzi che il chirurgo in questione possa ricevere una indennità soltanto se in attività di Pronto Soccorso, considerando che l’equipollenza (argomento colpevolmente trascurato nell’atto di indirizzo) lo rende abile alla turnistica in PS, a differenza di molte altre figure specialistiche. Peraltro, non si può non annotare che le indennità pure immaginate si configurano come spiccioli, se non propriamente come elemosina.

Utilizzo di medici con rapporto non esclusivo
Ha tutto il sapore di una specialissima "chicca" la previsione da parte dell’atto di indirizzo dell'utilizzo di medici con rapporto non esclusivo (gli extramoenia per intenderci) per assicurare la copertura dei turni di guardia con personale interno, evitando le esternalizzazioni, ma il tema è fuori dalla realtà soggettiva e oggettiva del personale medico: gli extramoenia hanno fatto il passaggio perché ben consapevoli degli introiti che riescono a garantirsi senza ulteriore sforzo in termini di tempi di lavoro intra-ospedaliero, pertanto il loro coinvolgimento nelle guardie notturne appare insensato e del tutto disconnesso da logiche di realtà.

Responsabilità professionale medica
Inoltre, il CCNL dovrebbe occuparsi di attivare strumenti e meccanismi utili a presidiare la tutela del personale medico rispetto alla portata applicativa dell’articolo 590-sexies del Codice penale che punisce la responsabilità colposa per morte o per lesioni personali in ambito sanitario. Giacché se è vero che la disciplina della responsabilità medica penale ha incontrato nel tempo la volontà del decisore politico di intervenire attivamente per placare la gravità e la pericolosità del contenzioso tra medico e paziente (il riferimento è alla legge n. 189/2012, nota come “Legge Balduzzi”, e alla legge n. 24/2017, nota come “Legge Gelli-Bianco”), tuttavia, attualmente, i casi in cui la magistratura addebita al medico la responsabilità colposa rimangono su livelli di guardia e il quadro regolatorio non appare affatto idoneo a risolvere la problematicità di una eccessiva criminalizzazione del medico, che rischia di penalizzare non soltanto le carriere dei singoli, ma anche la complessiva capacità di intervento del sistema nel suo insieme.

Attese e speranze
Nell’era della “Grande Trasformazione del lavoro”, dovuta, fra l’altro, all’accelerazione delle tecnologie, al notevole progresso scientifico mondiale e alla ridefinizione degli spazi, dei processi e delle modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, in Italia si è costretti ad assistere alla lunga e defatigante stagione del “Grande Disagio della Sanità pubblica”.

La carenza di vocazione medica nel nostro Paese deriva anche da una limitata, quando non del tutto assente, tutela medico legale (di fronte al rischio ancora troppo alto di contenzioso penale oltreché risarcitorio a danno dei medici, in special modo di area chirurgica), da una scarsa formazione (sintetizzata dal ridicolo e mercificato sistema degli ECM e con ulteriore peggioramento dovuto alla situazione emergenziale, che ha messo nel bisogno di assumere medici ancora in formazione e, inevitabilmente, non adeguatamente preparati), dall'eccessiva burocrazia dell'aziendalizzazione e dalla cattiva retribuzione riconosciuta al personale.

Eppure, mai come ora, dopo i durissimi anni dell’emergenza pandemica, il Servizio Sanitario Nazionale assume un ruolo nevralgico per il decisore politico e per gli attori della contrattazione collettiva in fase di rinnovo. Se si vuole che il SSN possa davvero essere efficiente e funzionale occorre impegnarsi e spendersi in ogni sede per salvarlo, bloccando la “grande fuga” (dei medici dagli ospedali e del personale sanitario dai servizi pubblici).

Frattanto il decisore politico ha partorito il decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune)”, che impatta notevolmente sulla dirigenza medica e sanitaria per le facoltà di deroga relative ai dirigenti a contratto e alla contrattazione decentrata (art. 8, d.l. n. 13/2023) attribuita tuttavia soltanto agli enti locali, con una totale dimenticanza del SSN nella sua globalità.

Auspicando che il Parlamento, nel convertire in legge il decreto adottato dal Governo in carica, possa allargare lo sguardo su tutto il sistema sanitario pubblico italiano, la speranza è che il CCNL possa innovare il lavoro della dirigenza della Sanità, ottenendo non solo al personale stile e ritmi propri di una vita più umana, più dignitosa e più serena, ma anche conseguendo in traguardo di un modello ovunque più efficiente e più efficace di intervento, anche nel far fronte a criticità estreme, dentro le strutture ospedaliere e sanitarie. Occorre far tornare ad essere attrattiva per i giovani la sanità pubblica.

Appare indispensabile migliorare le condizioni di lavoro del personale medico e garantirne la qualità della vita, attraverso la sottoscrizione di un CCNL che sappia essere vigorosamente innovativo, che sia in grado di intervenire con piglio risolutore sull’organizzazione del lavoro nelle strutture sanitarie, che risulti coraggioso per definire elementi non distorsivi sul ruolo, sulla carriera e sulle relative retribuzioni dei medici e dei sanitari.

L’auspicio è che l’indispensabile valorizzazione del servizio e della presenza presso le strutture del sistema sanitario nazionale del personale della dirigenza dell’area della sanità, più volte menzionata nell’ambito dell’atto di indirizzo e declinata in innumerevoli modalità nelle mission delle aziende sanitarie italiane, trovi finalmente riscontro concreto nel nuovo CCNL.

Stefano Rausei
Direttore U.O. Chirurgia Cittiglio-Angera
ASST Settelaghi, Varese - Italia;
Professore a Contratto in Chirurgia Generale,
Università di Milano, Milano - Italia

Pierluigi Rausei
Dirigente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro
Direttore di “ADAPT professional series”
Coordinatore editoriale di “Diritto & Pratica del Lavoro”
Docente di Diritto Sanzionatorio del Lavoro,
Dottorato di ricerca, Università di Siena

Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero degli Autori e non hanno carattere impegnativo per le Amministrazioni alle quali appartengono.



06 marzo 2023
© Riproduzione riservata


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