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Ssn e crisi. Quello che serve è una idea nuova di sanità pubblica. Se la sente la nuova Ministra?

di Ivan Cavicchi

Ormai abbiamo capito che  il “survival kits” delle politiche compatibiliste e marginaliste di questi anni non basta più. Se la sentirebbe la Lorenzin di misurarsi con un pensiero riformatore che garantisca la compossibilità tra i diritti e i limiti economici?

22 MAG - La lettera al direttore di  QS di Daniela Francese (vincitrice del “premio nazionale informazione per la salute” al festival internazionale di giornalismo di Perugia), e quella dell’intersindacale medica al governo Letta, (QS)  ci portano al cuore dei problemi della sanità. La prima  parla di un “vuoto” fatto da “chiacchiere” ripetute stancamente, di contraddizioni della politica tra valori dichiarati  e  pratiche  consociative, di  “segnali di allarme” ignorati  quasi non ci rendessimo conto dei pericoli che corre la sanità pubblica, di una “tendenza suicida” alla rassegnazione e all’ignavia….e alla fine  racconta il suo “sogno di vedere una ideale catena umana” che unisca l’Italia intera in difesa della sanità pubblica da celebrare, proprio come un rito, il giorno in cui, 35 anni fa, vide la luce la 833 la riforma che istituiva il sistema sanitario nazionale, quindi il 23 dicembre.

La lettera dell’intersindacale medica, lancia non solo un allarme sui rischi di sfascio che corre la sanità pubblica ma ripropone in differita al governo Letta la piattaforma della manifestazione del 27 ottobre dello scorso anno (“diritto alla cura e diritto di curare”) quindi il peso politico di una mobilitazione alla quale avevano aderito praticamente tutti  perfino le organizzazioni dei  cittadini.

Non ci sarebbe “vuoto” se in questi anni le cose non fossero state svuotate del loro senso…e per  salvare la sanità serve che essa sia nuovamente riempita di senso quindi di un nuovo pensiero riformatore.

Quale senso quindi? Non quello delle Regioni in attesa di rifare i fallimentari “patti per la salute”, o dei vari tipi di esperti che tentano di piazzare i soliti  dati a questo e a quello per piazzarsi nel mercato degli interessi, o quello dei funzionari  prigionieri delle leggi logore alle quali attendono per dovere di ufficio, o dei  partiti  una volta difensori della sanità pubblica che nell’inciucio hanno consegnato  la sanità al pensiero liberista. Ma quello semmai di associazioni di cittadini che scrivono rapporti  allarmanti sulla crisi grave del sistema (“Osservatorio civico sul federalismo in sanità rapporto 2012”), quello degli operatori che sono stanchi di abbozzare mortificazioni e privazioni …e da ultimo…solo e in silenzio…quello del singolo anziano seduto in una  qualche sala d’aspetto, inerme, alle prese con i ticket che non può pagare, parcheggiato in qualche  lista di attesa, che ostinatamente cerca rimedi, cure, analisi per le sue malattie rese sempre meno curabili da un diritto che si allontana….e che non potendo fare altro impreca, senza denti, contro la politica.
Il senso che vedo in queste due lettere è quello di recuperare il valore strategico della sanità pubblica come valore comune in cui collocare i legittimi valori particolari degli  interessi, dei  problemi, delle preoccupazioni, delle paure di tutti i giorni sia di chi lavora sia di chi si cura con questo lavoro.

Se non succede niente e tutto sembra come sospeso nel gioco ambiguo delle priorità, dei governi che inseguono le emergenze, la minaccia in realtà si fa sempre più forte perché i processi che  stanno logorando la nostra sanità pubblica, continuano ad agire. Del resto la spesa  sanitaria cresce ..il pil cala.. e poi  ci sono i soldi da trovare per cancellare l’imu e finanziare  questo e quello , e poi c’è la Germania, l’Europa e tutto il resto. In questo clima il significato delle due lettere è fortemente politico. Oggi la cancellazione possibile della sanità pubblica non verrebbe fuori dal “vuoto”  perché tante sono le cose che hanno preparato il terreno, e tuttavia il “vuoto” ne sarebbe la condizione determinante…la sanità, è controriformata tutti i giorni un po’…e per cancellarla ormai non servirebbe neanche più una legge di controriforma…cioè il duello finale tra pubblico e privato…ma continuare a tirare a campare .

E allora? Allora se il “vuoto”  è “in-sensato” bisogna riempirlo del senso perduto che ci incateni uno all’altro, come nel bel sogno di Daniela Francese ma che intanto ci conduca  a quel  “tavolo”  che i sindacati stanno chiedendo da mesi. Tagli lineari, blocco dei contratti e del turn over, responsabilità professionale, ticket, formazione, precariato e rapporti con le professioni sanitarie sono alcune delle “questioni più urgenti e non procrastinabili”. Da qualcosa bisogna pur partire anche se ormai diffusa è la convinzione che quello che serve è una idea nuova di sanità pubblica, un progetto che ne rimuova le principali contraddizioni ma senza ridiscutere i suoi presupposti di civiltà. Ormai abbiamo capito che il “survival kits”  delle politiche  compatibiliste e marginaliste di questi anni non basta più…e che se non si mette in scena un “programma” riformatore, qualcuno può sentirsi autorizzato, in ragione del vuoto, a fare delle stupidaggini. La nostra bella ministra alla salute, il volto giovane del cambiamento, se la sentirebbe di misurarsi con un pensiero riformatore che garantisca la compossibilità tra i diritti e i limiti economici?
 
 
Ivan Cavicchi

22 maggio 2013
© Riproduzione riservata


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