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Alcuni limiti delle numerose proposte di riforma del Ssn

di R.Polillo, M.Tognetti

Non c'è possibile cambiamento in sanità senza un radicale cambiamento dell'attuale sistema di governance strutturato a partire dagli anni ' 90. E’ dunque necessario ripensare e riformare il SSN nel suo complesso mettendo però al centro la risorsa umana, cioè i nostri eroi che sono ricordati solo in tempo di pandemia

30 MAG -

Nel dibattito in corso sulla riforma del SSN il posto di rilievo è occupato dagli aspetti macro e concernenti da un lato le risorse e dall'altro le relazioni tra stato centrale e regioni per quanto riguarda la ripartizione delle competenze.

Altri interventi hanno invece posto il focus su altri aspetti, a partire da una ridefinizione del ruolo dell'ospedale e dei relativi standard quali quantitativo e delle cure primarie con la ridefinizione delle competenze del MMG e delle case della comunità.

Temi di fondamentale importanza ma che tuttavia non sono sufficienti da soli a definire il perimetro di una possibile azione riformatrice di largo respiro.

Mentre a livello macro il primo aspetto è evidente di per sé in quanto è inimmaginabile un miglioramento delle performance del SSN senza adeguati finanziamenti. Resta però da definire un problema altrettanto importante e cioè quale sia il soggetto che esercita l'effettiva titolarità delle risorse assegnate. Senza un chiaro riferimento legislativo che il titolare delle risorse non è più il MEF, come normato attualmente, ma il Ministero della salute si rischia di ricadere in una situazione già nota in cui per esigenze di cassa le risorse seppure assegnate venivano decurtate per legge.

Anche per il secondo aspetto è indispensabile aggiungere un postulato di non minore importanza. Schierarsi contro l'autonomia differenziata ha un senso solo se accompagnata da un altrettanto forte opposizione all' attuale neo-centralismo regionale che ha marginalizzato gli enti locali nella programmazione territoriale dei servizi e vilipeso gli istituti della partecipazione di utenti, cittadini e lavoratori.

La monocraticità della regione è un male da combattere nell'autonomia differenziata ma lo è altrettanto nell'attuale ripartizione targata Titolo V e senza modifiche non c'è miglioramento possibile.

Altrettanto limitato appare il tentativo di riforma delle strutture sanitarie se non si pone il problema della regolazione dei rapporti tra gli operatori e la struttura amministrativo - gestionale, in altre parole sulla "fiducia che gli operatori nutrono verso di essa".

Un tema questo di livello micro sul quale da tempo insistiamo e che purtroppo è del tutto assente nel dibattito nostrano ma di grande rilievo in altri paesi a cominciare dal tanto deprecato USA.

In un viewpoint dell'ultimo numero di JAMA Forum 2023/4 della salute firmato da Barone e Simpson, dal titolo "Comprendere la fiducia da parte dei medici nei confronti delle organizzazioni sanitarie dovrebbe essere una priorità della ricerca", si pone l'attenzione sulle conseguenze assistenziali della sfiducia crescente che i medici nutrono nei confronti delle organizzazioni sanitarie per cui lavorano.

E questo dopo avere sottolineato come tale perdita di "trust" abbia conseguenze vistose sugli indicatori di un sistema sanitario ben funzionante, tra cui la soddisfazione sul lavoro, lo stress correlato al lavoro, la coesione del team e il burnout. Con conseguenze che poi ricadono a valle sulla cura del paziente e, in ultima analisi, sugli esiti sanitari del paziente.

Grande è lo sforzo di numerose organizzazioni sanitarie (indicate nell'articolo di Barone e Simpson a cui si rimanda per i dettagli) di assumere questo problema come prioritario ponendo in essere una serie di misure correttive che hanno come base la partecipazione degli operatori al cambiamento.

Un dibattito che in Italia non interessa nessuno essendo riconosciuto a destra e a sinistra come unico modello gestionale possibile quello basato sul New Public Management che è massimamente responsabile della insoddisfazione degli operatori della loro spoliazione decisionale e quindi dal loro esodo di massa dalle strutture sanitarie, nonché della deriva che ha investito il SSN nel suo complesso.

Una lunga tradizione americana

E' noto come il principale contributo di scuola della sociologia americana sia stata la teoria micro-sociologica di cui, uno dei punti di riferimento è stato il lavoro di I. Goffman maturato anche negli ambienti sanitari (i manicomi, le rianimazioni, etc.) in cui l'autore assumeva il ruolo di osservatore assolutamente imparziale ed "indifferente" al contesto.

Tali studi hanno mostrato in modo molto robusto come sia il mondo materiale alla base del "tutto" e come in questo substrato materiale, e nelle sue numerose cornici contestuali possibili, gli esseri umani in carne e ossa si riuniscono, eseguono dei rituali e creano così rappresentazioni collettive.

Marx nelle notissime tesi per Foyerbach scriveva testualmente: "La dottrina materialistica secondo la quale gli uomini sono prodotti delle circostanze e dell'educazione dimentica che sono proprio gli uomini che modificano le circostanze e che l’educatore stesso deve essere educato".

Il mondo in cui si muovono i medici è quello del contesto in cui lavorano e in cui si confrontano con gli altri in un processo auto-rigenerativo continuo in cui circolarmente come sosteneva l’uomo modifica l’ambiente e l'ambiente modifica l' uomo rinnovandone la cultura.

Sanificare gli ambienti di lavoro
Non c'è possibile cambiamento in sanità senza un radicale cambiamento dell'attuale sistema di governance strutturato a partire dagli anni ' 90.

Abbiamo più volte espresso la convinzione che bisogna creare una nuova ecologia degli ambienti di lavoro in cui venga favorito un processo continuo di osmosi e contaminazione tra diversi saperi.

Conclusioni
E’ dunque necessario ripensare e riformare il SSN nel suo complesso mettendo però al centro la risorsa umana, cioè i nostri eroi che sono ricordati solo in tempo di pandemia.

Roberto Polillo e Mara Tognetti



30 maggio 2023
© Riproduzione riservata


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